Dic 2015
05
Anghiari a fuoco! Il salvataggio della città dalle distruzioni naziste nel 1944

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Sabato 5 dicembre, alle ore 17,30 presso la Biblioteca di Anghiari si terrà un incontro con Santino Gallorini.

Verranno illustrati alla cittadinanza i risultati delle ricerche storiche sulla Banda del Russo, sul rapimento del colonnello tedesco Maximilian von Gablenz e sul mortale pericolo corso da Anghiari, salvata all’ultimo momento grazie al coraggio del partigiano Gianni Mineo e all’azione di altri personaggi.

Tra la fine dell’inverno e la primavera 1944, sulle montagne sopra Anghiari si formò una banda partigiana di pochi elementi (verso la fine di giugno arrivò a circa 25), in massima parte locali, pochissimi slavi, qualche italiano sbandato, un disertore tedesco. Essa era comandata da uno strano personaggio, alquanto giovane, soprannominato “il Russo”.

Questo Russo, che forse si chiamava Vassili (Basilio), era un personaggio molto ideologizzato, molto duro, prepotente, amante del vino, spesso violento. Guidava la banda con pugno di ferro e la portava a compiere azioni non condivise dalla maggioranza dei suoi membri, quali furti, estorsioni, rapine, violenze e perfino uccisioni di “sospette spie”.

Inutili tutti i tentativi messi in atto dal Comando della XXIII Brigata garibaldina “Pio Borri”, per tentare di inquadrarla nei suoi ranghi nonché controllarne e coordinarne le azioni.

Il 26 giugno 1944 la banda del Russo rapì lungo la via della Libbia, poco distante dal Ponte di Sigliano, il colonnello tedesco Maximilian von Gablenz e il suo aiutante.

La reazione tedesca fu immediata e decisa: centinaia di ostaggi fermati e rinchiusi nella Chiesa della Chiassa, ma anche ad Anghiari e Ponte alla Piera. Affissione di bandi con un ultimatum di 48 ore, che minacciava la fucilazione di tutti gli ostaggi assieme all’incendio e alla distruzione del centro storico di Anghiari, oltre agli abitati di Montauto, Chiassa e Borgo a Giovi.

Ad Anghiari la maggior parte della popolazione fuggì via, trascinandosi dietro quello che poteva, compresi materassi e coperte.

Vennero fatti vari tentativi, per convincere il Russo a rilasciare il colonnello e il suo collaboratore, ma senza risultati. Il Russo continuava a ripetere: «anche se bruciare tutta Italia io non lasciare».

Il 28 giugno, alla scadenza dell’ultimatum, il Russo e la sua banda erano a San Piero di Anghiari, a mangiare, bere e gozzovigliare.

Fu grazie all’intuizione del Comandante della “Pio Borri”, capitano Rosseti, che si giunse ad una soluzione. Rosseti spedì il sottotenente partigiano Gianni Mineo, di Bagheria (PA) al Comando tedesco della Chiassa per chiedere uno spostamento della scadenza dell’ultimatum di almeno 24 ore. Mineo, coraggiosamente andò alla Chiassa e riuscì a far spostare l’ultimatum. Si recò poi sulle montagne di Anghiari alla ricerca del Russo, che trovò a Montemercole.

Ci volle una lunga, laboriosa e paziente trattativa tra Gianni Mineo e il Russo. Mineo scrisse poi di essere stato aiutato nel buon esito della mediazione da due uomini del russo: Altero Scimia detto “Tigre” e Giuseppe Rosadi detto “Barba”. Alla fine il Russo consegnò a Mineo i due tedeschi. I partigiani Giuseppe Rosadi e Bruno Zanchi collaborarono nel riaccompagnarli verso la Chiassa.

Quando Mineo, Rosadi, il colonnello von Gablenz e il suo aiutante arrivarono alla Chiassa, l’ultimatum era già scaduto da poco tempo e i primi prigionieri erano già stati portati fuori dalla chiesa per essere fucilati.

Il suono delle campane a festa mise fine all’incubo durato tre giorni e sancì sia la salvezza degli ostaggi, che quella di Anghiari.

Una drammatica vicenda, stranamente dimenticata dalla storiografia ufficiale, ma ben viva nella memoria di coloro che la vissero in prima persona.

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