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Anche la Toscana nel nuovo Atlante dei centri per profughi giulino dalmati promosso dall’Istituto nazionale F. Parri

Si segnala che l’ “Atlante dei centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati” – basato su un progetto di ricerca a cui stanno partecipando diversi Istituti della Rete e collaboratori – è stato messo online, al seguente link:
Si ricorda che il progetto prevede l’implementazione progressiva delle informazioni e dei dati e che finora sono state mappate 60 delle 109 strutture note.
Dal Portale dell’Atlante:

Il progetto di ricerca sui centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati è promosso da Istituto Nazionale Ferruccio Parri e Consiglio Nazionale delle Ricerche – Dipartimento di Scienze umane e sociali, patrimonio culturale (CNR-DSU), in collaborazione con la rete degli istituti associati alla Rete Parri, la Società di studi fiumani – Archivio Museo storico di Fiume (Roma).

Il coordinamento scientifico è affidato a Maurizio Gentilini (CNR) e Paolo Pezzino (Istituto nazionale Ferruccio Parri).

La ricerca è stata svolta da Costantino di Sante (Università degli studi del Molise) ed Enrico Miletto (Università degli Studi di Torino).

Oggetto della ricerca
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, scatenata dalla Germania nazista e dall’Italia fascista, l’intera Europa fu interessata dal flusso, spesso obbligato, di milioni di persone, che a causa degli eventi bellici e delle assegnazioni dei territori a seguito di nuovi protocolli furono costrette a lasciare i luoghi dove avevano vissuto per anni.

Il processo interessò direttamente anche l’Italia, che dovette firmare Trattati di pace che imponevano la perdita di territori, comprese le zone dell’Adriatico orientale: infatti con il Trattato di Parigi (1947) e il Memorandum di Londra (1954) l’Istria, Fiume e Dalmazia passarono sotto l’amministrazione della Jugoslavia. Di conseguenza la quasi totalità della popolazione italiana appartenente a queste regioni decise di abbandonarle, anche per sfuggire al regime comunista realizzato da Tito.

Tale processo, meglio noto come esodo giuliano-dalmata, coinvolse, oltre alla Venezia Giulia, anche Fiume e la Dalmazia, e rappresentò dunque il tassello italiano del più ampio mosaico degli spostamenti forzati di popolazione dell’Europa postbellica.

Arrivati nel nostro Paese come profughi, i giuliano-dalmati, nelle cui maglie si inserivano anche i molti fiumani che avevano abbandonato la propria città, furono sventagliati in una rete di campi e centri di raccolta dislocati sull’intero territorio nazionale.

Il progetto Atlante dei centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati si propone quindi di individuare, mappare e censire queste strutture, con esclusivo riferimento a quelle gestite dal Ministero dell’Interno.

Campi ma non solo, poiché l’Atlante presenta anche approfondimenti su alcuni luoghi che, pur non ricoprendo prettamente una funzione di centri di raccolta, divennero simbolo e simbolici dell’esodo: Fertilia, nei pressi di Alghero; il Quartiere Giuliano Dalmata di Roma; il Villaggio San Marco di Fossoli di Carpi; la Caserma di via Pradamano a Udine, che funzionò come centro di smistamento per migliaia di profughi.

Le schede georeferenziate dei campi ricostruiscono i principali passaggi che hanno scandito l’attività e il funzionamento delle diverse strutture, consentendo di allargare lo spettro: si restituisce così non solo la geografia dell’esodo e il suo impatto nelle diverse aree del Paese, ma anche i meccanismi delle politiche di gestione e assistenza ai profughi adottate dal Governo italiano. Quest’ultimo, muovendosi in un quadro nazionale e internazionale estremamente complesso, si trovò, di fronte a flussi divenuti sempre più consistenti, nella condizione di mettere in moto una vera e propria macchina dell’accoglienza che ebbe nei campi un segmento decisivo.

Un segmento che, oltretutto, ben descrive le dinamiche che portarono gli apparati governativi, dopo una fase iniziale di prima assistenza, a orientarsi, lentamente e non senza difficoltà, verso indirizzi più organici e sistematizzati che, basati prevalentemente sulle direttrici dell’inserimento lavorativo e della sistemazione abitativa poi sfociata nella costruzione dei Villaggi Giuliani, costituirono la risposta a una situazione improvvisa e di vasta portata, inserita nei contorni fragili dell’immediato dopoguerra. Dalla storia dei centri di raccolta emergono anche le politiche migratorie adottate a livello nazionale e internazionale per ricollocare o favorire l’emigrazione in altri paesi dei profughi e dei rifugiati. Queste politiche potrebbero essere ulteriormente indagate ampliando la ricerca ai campi specificamente destinati a tale scopo.

Il campo rappresenta dunque un punto di osservazione imprescindibile per lo studio della diaspora giuliano-dalmata e per la ricostruzione delle politiche assistenziali intraprese dai vertici governativi nei confronti degli esuli: la loro storia, se inquadrata in una prospettiva più ampia, racconta quella della lunga e difficile ricostruzione che precede la stagione della grande trasformazione del nostro Paese.

Metodologia
Attraverso un’accurata indagine condotta su un ampio ventaglio di fonti, in larga parte ma non esclusivamente italiane, si è cercato di arrivare a una quantificazione, il più precisa possibile, delle strutture e dei profughi che, in momenti diversi, transitarono al loro interno.

A essere considerati, come sottolineato in precedenza, sono stati i complessi gestiti, attraverso le prefetture, direttamente dal Ministero dell’Interno, che li ereditò dal dissolto ministero dell’Assistenza post-bellica.

Luoghi inutilizzati, riadattati, rifunzionalizzati e ricondizionati per il nuovo uso: un totale di 109 strutture – numero ampiamente condiviso sul piano storiografico – destinate a ridursi negli anni seguenti (41 nel 1952, 25 nel 1955), prima di chiudere i battenti intorno alla prima metà degli anni Settanta.

Le schede presentate in questa prima fase del progetto riguardano 60 campi e ricostruiscono anche la storia delle strutture analizzate sia prima del loro utilizzo per accogliere i profughi giuliano-dalmati, sia dopo la loro dismissione. Sono state inoltre segnalate le eventuali significazioni dei luoghi in cui sono state collocate targhe o segni di memoria relativi alla presenza dei profughi.

Centri ufficiali – questa la definizione che potrebbe essere applicata – ai quali se ne affiancarono certamente altri, dall’attività più breve e dai contorni più frastagliati, al cui interno l’assistenza era demandata a soggetti diversi, pubblici e privati, ma che – per il loro carattere frammentario – sono rimasti al di fuori del campo di indagine del presente lavoro, pur restando un possibile oggetto di approfondimento in uno studio successivo. Uno studio che dovrebbe evidentemente concentrare l’attenzione anche su una serie di strutture che assunsero rilevanza nell’economia della gestione dell’esodo, come, solo per citare alcuni esempi, i centri di prima accoglienza funzionanti nei porti di Venezia e Ancona o, ancora, i molti centri di ricovero temporaneo sparsi nelle diverse regioni della penisola.

Attraverso una scheda tipo, variabile in base alle informazioni reperite e al periodo di funzionamento, la storia e l’evoluzione di ogni singolo campo è ricostruita non solo attraverso fonti primarie, a cominciare dalla documentazione archivistica, e secondarie, ma anche mediante l’utilizzo di fonti narrative (testimonianze e cronache) ed emerografiche (articoli di quotidiani dell’epoca), unitamente a citazioni letterarie, cinegiornali e fotografie

Una prospettiva in grado di far emergere anche le politiche avviate da agenzie internazionali come la United Nations Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), l’International Refugee Organization (IRO) e, in una fase successiva, l’Amministrazione per gli Aiuti Internazionali (AAI) che, preposte al rimpatrio, all’assistenza e al ricollocamento (resettlement) attraverso programmi di emigrazione assistita in altri paesi di rifugiati e Displaced Person’s (DP), tracciarono traiettorie che in più di un’occasione si incrociarono, anche nei campi, con quelle dei profughi giuliano-dalmati. Questi ultimi, come emerge dalle schede, costituirono il nucleo numerico più rappresentativo nei diversi campi, trovandosi però a condividere, spesso con esiti diversi, gli stessi spazi e i medesimi ambienti con altre tipologie di profughi, in primis quelli provenienti dalle ex colonie dell’Africa orientale italiana, dalla Grecia e dal Dodecaneso, cui si aggiunsero, in alcuni casi, ebrei, ex prigionieri, sfollati e sinistrati di guerra in attesa di definitiva collocazione.

Un’umanità varia, vittima della guerra,, le cui vicende richiamano certamente a una cornice più ampia, che il progetto intende indagare nelle sue fasi successive, attraverso la mappatura di altre strutture e di profuganze diverse per tipologia e provenienza geografica. di profuganze diverse per tipologia e provenienza geografica.




L’ISRPT Editore annuncia la pubblicazione del volume “Dio non paga il sabato. La defascistizzazione della provincia di Livorno (1943-1947)” di G. Brunetti

L’ISRPT Editore annuncia la pubblicazione del volume “Dio non paga il sabato. La defascistizzazione della provincia di Livorno (1943-1947)” di Giovanni Brunetti, Pistoia, ISRPt Editore, 2023, ISBN 978-88-6144-084-5, 260 pp., 15 €.

L’opera ha una prefazione di Gianluca Fulvetti (UNIPI), ha ottenuto il patrocinio di Istoreco Livorno ed è stata realizzata grazie al contributo della Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti culturali del Ministero della Cultura.

Come si svolsero i conti col fascismo in provincia di Livorno? Chi vi diresse la “defascistizzazione”? Come venne realizzata? A che cosa giunse prima del celebre “colpo di spugna”, cioè l’amnistia promossa dal guardasigilli Palmiro Togliatti, del 22 giugno 1946? Nella fattispecie, cosa accadde tra il 1943 e il 1947 agli ex fascisti? Quanti erano? Di cosa furono accusati?

Queste sono solo alcune delle domande a cui il libro prova a rispondere, sviluppate in sincronia con il crescente interesse storiografico per l’argomento, in particolare sui modi, i tempi e le pratiche di quella che è stata giustamente definita la «transizione» politica italiana dal regime fascista alla Repubblica.

L’analisi, condotta in larga parte su materiale archivistico, prende le mosse da quanto avvenne nel comprensorio labronico all’indomani del 25 luglio 1943 e da un esame delle reazioni della autorità pubbliche e della popolazione civile. Emerge da subito un diverso approccio al problema dei residui “umani” del regime, che si ripropose anche dopo la parentesi dell’occupazione nazifascista e l’arrivo degli angloamericani.

Tra Alleati, Comitato provinciale di Liberazione Nazionale e Prefettura s’insinuò una nuova autorità pubblica, la Delegazione provinciale dell’Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo. Rivolta inizialmente solo verso l’epurazione amministrativa degli enti locali provinciali, riuscì lentamente ad allargare lo sguardo ed occuparsi delle sanzioni economiche e penali contro gli ex fascisti.

Per la prima volta è stato possibile studiare a fondo l’attività della Corte d’assise straordinaria di Livorno, e quindi gli effetti pratici dei processi politici celebrati nell’immediato secondo dopoguerra nella provincia toscana. Da ultimo, la rapida liquidazione delle sanzioni contro il fascismo fece naufragare l’attività della delegazione, velocizzando il riassorbimento dei vari imputati nella compagine politica democratica locale e la nascita di una fitta rete neofascista in un’importante provincia della “roccaforte rossa” regionale.

Per acquisti e info: ispresistenza@tiscali.it




Istoreco Livorno vi invita a seguire la nuova pagina FB “Storia e memoria del PCI in provincia di Livorno per essere aggiornati su questo nuovo progetto!

La pagina è parte integrante del progetto “La memoria del Partito comunista italiano in provincia di Livorno dentro uno spazio digitale”, realizzato grazie al contributo della Struttura di Missione Anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali e internazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
All’interno di questo spazio verranno riportate tutte le iniziative relative al progetto: incontri, podcast, presentazioni e lavori in corso.
(1) Facebook
L’attività di Istoreco Livorno attorno al centenario della nascita del Pci ha portato alla pubblicazione di un corposo volume fotografico: “Il Pci in Toscana. Racconto per immagini”, curato da Catia Sonetti e promosso da Edizioni Ets (Pisa, 2021).
Suddivise in quattro sezioni fotografiche, le 268 immagini che compongono il volume raccontano il radicamento capillare che il Partito Comunista Italiano ha conosciuto in Toscana tra il 1945 e il 1991. Un viaggio lungo e ricco di sfumature, capace di riflettere nell’eterogeneità territoriale della regione una parte importante della storia repubblicana del Paese.
Dalle battaglie civili alle grandi questioni internazionali, passando per l’attivismo richiesto dalla vita di partito e le affollatissime feste de l’Unità, gli scatti presenti in queste pagine si pongono l’obiettivo di recuperare lo spirito di partecipazione collettiva che contraddistinse l’esperienza del Partito Comunista Italiano, valorizzandone la dimensione condivisa e trasmettendone la memoria pubblica e privata.
Tra i fondi conservati da Istoreco Livorno è presente anche quello della Federazione livornese del Partito Comunista Italiano. Al suo interno è presente anche un ricchissimo patrimonio fotografico che l’archivista Marta Palazzi sta descrivendo e digitalizzando.



Claudio Massimo Seriacopi nuovo presidente dell’Istoreco Livorno

Importante novità in casa Istoreco Livorno.
Claudio Massimo Seriacopi è stato nominato nuovo Presidente dall’Assemblea dei soci.
Un grandissimo ringraziamento a Carla Roncaglia, che nei suoi sei anni di presidenza ha guidato l‘Istituto verso una crescita costante. Resterà comunque Vicepresidente.
I migliori auguri di buon lavoro a Claudio, sicuri che continuerà a mettere in campo la carica, la competenza e la serietà che l’hanno sempre contraddistinto!




Un nuovo sito web e una rete di associazioni per riscoprire i luoghi dimenticati di chi si oppose allo squadrismo fascista.

È da oggi disponibile sul web un nuovo portale dedicato ai luoghi del primo antifascismo. Il sito www.primoantifascismo.org offre una porta di accesso alla storia di 100 anni fa e alla comprensione di fenomeni fondamentali come lo squadrismo e l’antifascismo.

Tra 1920 e 1922 lo squadrismo fascista seminò lutti e distruzioni nei nostri territori, avviando un clima di violenza che lasciò numerose vittime tra chi si oppose alla prepotenza fascista. Sono numerose le vie e le lapidi che ricordano questi primi antifascisti, di cui spesso però si è persa la memoria. Ora un’ampia rete di associazioni e istituti storici ha deciso di unire le forze per riscoprire questa storia, avviando una collaborazione che ha lo scopo di arrivare al prossimo 28 ottobre 2022, centenario della marcia su Roma, con una nutrita serie di eventi che aiutino i cittadini a capire cosa fu e come fu possibile lo squadrismo fascista.

Da La Spezia a Pisa, passando per Massa, Lucca e Livorno, le ANPI, le ANPPIA e gli Istituti storici della Resistenza hanno deciso di costruire insieme un nuovo strumento per studiare il fascismo, rinforzando al tempo stesso una rete che ha come finalità la promozione dell’antifascismo. Il sito www.primoantifascismo.org è il punto di riferimento pubblico di questa rete, un sito costantemente aggiornato in cui è possibile scoprire i primi antifascisti, visitare virtualmente i luoghi ad essi dedicati, trovare le cronologie e i riferimenti bibliografici per approfondire una parte della nostra storia fondamentale per capire il Novecento e le sue caratteristiche sociali e politiche.

Per info: segreteria@bfs.it

Cell. 3311179799

 

Enti e associazioni partecipanti al progetto:

ANPI provincia di Livorno
ANPI provincia di Pisa
ANPI di Lari
ANPI sezione Gino Lombardi di Pietrasanta
ANPPIA di Livorno
ANPPIA di Pisa
Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani di Fosdinovo (MS)
Centro Filippo Buonarroti Toscana
BFS-ISSORECO di Pisa
ISRA di Massa Carrara
ISREC di Lucca
ISTORECO di Livorno
ISR di La Spezia
ISRT di Firenze




Call for papers: 1922. La provincia in marcia: attori, percorsi, narrazioni

Call for papers: 1922. La provincia in marcia: attori, percorsi, narrazioni

In occasione del centenario della Marcia su Roma del 1922, l’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea (ISRT), insieme alla rete toscana degli istituti, promuove l’invio di contributi (Call for papers) per un convegno nazionale – da tenersi a Firenze nell’autunno 2022 – per discutere delle ricerche sul 1922 e le sue eredità. Il focus sarà sull’area toscana, in stretto dialogo con altre realtà territoriali e con il quadro nazionale.

Si invitano pertanto le persone interessate a inviare delle proposte sui temi di discussione che corrisponderanno a quattro sessioni della giornata di studio:
1. In marcia verso Roma: provenienza e dimensioni, strategie militari e politiche, logistica.
2. Attori della Marcia: chi parte, chi resta; uomini e donne; istituzioni; forze dell’ordine; società civile; associazionismo culturale, sociale, politico (massoneria ecc.); le opposizioni individuali e collettive.
3. L’ impatto e la ricezione della Marcia nella vita quotidiana.
4. Narrazioni ed eredità della Marcia.

Le proposte di intervento (massimo 500 parole) dovranno essere accompagnate da un breve CV del proponente. È particolarmente incoraggiata la partecipazione di giovani ricercatori.
Le proposte devono essere inviate al seguente indirizzo isrt@istoresistenzatoscana.it, entro il 15 marzo 2022. Le decisioni del Comitato scientifico verranno comunicate entro il 30 aprile 2022.

Il Comitato scientifico è composto da Andrea Baravelli, Roberto Bianchi, Paul Corner, Valeria Galimi, Stefano Maggi, Francesca Tacchi.




A Livorno emozione di fronte alla pietra di inciampo per la piccola Gigliola Finzi uccisa a pochi mesi ad Auschwitz.

Di Gigliola Finzi, la bambina pochi mesi uccisa dai nazisti poco prima dell’ingresso ad Auschwitz, e alla quale è stata dedicata oggi, a  Livorno, la nuova pietra di inciampo in via Verdi 25, parla Frida Misul nel suo diario.

Frida Misul, una reduce livornese dell’Olocausto, il suo diario una delle prima testimonianze scritte sull’orrore delle deportazioni scrisse:

Ad un certo punto, prima di aspettare l’ordine per incamminarci di nuovo, un tedesco, per caso, vide che una delle ragazze teneva un grosso involto tra le braccia. Le fu intimato di far vedere che cosa c’era dentro e questa, tutta sconvolta e tremante, aprì uno scialle nero di lana e apparve una bella bambina di circa 6 mesi. La madre supplicò tanto il tedesco di non farle del male e chiese di andare dove sarebbe andata sua figlia per seguire lo stesso destino. Ma il tedesco con un grande sogghigno prese la povera creatura, le strappò i poveri stracci di dosso e poi, con grande sveltezza, la scosciò davanti agli occhi inorriditi della madre e di noi tutti. La povera donna non sopportando il grande dolore, cadde subito morta ai nostri piedi. Questa signora era livornese come me, si chiamava Berta Della Riccia. Fu arrestata assieme ai suoi familiari per essere condotta ad Auschwitz. Di tutta la famiglia non è rimasto alcun superstite, perché tutti furono uccisi nelle camere a gas”.

Una delle troppe pagine agghiaccianti della Shoah, che hanno visto purtroppo drammaticamente protagonisti bambini, donne, uomini ebrei, moltissimi anche a Livorno.

Per Gigliola Finzi la pietra d’inciampo indica l’ultima abitazione della sua famiglia livornese prima della deportazione, ma anche il luogo che non poté essere la sua casa. Nacque infatti il 19 febbraio 1944 nel campo di raccolta di Roccatederighi, vicino a Grosseto, da genitori livornesi – la madre Berta della Riccia e il padre Natale Finzi – e fu deportata e uccisa poco prima di entrare ad Auschwitz tre mesi dopo, per l’esattezza il 23 maggio 1944”.

La brevissima vita di Gigliola, e la sua ingiusta fine, è stata ricordata questa mattina nel corso di una cerimonia organizzata tra le iniziative per il Giorno della Memoria dalla Comunità di Sant’Egidio insieme al Comune di Livorno, con la collaborazione della Comunità Ebraica, della Diocesi e di Istoreco, e che si è conclusa con la deposizione di fiori davanti alla sua stolpersteine, piccolo blocco di pietra, ricoperto da una lastra di ottone sulla quale è riportato il nome, l’anno di nascita, il giorno ed il luogo della deportazione, la data di morte della povera bimba.

Le pietre di inciampo sono il simbolo visibile dell’esistenza di chi è stato deportato e ha vissuto sulla propria pelle questo orrore”, ha voluto sottolineare all’apertura della cerimonia il Prefetto Paolo D’Attilio per il quale “la memoria è il vaccino per proteggere le persone più deboli evitando che certe vicende si ripetano”.

Concetto ripreso dalla responsabile della Comunità di Sant’Egidio di Livorno Anna Ajello: “Con questa memoria possiamo scegliere la vita. È il richiamo del più grande vaccino che ci hanno lasciato le generazioni precedenti, il vaccino contro l’odio, contro la guerra, contro il razzismo

L’assessore alla Cultura Simone Lenzi ha sottolineato che “questa è una ricorrenza a cui personalmente partecipo con grande trasporto. È di qualche giorno fa l’intervista a Emanuele Filiberto di Savoia che chiedeva scusa per le leggi razziali. La prima cosa che ho pensato: certo non una gran prontezza di riflessi. La ferita profonda delle leggi razziali dipende e deriva dal fatto che gli ebrei come tanti altri italiani furono in prima fila nel Risorgimento, pagarono il loro tributo di sangue nella Prima Guerra mondiale, questo dimostra quanto mai vili e scandalose furono le leggi razziali e il comportamento di tanti italiani. Non deve esistere una versione autoassolutoria di questa storia, le leggi razziali non furono solo un tributo pagato all’ alleato tedesco: l’antisemitismo era già moneta corrente in Italia, quella serpe c’è sempre e dobbiamo avere la prontezza di metterci il piede sopra. Ricordo anche che Livorno senza ebrei non esisterebbe, la nostra città è nata con gli ebrei, l’eredità ebraica è nella nostra cultura, nei nostri usi, perfino nella nostra cucina. Il Giorno della Memoria riguarda tutti i livornesi”.

Siamo una minoranza, abbiamo le nostre tradizioni, ma gli ebrei sono italiani e sono europei, sono in tutto il mondo, hanno contribuito allo sviluppo non solo di Livorno ma dell’Europa – ha aggiunto il Presidente della Comunità Ebraica di Livorno Vittorio Mosseri – e dobbiamo uscire dalla contrapposizione “io, noi, loro”. Non sono accettabili le offese a chi è ebreo – ha aggiunto – di recente il nostro Rabbino è stato offeso al mercato”. E rivolgendosi ai bambini delle scuole “Benci” presenti alla cerimonia: “Bimbi, la memoria della Shoah non è per i morti, è fatta per i vivi di oggi e di domani, per difendere quello che con tanto sacrificio è stato ottenuto”.

Significativo l’ intervento della direttrice di Istoreco Catia Sonetti: “I testimoni di quando l’ Armata rossa arrivò a Auschwitz sempre più rari. Il Giorno della Memoria deve essere lo stimolo per portare avanti un lavoro sì di memorie, ma anche di storia, che aiuta a contestualizzare i fatti. La storia serve ad esempio a capire di cosa si macchiarono i Savoia, per cui non bastano delle scuse tardive. La Shoah e le leggi razziali – ha aggiunto – non furono uno sbaglio, un incidente ma la conseguenza di tanti passi. Le ricerche storiche ci dicono che a Livorno la tragedia – ha ricordato – è stata più grande di quanto ci raccontiamo”.

Estremamente commovente la testimonianza di Edi Bueno, 90 anni, che ha narrato un episodio apparentemente da nulla prima della deportazione della sua famiglia, quando ancora la vita a Livorno scorreva apparentemente normale: “Ero una bambina. Al bar Lazzeri in via Grande la commessa negò a me e a mio fratello un gelato. Protestai con il proprietario. Per tutta risposta mi mostrò il cartello all’ingresso: “E’ vietato vendere il gelato agli ebrei”.
Dopo gli interventi della direttrice didattica delle Benci e di rappresentanti di sant’Egidio in chiusura, prima della deposizione di fiori alla pietra di inciampo per Gigliola Finzi, di fronte alla casa nella quale avrebbe potuto abitare ma non ha mai abitato, il Rabbino di Livorno ha letto un salmo per chiedere aiuto a Dio per il futuro e per ricordare quel milione e mezzo di bambini ebrei uccisi nella Shoah.

[testo a cura Ufficio Stampa Comune di Livorno]




La SISLav e l’Istoreco Livorno aprono la terza edizione del bando Ortaggi destinato alle opere prime inedite di storia del lavoro.

Per sostenere lo sviluppo di nuove ricerche sui temi della storia del lavoro, la Società Italiana di Storia del Lavoro (SISLav) e l’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea nella provincia di Livorno (Istoreco Livorno) hanno istituito nel 2016 un premio intitolato alla storica Simonetta Ortaggi, scomparsa nel 1999, studiosa e autrice di alcuni tra i più importanti e sistematici studi italiani di storia del lavoro. La terza edizione del premio è aperta alle monografie inedite che rappresentino opere prime per gli autori. Sono ammesse anche tesi di laurea e di dottorato, discusse nel triennio 2018-2020.

Il premio consiste nella pubblicazione dell’opera presso la collana “Lavori in corso” delle edizioni SISLav-NDF. Il volume sarà liberamente disponibile in versione elettronica sul sito dell’editore e acquistabile in quella cartacea.

L’opera può essere redatta (o integrata da una traduzione fedele all’originale) in una delle seguenti lingue: italiano, francese, inglese, portoghese, spagnolo, tedesco. La lingua della pubblicazione finale sarà l’italiano; l’eventuale traduzione sarà a carico dell’autore.

Condizione imprescindibile è che l’opera non sia né edita né in corso di pubblicazione e che il candidato non abbia già pubblicato altri lavori in forma monografica. Non vi è alcun vincolo, né di natura cronologica né territoriale, circa l’argomento oggetto della monografia: possono essere presentate ricerche relative a qualsiasi periodo storico, dall’età antica alla contemporanea, e a qualsiasi area territoriale.

La candidatura deve essere presentata entro il 1 marzo 2021 compilando il facsimile allegato e spedendolo all’indirizzo e-mail storialavoro@gmail.com, allegando copia elettronica della tesi o della monografia, un abstract in italiano di massimo 4.000 caratteri, un breve curriculum vitae utile a contestualizzare la ricerca nell’ambito degli interessi del candidato e una lista delle eventuali pubblicazioni.

Per rendere definitiva la candidatura è necessario inviare una copia cartacea della tesi o della monografia entro la data del 1 aprile 2021 al seguente indirizzo:

Società Italiana di Storia del Lavoro
c/o Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità DiSSGeA
Università degli Studi di Padova
Via del Vescovado, 30, 35141 Padova

Farà fede il timbro dell’ufficio postale di partenza. La copia cartacea della tesi non sarà restituita al termine della selezione ma conservata presso la sede della SISLav. Entro il 30 settembre 2021 un’apposita Commissione valuterà insindacabilmente la tesi vincitrice del premio. La Commissione sarà formata da cinque membri: tre nominati dal Direttivo SISLav e due nominati dall’Istoreco Livorno. La composizione della commissione verrà comunicata sul sito della SISLav (http://storialavoro.it) entro il 15 marzo 2021.

La Commissione comunicherà l’esito a tutti i candidati. A suo insindacabile giudizio, qualora nessuna delle opere concorrenti risulti adeguata sotto il profilo tematico e/o qualitativo, il premio potrà non essere assegnato. La Commissione si riserva inoltre di attribuire una menzione speciale a favore della pubblicazione di opere non vincitrici ma ritenute comunque meritevoli.

Il vincitore è tenuto a inviare all’indirizzo email storialavoro@gmail.com – entro quattro mesi dalla comunicazione dell’esito – una versione rivista della sua opera:

– tenendo conto delle indicazioni editoriali e scientifiche della Commissione;
– redatta secondo le norme editoriali della collana “Lavori in corso” delle edizioni SISLav-NDF;
– in lingua italiana, dunque se necessario tradotta a cura e a spese dell’Autore.

Per la revisione della tesi il vincitore potrà avvalersi di due interlocutori indicati dal Direttivo SISLav.

L’Autore rinuncerà ai diritti sulle vendite e avrà diritto a 20 copie cartacee del volume.
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