Il Casentino durante la guerra di Liberazione

Tradizionalmente lo studio del passato è stato prevalentemente insegnato e studiato attraverso l’utilizzo dei libri, tuttavia negli ultimi decenni questo monopolio è stato progressivamente messo in discussione dalla comparsa di diverse modalità di apprendimento che hanno enormemente accresciuto le potenzialità diffusive della storia. Ciascun campo e settore ha affinato le proprie modalità di circolazione, cercando di diversificare le possibilità divulgative e di includere al contempo un pubblico sempre più vasto che non limitasse il proprio apprendimento alla sola lettura dei libri. Per quanto riguarda l’apprendimento della Resistenza e della guerra di Liberazione un’eccezionale forma di insegnamento proviene dai numerosi luoghi della memoria sparsi per la penisola: i cippi, le lapidi e i monumenti presenti nel territorio rappresentano un’incredibile fonte a nostra disposizione, grazie alla loro accessibilità e alla loro facile comprensione. Con la loro presenza e la loro solidità i luoghi della memoria hanno inoltre un’importante funzione nei confronti della nostra società, ricordandoci la necessità di non dover dimenticare certi episodi nella speranza che questi non vengano ripetuti. Abbiamo dunque deciso di sfruttare questa ricchezza e di proporre un itinerario, che attraverso la descrizione di alcuni dei luoghi della memoria presenti nel Casentino, ripercorresse alcuni dei momenti principali della Resistenza nella vallata a nord di Arezzo e fornisse una modalità di insegnamento alternativa ed accessibile a tutti.
Il percorso si estende lungo tutto il Casentino per una lunghezza complessiva di 90 chilometri e un tempo stimato di circa due ore. L’itinerario ha inizio dal comune di Pratovecchio-Stia, situato all’estremità settentrionale del Casentino e discende la vallata fino ad arrivare ad Arezzo, capoluogo di provincia posto al confine meridionale della valle. Le ampie distanze fra uno spostamento e l’altro impongono necessariamente l’utilizzo dell’automobile. Per motivi di spazio abbiamo dovuto limitare l’attenzione solamente ad alcuni luoghi del Casentino, senza poter estendere la nostra attenzione ad altri comuni e frazioni interessati dalla guerra e meritevoli di un approfondimento. Il nostro percorso rappresenta solamente un modello di itinerario che ripercorre i luoghi della memoria; invitiamo dunque i visitatori a non doversi necessariamente attenere all’itinerario da noi proposto, ma ad approfondire ed estendere la conoscenza del Casentino attraverso sentieri e percorsi alternativi.
Il nostro percorso ha inizio dal margine settentrionale del Casentino; rispetto alle zone centro-meridionali della vallata quest’area venne interessata per prima dagli eventi che seguirono l’Armistizio (8 settembre 1943): infatti nei dintorni di Stia nacque la prima formazione partigiana della provincia di Arezzo e vi fu poco dopo la scomparsa di Pio Borri, prima vittima della Resistenza nell’aretino. Oltre ad esser stata un’area particolarmente coinvolta nelle prime fasi dell’occupazione nazifascista la zona nei dintorni di Stia venne drammaticamente colpita anche nella primavera dell’anno successivo da un grande rastrellamento promosso dai comandi nazisti che tra il 12 e 13 aprile coinvolse il Casentino centro-settentrionale, colpendo i paesi di Vallucciole, Badia Prataglia, Partina e Moscaio.
Il territorio del comune di Pratovecchio-Stia conta numerosi monumenti che ricordano quel triste periodo, con particolare riferimento alla strage di Vallucciole nella quale persero la vita oltre cento civili innocenti. Sempre nell’ambito del grande rastrellamento quattro giorni dopo l’eccidio un gruppo di partigiani romagnoli venne intercettato nelle foreste casentinesi da una pattuglia nazista e condotto a Stia, dove vennero fucilati nel locale cimitero. Oggi quel cimitero non viene più utilizzato per la sepoltura dei defunti ed è divenuto un luogo monumentale presso il quale possono recarsi i visitatori ad ammirarne la bellezza. Recentemente ristrutturato, il camposanto si trova in via Roma, e contiene un ampio spazio dedicato al ricordo dei 17 partigiani fucilati: è presente un monumento, due lapidi che indicano il luogo dove avvenne la fucilazione ed infine lungo il vialetto di accesso al cimitero sono presenti 17 piccole lapidi recanti il nome dei partigiani caduti[1].
Da Stia ci dirigiamo verso sud percorrendo via Arno e svoltiamo a destra poco prima di arrivare a Poppi, all’altezza di Ponte d’Arno; dopo aver abbandonato la principale arteria del Casentino procediamo verso ovest attraversando gli abitati di Castel san Niccolò, Prato di Strada, Pagliericcio e Pratarutoli, fino ad arrivare a Cetica, situata sulle pendici del Pratomagno. In queste zone il 29 giugno 1944 gli uomini della XXIIª Brigata Garibaldi “Lanciotto” si scontrarono in un aspro combattimento con i reparti della Brandenburg. Diversamente da quanto solitamente avveniva durante la guerra di Liberazione, caratterizzata da imboscate e azioni di guerriglia, partigiani e nazisti si fronteggiarono in uno scontro frontale, noto come “Battaglia di Cetica”. Malgrado la disparità presente tra i due contendenti la neonata Brigata evidenziò un’ottima predisposizione militare ed organizzativa che sarebbe ulteriormente emersa nel corso della liberazione di Firenze.
Il 29 giugno 1944 reparti della Brandenburg camuffati da partigiani si avviarono in direzione di Cetica, questi vennero però tempestivamente individuati dalle sentinelle partigiane che si affrettarono a porre al riparo i civili ed organizzare una difesa del paese. Giunti a Cetica i tedeschi riuscirono a limitare l’efficacia del fuoco nemico utilizzando come scudo gli abitanti del paese, nonostante questo limite, gli uomini guidati da Aligi Barducci riuscirono ad impedire che venisse attaccato il locale mulino, fonte fondamentale di cibo per la Brigata. A fine giornata buona parte del paese portava i segni dello scontro, mentre tredici erano i civili caduti durante la battaglia. Una cifra certamente alta, ma che avrebbe potuto esser ancora più elevata in assenza della presenza partigiana in paese; nel caso Cetica fosse rimasta sguarnita si sarebbero potute ripetere le scene viste a Vallucciole, Partina e Moscaio qualche mese prima. La sera del 29 l’evento assunse maggior straordinarietà grazie all’imboscata che all’altezza di Pagliericcio una quindicina di uomini della Brigata tesero alle truppe naziste in ripiegamento, infliggendogli rilevanti perdite[2].
Le dimensioni dell’evento – probabilmente il più rilevante di tutto il Casentino insieme alla strage di Vallucciole – hanno portato alla costruzione di numerose lapidi e cippi dedicati alla memoria di coloro che il 29 giugno 1944 persero la vita. Il territorio è disseminato di testimonianze dell’evento, sia lungo strada di avvicinamento a Cetica, in particolar modo a Pratarutoli, sia nella vegetazione circostante Cetica, dove è possibile imbattersi nei cippi eretti in ricordo dei caduti. In questo caso limiteremo la nostra attenzione alla descrizione dei due principali monumenti dedicati all’evento. Nello spazio che separa l’ecomuseo del carbonaio, presso la Pro Loco “I tre confini” e la chiesa di san Michele è presente un cippo in ricordo degli uomini della “Lanciotto” caduti durante la battaglia, a fianco del quale è stato recentemente collocato un pannello informativo. A pochi metri di distanza è poi possibile poter osservare sulle pareti sempre della Pro Loco una lastra in onore dei civili che persero la vita, collocata ad appena due anni dall’accaduto, il 29 giugno 1946[3].
Da Cetica ritorniamo a fondovalle e procediamo in direzione sud fino ad arrivare a Soci, da dove seguiremo le indicazioni per Marciano, frazione di Bibbiena. In questo caso la lapide che stiamo cercando non è storicamente paragonabile ai monumenti precedentemente incontrati, ma nonostante ciò ha una notevole importanza poiché testimonia la cooperazione che partigiani e forze alleate misero in campo durante la guerra di Liberazione e che troppo spesso viene dimenticata. La lapide è dedicata ai partigiani Arpelio Cresti e Renato Ristori, caduti il 3 settembre 1944 nel tentativo di liberare Marciano alla testa di una pattuglia inglese. Il cippo non è facilmente individuabile sia perché si trova in una posizione marginale (di fianco a un piccolo cancello all’altezza della curva che precede l’ingresso a Marciano), sia perché è ormai inghiottita dalla vegetazione circostante. Il monumento è composto da due lapidi, una risalente al 1947 ed ormai illeggibile e una più recente, inglobata a quella originaria nel 1992. Al Ristori, medaglia d’argento al valore, è stata inoltre dedicata una lapide situata sotto il loggiato della Misericordia di Pratovecchio[4].
Dopo Marciano continuiamo a discendere la vallata fino a Rassina e svoltiamo a destra in direzione di Castel Focognano, superiamo il cartello che indica l’ingresso all’interno del comune e continuiamo lungo la strada principale fino a quando ci si imbatte in un monumento incastonato all’interno di un muro appartenente ad un’abitazione posta sulla sinistra. Il cippo in questione è dedicato ai quattro partigiani che il 4 luglio 1944 vennero impiccati lungo la strada che attraversa Castel Focognano.
La notte del 3 luglio alcuni membri della XXIIIª Brigata “Pio Borri” si diressero in direzione di Arezzo per recuperare del materiale bellico; sfortunatamente Giuseppe Ceccaroni, Elio Vannucci, Leonello Lenzi, Niccolino Niccolini e un ex prigioniero di guerra sovietico di cui non conosciamo il nome (non verrà impiccato, ma verrà deportato in Romagna) non erano a conoscenza di un contemporaneo rastrellamento nell’area che stavano attraversando e vennero fermati vicino a Terrossola e trasportati al Comando di Castel Focognano. Dopo esser stati percossi e interrogati senza alcun esito i partigiani vennero impiccati. L’impiccagione e la conseguente esibizione dei loro corpi aveva l’intento di intimorire la popolazione e di sconsigliare future azioni o forme di sostegno nei confronti della Resistenza. Durante l’esecuzione anche il partigiano Piero Pieri, precedentemente catturato dai nazisti, venne costretto ad osservare la tremenda scena. Riguardo un potenziale intervento da parte dei compagni dei partigiani tratti in arresto sono presenti due versioni che non necessariamente si escludono vicendevolmente, ma che possono con gradi differenti coesistere: i membri della XXIIIª Brigata “Pio Borri” sostengono che non intervennero a causa della rilevante presenza di forze tedesche all’interno del paese, mentre gli abitanti di Castel Focognano affermano che furono loro stessi a dissuadere i partigiani da un intervento per la paura di probabili ripercussioni nei loro confronti[5]. Il monumento venne inaugurato in occasione del ventisettesimo anniversario dell’accaduto, il 4 luglio 1971[6].
Dopo aver visitato Castel Focognano ritorniamo sui nostri passi e da Rassina proseguiamo verso sud fino ad arrivare a Subbiano, il confine meridionale del Casentino, situato alle porte di Arezzo. Diversamente dagli altri comuni casentinesi a Subbiano durante la guerra di Liberazione non si verificarono stragi o altri fatti incresciosi. Dopo la liberazione di Arezzo (16 luglio 1944) il territorio venne interessato dall’arrivo del fronte e l’area compresa tra Subbiano e Capolona divenne terra di nessuno, contesa dalle fazioni rivali. Malgrado non si siano verificati eventi che abbiano segnato drammaticamente la memoria delle popolazioni locali a Subbiano è presente una lapide che testimonia l’ampio contributo che il comune ha fornito durante il secondo conflitto mondiale: si tratta di un enorme lapide suddivisa in due parti, quella posta più in alto ricorda i caduti della Grande Guerra, mentre quella sottostante riporta gli abitanti del comune caduti nel corso della seconda guerra mondiale. La sezione riguardante il conflitto conclusosi nel 1945 elenca 96 vittime suddivise in nove categorie diverse, riferenti alle modalità e alle tempistiche della loro morte. La lapide è situata all’incrocio tra via Verdi e via Martiri della Libertà, sulla facciata del municipio di Subbiano[7].
A qualche minuto di distanza è poi possibile recarsi al locale cimitero, dove è presente una cappella dedicata ai caduti della Resistenza provenienti da Subbiano. Tra le quattordici lapidi all’interno della struttura sono state incluse quella di don Domenico Mencaroni, fucilato nei pressi di Anghiari nel 1944 e quella di Siro Rosseti, animatore della Resistenza nella provincia di Arezzo venuto a mancare nel 2004[8].

Cappella all’interno del cimitero di Subbiano dedicata ai partigiani caduti durante la guerra di Liberazione
Il nostro percorso si conclude ad Arezzo, al Monumento ai caduti della Resistenza, situato in piazza Poggio del Sole. L’imponente struttura, realizzata dallo scultore Bruno Giorgi, rappresenta la degna conclusione del nostro percorso grazie al suo forte impatto emotivo che ci ricorda la sofferenza e lo sforzo di coloro che combatterono e subirono l’occupazione nazifascista. Nella parte inferiore del monumento è riportata la frase di ringraziamento a coloro che sacrificarono la loro vita in nome della libertà, “il popolo della vallate aretine ai caduti della Resistenza”.
Note:
[1] https://www.pietredellamemoria.it/pietre/monumento-ai-17-partigiani-fucilati-il-17-4-44-al-cimitero-vecchio-di-stia/.
[2] F. Fusi, La 22° Brigata Garibaldi “Lanciotto” e la battaglia di Cetica (29 giugno 1944), https://www.toscananovecento.it/custom_type/la-22-brigata-lanciotto-e-la-battaglia-di-cetica-29-giugno-1944/.
[3] https://www.pietredellamemoria.it/search/keyword/Cetica/type/pietre/.
[4] https://www.pietredellamemoria.it/pietre/cippo-ad-arpelio-cresti-e-renato-ristori-marciano-di-bibbiena/.
[5] R. Sacconi, Partigiani in Casentino e Val di Chiana, Quaderni dell’Istituto Storico della Resistenza Toscana, ed. Nuova Italia, Firenze 1975, pp. 105-108.
[6] https://resistenzatoscana.org/monumenti/castel_focognano/monumento_a_ceccaroni_ed_altri/.
[7] https://www.pietredellamemoria.it/pietre/lapide-ai-caduti-di-subbiano-nella-seconda-guerra-mondiale/.
[8] https://resistenzatoscana.org/monumenti/subbiano/cappella_dei_caduti_partigiani/.
Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo del Consiglio regionale della Toscana nell’ambito del progetto per l’80° anniversario della Resistenza promosso e realizzato dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.
Articolo pubblicato nell’ottobre 2024.