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A Calci iniziativa su “Il Porrajmos: il genocidio dimenticato”

Il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria per ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione dei cittadini ebrei, la deportazione politica, la prigionia militare, la morte. Il legislatore si è dimenticato, però, di commemorare anche i 500mila rom e sinti vittime del genocidio. Uno sterminio sconosciuto e dimenticato anche nelle aule del Parlamento. Così per ricordarlo è stato necessario, in una frammentazione della memoria, cercare una nuova data. L’accordo internazionale ha individuato il 2 agosto perché nella notte fra il 2 e il 3 agosto 1944 2.987 Rom, soprattutto donne, bambini e anziani furono sterminati con il cosiddetto progetto di liquidazione dello ZigeunerLager di Birkenau.

Ma cosa è il Porrajmos? E perché è importante commemorarlo?

Ne parlerà la Professoressa Chiara Nencioni, alla presenza di Emanuele Piave, rappresentante dell’UCRI (Unione comunità romanès in Italia) in un webminar organizzato dal Comune di Calci (Pi).  Per poter seguire l’evento collegarsi il 27 gennaio alle 17.30 al link urly.it39tjg sulla piattaforma zoom.

Letteralmente “inghiottimento”, “grande divoramento” o “devastazione”, Porrajmos è il termine con cui Rom e Sinti e Camminanti hanno denominato la persecuzione da loro subita durante il fascismo e lo sterminio del loro popolo perpetrato dai nazisti e dai loro alleati durante la seconda guerra mondiale. Questo disegno omicida è definito anche con il termine Samudaripen, che significa letteralmente “tutti uccisi”. La stima delle vittime si aggira fra i 220.000 e i 500.000, quindi circa il 25% della popolazione nomade complessiva presente in Europa tra le due guerre, in altre parole, un Rom su quattro.

La conferenza, partendo dallo spiegare chi sono i sinti e i rom, traccia la storia dell’antiziganismo, sin dal Medioevo, la diffidenza e i pregiudizi che hanno indotto tutti i paesi europei moderni ad adottare bandi di espulsione nei confronti degli “zingari”, fino alla programmazione del genocidio da parte nazista. Ma già il regime fascista dal 1926 aveva imposto misure restrittive verso i circa 95.000 rom e sinti allora presenti in Italia e cercato di limitare l’ingresso e la circolazione delle carovane nomadi sul territorio nazionale. Tutti gli appartenenti a queste etnie venivano indistintamente schedati come stranieri e successivamente chiusi fino all’armistizio in campi di concentramento -i tre più importanti: Boiano e Agnone (Molise) e Tossicia (Abruzzo)- in cui le condizioni di vita erano estreme.

In Germania le tracce del porrajmos vanno seguite a partire dal censimento degli “zingari”, voluto in Baviera da Dillmann. I dati raccolti da Dillmann divennero la base per la redazione del ZigeunerBuch che in 344 pagine elenca i dati personali e genealogici di 3350 persone appartenenti all’etnia Rom. Sempre in Baviera, nel 1929 viene creato l’“ufficio centrale per la lotta alla piaga zingara” poi utilizzato dai nazisti per attingere informazioni su rom e sinti in modo da trovare le motivazioni scientifiche attraverso cui sia loro possibile avvalorare la tesi che gli zingari non appartengono alla “razza ariana” e che quindi devono essere catalogati come “razza impura”. Quando Hitler diventa cancelliere, i rom e sinti presenti in Germania ammontano circa a 25.000. Dapprima tutti vengono arrestati per sterilizzarli, perché considerati una popolazione ereditariamente malata di asocialità e del “gene della criminalità e del pericoloso istinto al nomadismo”, poi nel 1935 è emanata una legge che proibisce i matrimoni tra gli “zingari” e gli “ariani” e nel 1936 un’altra che inserisce tutti gli appartenenti alla categoria “zingari” nei campi di sosta forzata sorti alle periferie delle città tedesche per utilizzare queste persone come mano d’opera schiava.

Dopo aver tracciato un quadro della persecuzione dei sinti e rom nei paesi occupati dai nazisti, la Professoressa Nencioni tratterà della “soluzione finale della piaga zingara”, che avviene nel 1942 nello Zigeunerlager di Auschwitz Birkenau. Il registro del campo contava 10.649 femmine e 10.094 maschi tra cui molti bambini. Questo campo era regolato in modo diverso dagli altri: le famiglie non venivano divise come avveniva per gli altri internati e non partecipavano ai gruppi di lavoro. Il campo era completamente lasciato a sé stesso: niente cibo né medici (se non Mengele, il quale prediligeva per i suoi esperimenti bambini rom e sinti per la loro presunta appartenenza alla razza pura degenerata), niente di niente. Finché la notte fra il 2 e il 3 agosto si decise di liquidare il campo, mandando nelle camere a gas tutti i suoi abitanti.

E alla fine della guerra? Nessuno dei medici e degli antropologi, tra cui Robert Ritter ed Eva Justin, che avevano lavorato nei campi per concludere, attraverso ricostruzione di alberi genealogici e misurazioni antropometriche, che l’inferiorità razziale di rom e sinti era dovuta a due caratteri ereditari, l’asocialità e l’istinto al nomadismo, e che erano degenerati per “razza”, sono stati mai condannati per i crimini compiuti e sono tornati indisturbati a lavorare all’interno degli uffici statali. In Svizzera, fino agli anni ’80 il governo ha predisposto per gli Jenische ((i cosiddetti “zingari bianchi” della Svizzera) procedure di allontanamento forzato dalle famiglie, elettroshock, sterilizzazione e l’affidamento dei bambini a istituti psichiatrici o religiosi per essere rieducati. In Germania gli studi di Ritter e Justin passano nelle mani Hermann Arnold che pubblica il saggio dal titolo Die Zigeuner. I suoi studi indirizzarono l’azione dei governi europei (anche quello italiano) che dagli anni Sessanta costruiscono politiche che avrebbero voluto essere per l’inclusione dei rom, ma che hanno prodotto emarginazione. L’emarginazione del campo nomadi è stata dunque creata sulla base dello stereotipo dello zingaro. Stereotipo che è ancora difficile da decostruire: i meccanismi, più o meno inconsci, di discriminazione e xenofobia nei confronti del popolo rom e sinto sono diffusissimi e determinano le politiche di segregazione di cui sono sovente fatti oggetto.

Celebrare il Porrajmos è un passo avanti nella conoscenza delle discriminazioni di cui il popolo rom è stato a lungo vittima e della feroce persecuzione nell’ottica di pulizia etnica che non trova ancora quasi mai traccia neppure nei manuali di storia. E’ importante conoscere il Porrajmos ancora di più in Italia, dove certamente le politiche sempre più xenofobe e razziste non aiutano e dove si registra ancora adesso il più alto livello di discriminazione nei confronti di queste minoranze etniche, che tuttavia sul territorio nazionale costituiscono soltanto lo 0,02% della popolazione totale. E’ quindi insensato parlare, come si è troppo soliti fare, di invasione rom.

Tuttavia, anziché creare memorie separate e numerose giornate dedicate alla memoria di varie categorie di vittime o martiri, è importante stimolare una memoria comune che si basi su percorsi di conoscenza dei fatti, al di là dei particolarismi etnici o di parte.  È doveroso ricordare il genocidio di rom e sinti in Europa, ma è importante inserirlo nella storia comune delle varie popolazioni, gruppi etnici, categorie sociali e politiche perseguitati dal totalitarismo nazista. E’ perciò importante che si menzioni il porrajmos nella legge nazionale n.211 del 2000 che fa del 27 gennaio «il Giorno della Memoria». La memoria della distruzione e della negazione della vita umana non va perpetuata in nome di riferimenti razziali o attraverso memorie diverse e distinte.

Mi piace concludere con le parole della senatrice a vita Liliana Segre, pronunciate nel 2018: “la Shoah degli ebrei e il Porrajmos dei popoli nomadi sono parte di uno stesso progetto disumano. Io ricordo, perché io c’ero; c’ero in quei campi di sterminio in cui, insieme agli Ebrei, anche altre minoranze vennero annientate. Tra queste, il gruppo più numeroso era proprio quello degli appartenenti alle popolazioni Rom e Sinti”.




“Nel vento e nel ricordo”. Storie di bambini ebrei della Shoah in provincia di Lucca

È online la seconda edizione della mostra realizzata dall’Isrec Lucca “Nel vento e nel ricordo – Storie di bambini ebrei della Shoah in provincia di Lucca“, sul tema della condizione dei bambini ebrei del territorio provinciale che, durante il periodo di occupazione nazista e sotto il fascismo della Repubblica sociale, furono perseguitati con le loro famiglie, alcuni riuscendo a salvarsi, altri finendo invece nei campi di sterminio. La mostra, curata da Silvia Q. Angelini, Luciano Luciani e Emmanuel Pesi è proposta quest’anno in versione digitale, con un virtual tour raggiungibile all’indirizzo www.nelventoenelricordo.it.

La mostra è online dal 23 gennaio e rappresenta, oltre che un prezioso veicolo di memoria, uno strumento a disposizione delle scuole di ogni ordine e grado. La realizzazione è avvenuta grazie alla collaborazione della provincia di Lucca e dei comuni di Lucca, Altopascio, Barga, Borgo a Mozzano, Camaiore, Capannori, Castiglione di Garfagnana, Gallicano, Minucciano, Montecarlo, Porcari, Stazzema e Viareggio.




Nel centenario del PCI, la Biblioteca Serantini promotrice di un progetto per conservare la storia dei comunisti pisani

La Biblioteca Franco Serantini, archivio e centro di documentazione di storia sociale contemporanea, tra i vari eventi in programma per il 2021, presenta il progetto dedicato al centesimo anniversario della nascita del Partito Comunista Italiano, dal titolo: 100 anni dalla fondazione del Partito comunista (1921-2021): tra memoria e storia. Progetto per la conservazione, la tutela e la divulgazione della storia dei comunisti di Pisa e provincia: documenti, oggetti, testimonianze dei protagonisti.

Il primo obiettivo del progetto è quello di salvaguardare l’archivio della Federazione pisana del PCI, con l’intenzione nel tempo di valorizzarlo e metterlo a disposizione degli studiosi e dei cittadini e con questo rilanciare l’interesse per la storia dei comunisti nel nostro territorio, attraverso una ricostruzione storico/critica delle vicende della Federazione pisana.

Perché occuparsi oggi dell’archivio del PCI e in genere degli archivi dei partiti politici?

Dalla caduta del fascismo agli anni Novanta, il ruolo che i partiti politici hanno svolto nella vita politica ed istituzionale del nostro Paese ci induce ad affermare che essi hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella costruzione di una coscienza civica collettiva, che è andata a ridisegnare, sotto l’aspetto morale e politico, un paese distrutto da vent’anni di dittatura.

Si è scritto infatti che la democrazia italiana non poteva nascere, o riprendere il suo cammino, se non come una democrazia segnata dalla partecipazione dei cittadini e dei partiti politici alla vita del Paese. Quest’ultimi, esercitando un ruolo di cerniera fra lo Stato e la società, di vivaio di quadri per il Governo e per il Parlamento, hanno svolto nella storia contemporanea, almeno fino ai primi anni Novanta, un ruolo di importanza crescente, di coscienza critica nella costruzione dell’Italia repubblicana.

Questo ruolo vale ancora di più per la storia del PCI, non solo per gli aspetti istituzionali, ma soprattutto per quelli sociali. È innegabile, infatti, l’azione svolta da quel partito e dai suoi militanti nella lotta per il riscatto e la difesa dei diritti dei lavoratori, come nella rinascita dei sindacati di categoria e nazionali, in un periodo di forte conflittualità sociale. Un ruolo insostituibile, svolto assieme alle altre forze politiche del movimento operaio, nella costruzione della democrazia repubblicana di fronte ai nodi irrisolti dell’Italia nata dalla Resistenza ancora fortemente condizionata dal lascito drammatico del ventennio fascista.

Impegnarsi, dunque, a salvaguardare le fonti documentarie dei partiti, e del partito comunista in particolare, significa impegnarsi a tutelare, con un approccio critico/scientifico, la storia del nostro Paese e a non privarla dei suoi fondamentali punti di riferimento, cercando di comprendere anche la storia della crisi politica che negli ultimi decenni ha travolto i partiti tradizionali; significa anche garantire , nel contempo la trasmissione di questa memoria alle future generazioni.

In secondo luogo, la Biblioteca Franco Serantini ha accolto l’invito di alcuni ex militanti comunisti e ha promosso la costituzione di comitato con lo scopo di coordinare l’iniziativa: ad oggi, hanno aderito a livello personale gli ex militanti e dirigenti del PCI: Gian Mario Cazzaniga, Fabrizio Cerri, Paolo Fontanelli, Carlo Gori, Franco Marmugi, Stefano Pecori, Carlo Scaramuzzino e Cristiana Torti .

È  già stata avviata la raccolta di memorie scritte e orali degli ex militanti di Pisa e della provincia, al fine di ricostruire le loro esperienze politiche e di approfondire il legame tra politica e territorio, per poter meglio comprendere l’evoluzione del partito dall’immediato secondo dopoguerra fino al 1991, anno in cui il PCI deliberò il proprio scioglimento promuovendo contestualmente la costituzione del Partito Democratico della Sinistra..

Si invitano gli ex militanti ad aderire al Comitato promotore e a contattare i suoi componenti, in modo da rilasciare le proprie testimonianze e a mettere a disposizione materiali e documenti per arricchire il fondo documentale e archivistico dedicato alla Federazione comunista pisana.

Per informazioni e contatti: memoriapcipisa@gmail.com

 




Ci ha lasciato Aristeo Biancolini, partigiano senese.

Ieri è venuto a mancare Aristeo Biancolini, una delle figura più lucide del partigianato senese. Nato a Chianciano nel 1924, da una famiglia di antifascisti, a diciotto anni entrò nelle prime bande che iniziarono a costituirsi tra la Val d’Orcia e la Val di Chiana già a partire dalla fine del novembre del 1943.

Di ideali socialisti, nel Secondo dopoguerra divenne sindaco di Chianciano e per tutta la sua esistenza non ha cessato mai di raccontare, in modo chiaro e sereno, la sua vicenda ai giovani.

fantacciQuando Aristeo descriveva la propria esperienza di combattente per la libertà, lo faceva sempre in modo semplice e privo di retorica accostando con naturalezza gli episodi di rilievo, per esempio il sabotaggio della centrale di amplificazione telefonica di Abbadia San Salvatore (10 marzo 1944), a momenti profondamenti umani tra cui quello della mancata fucilazione di un milite fascista la cui pesante situazione familiare (quattro figli piccoli e la moglie malata di tisi) spinse i partigiani a un atto di misericordia.

Con la sua morte perdiamo un testimone di una delle pagine più significative della Resistenza italiana, ossia quella dei valori etici e morali di centinaia di ragazzi che decisero di rischiare la propria vita, anziché nascondersi, per creare un mondo diverso la cui essenza può essere riassunta dal titolo del libro “Non saremo mai come loro” (a cura di Andrea Fantacci e Monica Tozzi) all’interno del quale Aristeo raccontava la sua esperienza.




Conferita dal Presidente della Repubblica l’onorificenza di commendatore al merito della Repubblica Italiana a Enrico Pieri.

È di ieri, 29 dicembre 2020, la notizia che il Presidente Mattarella ha assegnato 36 onorificenze al merito della Repubblica. Una di esse va ad Enrico Pieri, sopravvissuto e testimone della strage di Sant’Anna di Stazzema.

Il 12 agosto 1944 Enrico aveva 10 anni quando a Sant’Anna di Stazzema furono massacrate, dalla violenza nazifascista, uomini ma soprattutto anziane donne bambini e sfollati. Enrico si salva insieme a due sorelline nascondendosi in un sottoscala mentre la casa va a fuoco. In quel giorno perde i genitori, due sorelle, gli zii, i nonni e i cugini.  Uscendo poi dal suo rifugio e nascondendosi nei boschi e poi ritornando a Sant’Anna, ha modo di vedere in tutta la sua crudezza, in tutto il suo orrore quello che le SS avevano compiuto a Sant’Anna di Stazzema. 10 anni sono veramente pochi, sono traumi dai quali ci si può non riprendere e anche Enrico ha spesso detto che sogna ancora la notte di dover fuggire da un luogo chiuso, perché sono esperienze che ti rimangono assolutamente dentro. Però Pieri è riuscito è rielaborarle, nonostante la vita difficile. Emigrato per 35 anni in Svizzera, è tornato in Italia e da quel momento non si è mai stancato di testimoniare, di mantenere la memoria di quello che era successo ma con alcuni particolari accenti: nelle parole di Enrico Pieri non troverete mai odio, perché riesce sempre a distinguere tra quello che hanno fatto quegli uomini in nome di un’ideologia come quella nazista è quello che fanno oggi la Germania e i Tedeschi.

Oggi Enrico Pieri  è il Presidente dell’Associazione martiri di Sant’Anna di Stazzema. Va instancabilmente nelle scuole, riceve instabilmente le scolaresche che salgono a Sant’Anna di Stazzema e in tutti i suoi discorsi fa sempre riferimento alla pace che l’Europa ha vissuto dopo la fine del secondo conflitto mondiale e al fatto che questa pace è garantita in Italia dei valori della Costituzione e soprattutto è garantita dalla nascita dell’Unione Europea.

Tutti i discorsi di Enrico Pieri sono l’auspicio che l’Unione Europea possa effettivamente essere un’unione di popoli e non solo di stati, che testimoni che quello orrore che si è manifestato a Sant’Anna di Stazzema 12 agosto del ‘44 -così come del resto in tutta Europa- sia effettivamente sorpassato dal processo di unificazione in base ai valori di giustizia e di pace.

Ecco, la giustizia è un altro dei valori di Enrico Pieri che ha seguito con grande attenzione il processo per i fatti di Sant’Anna di Stazzema che si è tenuto alla Spezia molti decenni dopo quei fatti. Enrico ha sempre detto che quel processo era il riconoscimento di quello che era stato, perché, se giustizia non era stata fatta nel senso comune – i responsabili ancora vivi, processati e condannati all’ ergastolo non sono stati estradati in Italia e non hanno neanche scontato la loro pena in Germania- l’importante, anche per le giovani generazioni, era che venisse riconosciuto quello che era avvenuto. Il giudizio finale, dopo il tribunale di La Spezia, l’avrebbe dato la Storia.

Proprio per questo suo costante impegno, il riconoscimento di oggi non è il primo che Enrico Pieri avuto: nel 2011 è stato nominato Cittadino Europeo dell’anno dal Parlamento europeo e questo luglio, insieme a Enio Mancini, un altro superstite e testimone costante di quello che è successo e dei valori di pace di giustizia che da Sant’Anna emanano verso il resto del paese (ma si potrebbe dire verso tutto il mondo) è stato nominato Cavaliere della Repubblica federale tedesca.

Oggi Mattarella motiva  l’onorificenza che ha concesso  a Pieri come punto di riferimento per generazioni,  testimone della memoria, della storia, dei valori di pace e di giustizia.

Ricordiamo infine che Enrico Pieri ha donato la sua casa, la casa dove avvenne l’eccidio e dove lui si salvò, al Comune di Stazzema perché possa diventare uno dei luoghi di raccolta e di riferimento per le comitive sempre più numerose che salgono a Sant’Anna, dove manca ancora, per esempio, una foresteria che consenta di poter passare anche due giorni, la notte, nel Parco della pace. Enrico ha voluto donare la sua casa perché Sant’ Anna diventi sempre più un luogo della memoria non solo toscana, non solo nazionale, ma europea.




“Guerra di notizie”, Firenze ’44. In rete il nuovo “Quaderno dell’Archivio”, con il contributo ISRT

Firenze, estate 1944: testimonianze di una “guerra di notizie”. Informazione, controinformazione, propaganda e comunicazioni nei ‘giorni dell’Emergenza’ è  il titolo del “Quaderno dell’Archivio” del Comune di Firenze n. 20. La pubblicazione racconta un’emergenza (quella dell’estate 1944) e nasce per un’emergenza: è infatti, il risultato del lavoro per l’allestimento di una esposizione documentaria prevista nel marzo-aprile di quest’anno: lavoro che fu improvvisamente interrotto per l’emergenza Covid-19. Alla sua realizzazione hanno contribuito gli archivisti dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, grazie alla ricchezza dei fondi ivi conservati.

Qui il link per scaricare la pubblicazione: https://cultura.comune.fi.it/dalle-redazioni/rete-il-nuovo-quaderno-dellarchivio

 




Uno spazio pubblico per ricordare Amelia Rosselli Pincherle a Firenze: la richiesta della Fondazione Circolo Rosselli

La Fondazione Circolo Rosselli si è rivolta al Sindaco di Firenze, Dario Nardella, all’assessore alla toponomastica Alessandro Martini, all’assessore alla cultura, Tommaso Sacchi per chiedere l’intitolazione di una via o comunque di uno spazio pubblico ad Amelia Rosselli Pincherle nell’anno centocinquantesimo della sua nascita (1870-2020).

Queste le motivazioni:

Amelia Rosselli ha avuto tre figli: il primo Aldo caduto volontario nel 1916 nella Prima guerra mondiale e gli altri due Carlo e Nello, uccisi per il loro antifascismo.

Amelia veniva da una famiglia risorgimentale mazziniana e fu decisiva nella formazione dei suoi figli al senso del dovere e al servizio degli ideali di libertà e di democrazia. Se vogliamo riscrivere la storia al femminile le dobbiamo questo riconoscimento.

Amelia Rosselli non solo è stata la madre coraggiosa e totalmente solidale di Carlo e Nello Rosselli uccisi nell’esilio francese dalla Cagoule (un’organizzazione terroristica di destra) su mandato del governo fascista italiano. Non solo è stata la guida e il punto di riferimento, dopo il loro assassinio, del gruppo formato dalle due nuore   vedove e dai sette piccoli nipotini rimasti orfani negli anni della fuga e dell’esilio dal 1937 al 1945, conducendoli prima in Francia, poi in Svizzera e in Gran Bretagna e finalmente negli Usa. Essa è stata la prima donna drammaturgo dell’Italia unita, scrivendo sia in italiano che nel suo dialetto di origine, il veneziano. I suoi drammi teatrali come Anima o Il Refolo, furono recitati nei grandi teatri italiani. Scrittrice anche di libri per l’infanzia, abbandonò la sua attività letteraria dopo l’assassinio di Carlo e Nello, per dedicarsi tutta alla memoria dei figli. Presidente della sezione letteraria del Lyceum venne dichiarata decaduta come ebrea all’avvento delle leggi razziali.

Amelia Rosselli, veneziana di nascita, può essere considerata fiorentina di adozione: venne a stabilirsi nel 1903 nella casa di via Giusti dove una lapide di Piero Calamandrei ricorda i suoi figli dove ritornò dopo l’esilio americano nel 1946 e vi morì nel 1954.

È doveroso che la città si ricordi di lei dedicandole una strada o comunque un significativo luogo pubblico.




Online sul sito della Regione la prima lezione del corso “In viaggio verso Auschwitz” con Gad Lerner

Sono passati venti anni dall’istituzione del “Giorno della Memoria”. Il Novecento, i totalitarismi, le persecuzioni, le deportazioni, i campi di concentramento e di sterminio, la Shoah, sono elementi che interrogano costantemente il nostro presente e che aprono a riflessioni ed attività multidisciplinari fondamentali per coloro che svolgono professioni educative e legate al mondo della formazione. Tematiche che, negli anni, hanno acquisito notorietà e rilevanza mediatica ma non sono facilmente fruibili da parte del mondo della scuola.

Fin dalla prima edizione della Summer School, Regione Toscana si è sempre interrogata sul tema centrale che riguarda tutti coloro che si confrontano con la Shoah e che non hanno direttamente vissuto le tragedie del Novecento. Come riuscire ad affrontare una didattica efficace per far sopravvivere la memoria nelle nuove generazioni? Come riuscire a costruire una cultura del rispetto, dell’inclusione, della pacifica convivenza tra i popoli?

Temi complessi, lo sappiamo, per affrontare i quali servono strumenti di approfondimento che consentano di cogliere la complessità della materia favorendo l’acquisizione di quel senso critico che dovrebbe essere la missione prioritaria della scuola.

Solo con lo studio e la conoscenza, si può combattere l’intolleranza, l’ingiustizia e la mistificazione.

Le giovani generazioni devono potersi confrontare in maniera critica e viva con il tema della memoria europea per comprendere i valori della pace e della tolleranza e per opporsi ai nuovi razzismi.

Bisogna superare, andare oltre il pur significativo momento celebrativo.

In questi anni, Regione Toscana ha lavorato in questa direzione, cercando di costruire politiche culturali organiche e fornendo occasioni di formazione attiva durante tutto l’anno, nella convinzione che tali percorsi e metodi costituiscano parte integrante del processo democratico e di crescita culturale dei cittadini.

Per tutti questi motivi, pur nelle attuali difficoltà, Regione Toscana ha promosso questo per percorso di formazione on line: In viaggio verso Auschwitz.

Sarà un percorso formativo diverso dal solito, ma non per questo meno significativo.

Del resto la pandemia ha costretto la Regione ad abbandonare la progettazione del Treno della Memoria, per la prima volta dalla sua istituzione. Il “Treno della Memoria” nasce nel 2002 e, fino al 2005, ogni anno, la Regione Toscana lo ha organizzato per permettere a studenti e insegnanti delle scuole superiori toscane, appositamente formati nella Summer School di fine agosto, di vivere per cinque giorni un’esperienza formativa unica che, accanto alla visita di Auschwitz e di Birkenau, ha consentito ai ragazzi di incontrare i testimoni della deportazione razziale, politica e dell’internamento militare e di impegnarsi, allo stesso tempo, in una serie laboratori tematici.

Dal 2005 il Treno è diventato un progetto biennale in alternanza al grande Meeting Regionale degli studenti organizzato per il “Giorno della Memoria” al Mandela Forum di Firenze.

In quest’ultima legislatura, la regione ha organizzato ben tre edizioni del Meeting, nel 2016, nel 2018 e nel 2020 e tre sono state anche le edizioni del Treno della Memoria, nel 2015, 2017 e 2019.

Il prossimo gennaio gli studenti toscani non saranno fisicamente sul “Treno” ma saranno “diversamente” accompagnati, con i loro insegnanti,  attraverso un percorso nella storia e nella memoria. Un percorso che parte, appunto, con la Summer.

La Summer inizia con ospiti prestigiosi: oltre a Gad Lerner sempre sensibile e disponibile verso queste tematiche e verso le iniziative della Regione,  Ugo Caffaz, instancabile animatore di tutte le iniziative curate, in questi anni, dalla Regione Toscana per il “Giorno della Memoria” e Luca Bravi.

Anche per questa edizione del corso, la Regione si è avvalsa di importanti partner scientifici quali la Fondazione Museo della Deportazione e Resistenza di Prato e l’Istituto toscano della Resistenza e dell’Età Contemporanea.

La didattica, ed in particolare la didattica della storia, è una delle principali attività su cui, infatti, lavora la rete degli Istituti storici della Resistenza e dell’Età Contemporanea che la Regione Toscana, grazie alla legge regionale n. 38/2002, sostiene finanziariamente con un contributo annuale che viene erogato anche alla Federazione delle Associazioni Antifasciste e della Resistenza e all’Istituzione Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema. Un altro importante strumento divulgativo per le scuole in termini di didattica della storia, è costituito proprio da questo nostro portale, rivista on line di storia del Novecento, finanziato dalla Regione Toscana nell’ambito delle attività degli Istituti storici della Resistenza e dell’Età Contemporanea.

Il percorso di formazione si concluderà con il Meeting, sempre online, del prossimo 27 gennaio 2021 che sarà trasmesso in streaming alla presenza dei testimoni della Shoah e della deportazione. Insegnanti e studenti delle scuole toscane potranno seguirlo con punti di ascolto a cura di ogni Istituto.

Da oggi la prima lezione del corso, con l’intervento di Gad Lerner, è disponibile sul sito della Regione che, proprio in questi mesi nei quali la comunicazione digitale è ditata così cruciale ha avviato un processo di potenziamento delle proprie pagine dedicate alla promozione dell’offerta culturale e all’importante impegno svolto sui temi della memoria e della conoscenza storica, oggi sempre più a disposizione di tutt* con facilità ed immediatezza. In particolare si segnalano le pagine “Storia e Memoria del 900” e “Cultura è rete“:

https://www.regione.toscana.it/storiaememoriedel900

https://www.regione.toscana.it/-/cultura-e-rete-introduzione

La prima lezione del corso:

https://www.regione.toscana.it/-/corso-di-aggiornamento-online-in-viaggio-verso-auschwitz

La lezione è disponibile anche sul Canale YouTube https://www.youtube.com/watch?v=OT0Hy_H1qwE