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Online sul sito ISRT l’offerta didattica dell’Istituto per l’a.s. 2019/2020

Anche per il nuovo anno scolastico l’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea offre una vasta offerta didattica sia per i docenti, con diversi corsi e seminari di formazione, sia per attività rivolte alle classi.

L’offerta didattica è liberamente consultabile e scaricabile dal sito dell’ISRT.

Una presentazione sarà svolta dalle docenti distaccate presso la sede ISRT il prossimo 25 settembre alle ore 15.00; la partecipazione è libera previa prenotazione scrivendo a isrt@istoresistenzatoscana.it

 




La rete degli Istituti toscani della Resistenza e dell’età contemporanea a DIDACTA

La rete degli Istituti della Resistenza e dell’età contemporanea presenti in Toscana sarà presente a DIDACTA, l’importante Festival nazionale della didattica, che si terrà a Firenze alla Fortezza da Basso dal 9 all’11 ottobre, all’interno dello stand della Regione Toscana.

Gli insegnanti potranno quindi chiedere e ricevere informazioni sulla realtà e le attività degli Istituti e sulle rispettive offerte didattiche.

Gli Istituti proporranno tre seminari di formazione:

9 ottobre: ore 16.00-17.00

Una web-serie per (ri)scoprire la Costituzione!

Relatori:

Monica Rook (istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea)

Matteo Mazzoni (istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea)

Da Sant’Anna di Stazzema a Piombino, da Barbiana a Firenze, 4 ragazzi, due studenti e due lavoratori, e una professoressa attraversano luoghi simbolo della Toscana. Rivivono così le trasformazioni dei decenni dell’Italia repubblicana, attraverso visite e incontri con testimoni e riflettono sui principi fondamentali della Costituzione: pace, uguaglianza, beni comuni, diritto al sapere, partecipazione.. questa la trama della web-serie, prodotta da Regione Toscana e Istituti della Resistenza, oggetto del seminario in quanto potenziale strumento per una didattica innovativa di Cittadinanza e Costituzione.

 

10 ottobre: ore 15.00-16.00

I luoghi delle memorie delle deportazioni: dalla Toscana alla Germania. Ipotesi di viaggi di istruzione.

Relatori:

Enrico Iozzelli, Museo della Deportazione e della Resistenza (Prato)

Rappresentante dell’Istituto della Resistenza e della società contemporanea di Livorno

Nella stagione che segna la fine dei testimoni, i luoghi assumono una funzione didattica essenziale sulla quale confrontarsi con gli insegnanti. Il seminario intende riflettere su tale assunto, tanto più significativo nella Regione del Treno della Memoria, offrendo una panoramica dei luoghi più significativi dalla Germania (Berlino) a mete più vicine (Fossoli, Prato) fino alle pietre d’inciampo che segnano molti territori e città toscane, ricordando di come il sistema concentrazionario e le deportazioni abbiamo permeato la nostra storia. Si vuole così anche offrire spunti per possibili viaggi di istruzione significativi per la formazione dei ragazzi.

 

11 ottobre: ore 15.00-16.00

Storie e confini: il Novecento del caso alto-adriatico e oltre

Relatori:

Luciana Rocchi, Istituto della Resistenza e dell’età contemporanea di Grosseto

Roberto Rossetti, Istituto della Resistenza e dell’età contemporanea di Lucca

Conoscere la storia dell’Alto adriatico nel Novecento significa non solo indagare una pagina ancora poco nota della storia nazionale ed Europa, ma anche interrogarsi sui grandi nodi del “secolo breve” e del tempo presente: guerre, nazionalismi, ideologie, spostamenti di popolazioni. Il seminario intende farlo a partire dal progetto di formazione didattica del viaggio studio al “confine orientale” promosso da Regione Toscana. Ma anche riflettendo sulle storie degli esuli fiumano-dalmati in Toscana a partire dal caso di Lucca: laboratori di studio interessanti per una didattica innovativa che stimoli il protagonismo dei giovani nella conoscenza del proprio territorio e della sua storia.

 

La partecipazione ai seminari è gratuita, ma per partecipare è necessario pagare il biglietto di ingresso a DIDACTA.

 

Per iscriversi ai seminari:

http://eventi.fieradidacta.it/EventiEspositori.aspx#ris

Il percorso generale da seguire è il seguente:

http://eventi.fieradidacta.it/ selezionare “Eventi di Enti e Aziende”

sotto le tendine “giorno”, “titolo evento” “organizzatore” c’è una stringa grigia “Eventi Regione Toscana” biffandola e cliccando sul tasto “Cerca” si apriranno tutti i seminari organizzati da Regione Toscana. Si precisa che il programma è ancora in fase di implementazione.

Gli eventi di Regione Toscana sono anche visionabili in una specifica pagina del sito di Regione Toscana, http://www.regione.toscana.it/-/regione-toscana-didacta-2019-programma nel quale a breve saranno  inseriti anche i programmi di ciascun seminario.

 

 




L’Istituto storico della Resistenza di Pistoia avvia un parternariato internazionale con l’Università di Lincoln

L’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Pistoia e l’Università di Lincoln nel Regno Unito hanno di recente sottoscritto un protocollo d’intesa internazionale per lo studio e la valorizzazione del ricco patrimonio documentario dell’Istituto. Quest’ultimo ha fornito le copie digitali dei quaderni degli allarmi aerei a Pistoia, più le riproduzioni di una parte del fondo Risaliti. Esso contiene preziose notizie su come il personale alleato datosi alla macchia dopo il settembre 1943 sia stato aiutato dalla Resistenza e dalla popolazione locale.

I documenti sono ora consultabili tramite l’International Bomber Command Centre di Lincoln, del quale l’università cura l’archivio digitale. Il Centro è un moderno museo narrativo sulla controversia memoria dei bombardamenti alleati nel corso della seconda guerra mondiale che si allontana da consuete prospettive nazionalistiche dando voce a punti di vista multipli: quello degli aviatori alleati, i loro avversari, i civili, le donne e le minoranze etniche. Lo scopo di questa operazione è triplice: collocare fonti pistoiesi in un contesto internazionale nell’ambito di una più generica storia della resistenza a livello europeo; renderli accessibili a studiosi stranieri grazie alla catalogazione e descrizione in lingua inglese; ed infine favorire lo scambio di studi ed esperienze.

La professoressa Heather Hughes, a capo dell’IBCC Digital Archive, ha così commentato l’importanza della collaborazione:

“È un onore per l’IBCC Digital Archive e l’Università di Lincoln poter lavorare con l’Istituto alla digitalizzazione e pubblicazione online di documenti sulla Resistenza nella zona di Pistoia. C’è molto che possiamo imparare gli uni dagli altri su come ricordare e tributare rispetto a quanti hanno partecipato alla lotta antifascista, riconoscendone la sofferenza condivisa nel contesto di una guerra totale.”

Il lavoro di catalogazione è stato svolto da Ilaria Cordovani, studentessa dell’Università di Firenze con il quale l’Istituto ha da anni un proficuo rapporto di collaborazione per tirocini. La dimensione internazionale segna un netto cambio di passo con precedenti esperienze, perlopiù di ambito locale. Così Ilaria:

“Sono contentissima di aver lavorato ad un progetto internazionale nell’ambito del mio tirocinio. Il tema mi appassiona ed è in linea con il mio percorso di studi. Grazie all’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in provincia di Pistoia, all’Università di Firenze e a quella di Lincoln per avermi dato questa possibilità.”

Alessandro Pesaro, che ha coordinato il progetto per parte dell’Università di Lincoln, aggiunge:

“L’archivio contiene numerose testimonianze da parte alleata relative a esperienze di prigionia, evasione, fuga ed attraversamento delle linee nemiche con l’aiuto della Resistenza. Quello che manca è la prospettiva opposta poiché il pubblico di lingua inglese ne è di solito escluso da barriere geografiche e di cultura. I quaderni degli allarmi, inoltre, sono preziosi in quanto forniscono una prospettiva complementare a quella degli aviatori, così da sottolineare la natura complessa e problematica della guerra aerea”.

Questo primo risultato è solo il primo passo di una collaborazione di più ampio respiro. L’istituto possiede una raccolta di interviste su cassette con testimonianze di prima mano sui bombardamenti di Pistoia. Si tratta di materiale fragile, soggetto ad un rapido degrado. Nei prossimi mesi le cassette verranno digitalizzate all’Università di Lincoln: Istituto e Università lavoreranno poi assieme alla catalogazione e pubblicazione nell’ambito di un progetto di tirocinio.




II edizione della Summer school “Per la storia di un confine difficile”

Parliamo quotidianamente di confini e frontiere, di volontario esodo di popolazioni dalle proprie terre. L’attualità ci mette sotto gli occhi immagini di sofferenza di profughi ed esuli, di persone che decidono di affrontare rischiosi viaggi per sfuggire a violenze o povertà, concentrate sul Mediterraneo o lungo le vie di terra, in Europa e in altri continenti, le ultime nei pressi di un nuovo muro, che vieta l’ingresso negli Stati Uniti ai poveri del sud del continente. Chiudere o aprire all’accoglienza è un dilemma politico e morale, non nuovo, anche se in forme completamente differenti rispetto al passato; nel mondo che cambia i fattori di complessità sono aumentati, sono impossibili semplificazioni sulla sfida che gli “attraversamenti” muovono alla “organizzazione politica storicamente tracciata dall’Europa” (Silvia Salvatici).

Su passato e presente di confini e frontiere si discuterà per quattro intensi giorni a Rispescia, ex-ENAOLI, nel corso della seconda edizione della summer school Per la storia di un confine difficile. L’alto Adriatico nel Novecento”, dal 28 al 31 agosto. Regione Toscana e ISGREC, in accordo con MIUR e rete toscana di istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea, riuniranno esperti della storia del “confine difficile”, per offrire a 30 insegnanti di scuole superiori della regione un’occasione di studio e confronto. Gli insegnanti sono stati selezionati tramite un bando della Regione Toscana e dell’Ufficio scolastico regionale della Toscana, di cui tutti gli istituti superiori della Toscana erano stati informati.

Si discuterà del lungo esodo istriano-giulianodalmata, di foibe, delle violenze (1943-45) nella zona di occupazione tedesca del Litorale Adriatico, delle Resistenze italiana e slava, fino a ventennio fascista e, ancora indietro, ai disastri della Grande Guerra. Al percorso di formazione seguirà il viaggio, con 50 studenti, nei luoghi della memoria, fra Venezia Giulia e Istria croata.

La prima edizione della summer sugli stessi temi si tenne nello stesso luogo, nel 2017. Rappresentò il passaggio da molte singole esperienze – formazione di insegnanti, produzione editoriale, documentari e strumenti didattici – all’approccio sistematico alle tante storie che l’istituzione con legge dello Stato del Giorno del ricordo (10 febbraio) aveva fatto riemergere, dopo un lungo silenzio, condiviso da tutta la politica (nazionale e non solo) e da una parte della cultura. Sottrarre all’uso politico brandelli di storia è un dovere per le istituzioni e per la cultura – storici, insegnanti, intellettuali… – anche se difficile da praticare, in un paese in cui – lo si ripete inutilmente come un mantra – si stenta a distinguere tra verità storica e opinioni o propaganda. Per questo alla voce di storici, cardine del percorso formativo, la nuova summer affianca quella di un giornalista, per dialogare con gli insegnanti su metodi e linguaggi dei media e introdurre “il tema della “verità” giornalistica rispetto alle vicende che incrociano la narrazione di storia e memoria” (Domenico Guarino), come chiave aggiuntiva per una lettura critica del passato (e del presente).

Il programma prevede lezioni (qualche nome: Enrico Miletto, Marta Verginella, Claudio Vercelli, Luca Verzichelli), laboratori di insegnanti divenuti formatori grazie al precedente percorso formativo, proiezioni e presentazioni di mostre. Info: segreteria@isgrec.it; 0564 415219.

Il programma della Summer school




“Ancora antifascismo? un dibattito attuale” al Festival “Fino al cuore della rivolta”.

Secondo giorno di Fino al cuore della Rivolta, sabato. Il castagneto si popola già nel pomeriggio, nonostante ci sia il sole, nonostante sia sabato, nonostante la costa che si vede nello splendido paesaggio in lontananza sia un’attraente sirena. E il castagneto si popola per il primo dibattito, alle ore 16.30, intitolato “Ancora antifascismo? Un dibattito attuale”.

Intervengono Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, Mimmo Franzinelli, della Fondazione “Rossi-Salvemini” di Firenze e Mirco Carrattieri, Direttore del Museo della Repubblica di Montefiorino e della Resistenza.

Pezzino, in qualità di moderatore, esordisce “da un po’ di tempo si sente dire che l’antifascismo è un elemento retorico della sinistra per coprire un vuoto di contenuti politici, che il fascismo è morto in Italia e che la bandiera dell’antifascismo è ormai uno stendardo scolorito. Ma è proprio così?

Prende poi la parola Carrattieri: “É necessario fare una premessa: antifascismo non è più un’etichetta sufficiente per definire la democrazia nel XXI secolo nel nostro paese”. Enuncia poi tre motivi per cui l’ antifascismo è una parola importante anche oggi. Le tre ragioni sono una riferita al passato, una al presente una al futuro. Partiamo dal passato: l’antifascismo è importante oggi perché è legato ad una parola del passato che è necessario preservare. Non possiamo trascurare il fatto che è esistito un antifascismo che ha pagato un prezzo altissimo nella lotta al fascismo, quello che Calamandrei chiamava alla Costituente “il popolo di morti”, cioè i martiri dell’antifascismo e quelli della Resistenza. Secondo motivo, che riguarda i presente. “La democrazia che oggi viviamo, pur imperfetta e fragile, si basa sull’antifascismo sviluppatosi in Europa sin dagli anni ‘30, che mirava non solo al superamento della dittatura ma anche a una nuova democrazia, non formale ma sostanziale, e ai diritti sociali. La Costituzione repubblicana e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo non sarebbero state possibili senza l’antifascismo. Terzo motivo, che riguarda il futuro. L’ antifascismo è stato un grande messaggio di speranza per il futuro, quella di poter costruire qualcosa anche in una situazione di grande dramma come è stata quella dell’affermazione dei totalitarismi. Oggi che si percepisce l’assenza di futuro e di speranza, l’antifascismo è la prova che la speranza ed il successo sono possibili”. Infine, citando Carlo Rosselli, nel primo editoriale di “Giustizia e Libertà” del 1934: “Noi siamo antifascisti non tanto e non solo perché siamo contro  quel complesso di fenomeni che chiamiamo fascismo, ma perché siamo per qualche cosa che il fascismo nega e offende e violentemente impedisce di conseguire. Siamo antifascisti perché in questa epoca di feroce oppressione di classe e di oscuramento dei valori umani, ci ostiniamo a volere una società libera e giusta […]. Siamo antifascisti perché nell’uomo riconosciamo il valore supremo, la ragione e la misura di tutte le cose […]. Il nostro antifascismo implica una fede positiva, la contrapposizione di un mondo nuovo al mondo che ha generato il fascismo. Questa nostra fede, questo nuovo mondo si chiamano libertà, socialismo, repubblica; dignità è autonomia della persona e di tutti i gruppi umani spontaneamente formati; emancipazione del lavoro e del pensiero dalla servitù capitalista; nuovo Umanesimo”.

È poi il turno di Franzinelli: “L’antifascismo va declinato al plurale per non comprendere sotto la stessa etichetta movimenti che sono stati spesso in contrasto l’uno con l’altro”. Guardando alla nostra società afferma “Fra i giovani pare che l’antifascismo non dica più niente e che invece il mito di Mussolini diventi un punto di riferimento come proiezione mitica di un grande padre”.

Gli risponde Pezzino: “L’ antifascismo oggi non è gridare al pericolo che ritorni un regime fascista ma è debellare l’ignoranza storica di quello che è stato il fascismo, combattere il revanscismo, il sovranismo, il razzismo che stanno portando alla deriva la vita politica italiana. Nella società di oggi ci sono elementi virali che tendono a disgregare i principi su cui si basano la nostra costituzione e la nostra democrazia. E ciò è pericoloso, sbagliato. C’è sempre stata una memoria fascista in Italia, come l’MSI testimonia, come dimostra la trama che stava dietro alla strategia della tensione. Se vogliamo migliorare la democrazia in Italia non possiamo prescindere dall’antifascismo”.

Carrattieri riconosce che è indubbio che l’antifascismo sia stato retoricizzato e mummificato e prendendo le distanze da Franzinelli, aggiunge “gli istituti storici hanno sempre criticizzato l’idealizzazione dell’antifascismo”.

Al secondo giro, la conversazione slitta sulla questione del museo del fascismo a Predappio, a seguito di  una affermazione di Franzinelli: “Il fatto che il museo del fascismo faccia paura agli storici mi sconcerta. Bisogna confrontarci uscendo dal recinto dogmatico dietro cui ci siamo trincerati”. Pezzino ribatte che la questione non è su museo del fascismo sì o no, anzi,  la sua creazione sarebbe necessaria tanto quanto quella di un museo nazionale della Resistenza, ma sul farlo proprio a Predappio. Anche dal pubblico ci sono interventi perplessi sulla scelta di tale sede: non sarebbe meglio in un altro luogo? A Predappio non darebbe adito e legittimazione a pellegrinaggi nostalgici di neofascisti (che tra l’altro sono già numerosi)? Risponde che per ora sono stati reperiti i soldi per ristrutturare la casa del fascio ma per il museo non sono arrivati i finanziamenti. Con i tempi della burocrazia in Italia, per almeno qualche anno, il problema concreto non si porrà.

Il dibattito si chiude con un lungo intervento di uno spettatore: “l’antifascismo è stato l’unico momento in cui le classi popolari sono state parte integrante della collettività e viceversa c’è stata una legittimazione dello stato agli occhi delle classi popolari. Questo non va dimenticato e questa è la ragione per cui bisogna continuare a parlare di antifascismo. Ricordo che i più grandi progressi sociali, civili etc sono stati compiuti grazie a figure antifasciste, mi riferisco anche ma non solo a Basaglia e al prof. Milani Comparetti. Sono state loro, oltre a far nascere la Costituzione, a darle le gambe per camminare”.

E come recita una canzone della Resistenza “scarpe rotte e pur bisogna andar”. Specialmente quando, come oggi, il sol dell’avvenir sembra basso all’orizzonte.




A Fosdinovo, aperta la XV edizione di “Fino al cuore della Rivolta, il Festival della Resistenza”.

Fosdinovo, una paese arroccato fra le montagne apuane: alle 17.45 di venerdì 2 Agosto inizia la 15esima edizione di Fino al cuore della Rivolta, il Festival della Resistenza, che, lontano dalle stanche commemorazioni,  si pone come obiettivo di far incontrare le giovani generazioni con il patrimonio di idee e di valori che deriva dall’esperienza della Resistenza, la cui conoscenza, ancora oggi, si dimostra fondamentale nel nostro vivere civile. E lo fa attraverso la cultura usando anche le nuove forme di manifestazione artistica (concerti, letture sceniche, videodocumentazione). Il Festival si svolge in un bosco di castagni secolari, accanto al Museo Audiovisivo della Resistenza, in uno scenario naturale che trae potere evocativo dall’esser stato uno dei teatri delle battaglie partigiane, e con la sua strada ripida suggerisce l’idea di salire fra i monti proprio “fino al cuore della rivolta”.

Alessio Giannanti, anima dell’iniziativa e dell’associazione Archivi della Resistenza, apre il Festival con una notizia che suscita indignazione: ieri a Campocecina sfregio, per la quarta volta, al monumento ai partigiani. “Tale atto fa capire che c’è bisogno di iniziative come il nostro festival, perché in questa terra che ha visto poche svastiche e tanta Resistenza non ne veda ore dipinte”. Conti, presidente dell’ANPI di Carrara, a proposito dell’ atto vandalico dice che “più che l’ira deve passare il disprezzo verso questi imbecilli”.

Il primo dibattito inizia alle 18 mentre un fiume di gente variopinta sale e man mano si mette in fila per la cena. Vede come coordinatore -o scoordinatore, come preferisce definirsi lui- l’antropologo Paolo de Simonis che esordisce “il dono crea un legame, una risposta. Questo festival, che si basa solo sui volontari crea esattamente questo, attraverso una partecipazione dal basso generosa”.

Ad aprire il dibattito è la Prof.ssa Monica Barni, vicepresidente della Regione Toscana. È la prima rappresentante politica di alto livello non solo ad aver visitato il Museo Audiovisive della Resistenza ma anche a partecipare al Festival. Esordisce che quello che Fino al cuore della rivolta fa è incarnare i principi della legge 38 della Regione Toscana, del 14 ottobre 2002, che tutela e valorizza il patrimonio storico, politico e culturale dell’antifascismo e della Resistenza e di promozione di una cultura di libertà, democrazia, pace e collaborazione fra i popoli. E si dice orgogliosa di lavorare su questi temi e difenda la parola antifascismo (su cui si era fatta polemica al momento della redazione della succitata legge), perché l’ antifascismo non è divisivo ma è la base della nostra costituzione.

La parola passa poi al Prof. Paolo Pezzino, Presidente del Ferruccio Parri e, fra l’altro, anche del comitato scientifico del Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo che “è un luogo non solo di valorizzazione della memoria ma anche di innovazione”. Da vero storico sostiene “la memoria va bene ma prima bisogna conoscere la storia. Non è vero che in questo paese non c’è memoria, ad esempio la memoria del fascismo è molto persistente, come il proliferare di formazioni, associazioni ed organizzazioni che si rifanno all’ideologia fascista dimostrano”. “Io non credo alle memorie condivise, perché in un paese libero le memorie non possono esserlo. Come fa la famiglia di un fascista ad avere la stessa memoria di quella di un partigiano?”. Ma se la memoria non può essere condivisa, la storia deve esserlo, perché essa si basa sui fatti, che non vanno edulcorati. In un paese che vive una crisi -ormai temo irreversibile- del sistema scolastico italiano ed in particolare della storia (con due ore alla settimana come si fa ad arrivare a toccare, ad esempio, le tematiche del nuovo millennio) il ruolo delle istituzioni, dei musei, di strutture educative è fondamentale. Ma per funzionare essi non devono essere solo propagatori di memoria ma di riflessione critica sulla storia”. “40.000 partigiani sono morti. Quei valori oggi li possiamo attualizzare solo se li storicizziamo e li rendiamo parte di una memoria critica”.

La Barni osserva che i manuali di storia spesso raccontano “troppa storia”, cioè una massa eccessiva di eventi, ma che spesso mancano di parte critica. Spesso i libri di testo -ma anche certi musei o mostre- raccontano la storia in modo accademico e autoreferenziale, senza pensare a chi quella storia la deve ricevere. E Pezzino risponde che “La public history deve essere frutto non solo dello studioso che sta per anni in archivio ma anche attenzione alla diffusione ad un pubblico più ampio di quello accademico e, secondo alcuni, anche coinvolgimento del pubblico nella stessa elaborazione dell’operazione storiografica”. Poi riprende dicendo che la sfida ora è fare rete. Ad esempio, non c’è un museo nazionale della Resistenza, ma tanti musei locali, perché la Resistenza è stata un fenomeno territorialmente radicato. Ma se li mettiamo in rete diventa una grande narrazione nazionale”. E anche la Barni interviene affermando che per combattere il campanilismo serve proprio fare rete.

Il dibattito slitta poi sul tema della democrazia. De Simonis giustamente ritiene che non è solo andare a votare e la Barni aggiunge che il problema è che molti italiani, di ogni età, non vanno più a votare. Provocatoriamente Pezzino, sorridendo, ammette “dopo certi esiti elettorali, penso che era meglio il dispotismo illuminato del Settecento!” e poi osserva (in risposta ad una domanda del pubblico sulla fiducia nella democrazia oggi) “Un grosso limite sta nelle scelte politiche in campo culturale: sia governi di centrodestra che di centrosinistra hanno tagliato la porzione di PIL dedicata alla cultura”, e la Barni, con scoramento, cita qualche sconcertante dato “il 70% della popolazione italiana non è mai andata ad una mostra o ad un museo e il 60% non ha mai letto un libro né è entrata in una biblioteca”.

Uno spettatore conclude con una metafora “la cultura non è un vaso chiuso, altrimenti diventa una palude, ma un lago che ha un immissario e un emissario, cioè la democrazia è un contenitore in cui ognuno dà qualcosa, è uno scambio di idee fra i popoli”.

Dopo cena la narrazione di Maurizio Maggiani, dedicata ad un amore, nato in un campo di lavoro nazista nella Bassa Sassonia, fra una diciottenne dattilografa cattolica polacca, rapita dalle SS, e un deportato politico, sarto, socialista di Monterosso, coronato con un matrimonio improbabile nell’aprile del ’45, immediatamente dopo la liberazione del campo. Mentre Maggiani narra, è proiettata sullo sfondo la loro foto, seppiata, con lui, bello, in piedi che indossa  un abito ricavato da un’uniforme delle SS e lei, a sedere, con un vestito da sposa fatto con la stoffa di un paracadute e un mazzo di fiori di carta velina reperita nel lager.

Per concludere un concerto di Andrea Appino, degli Zen Circus: bella voce, bella presenza scenica in grado di attirare il pubblico, riccioli ribelli e chitarra acustica. Sorseggiando l’amaro partigiano, creazione alcolica degli Archivi della Resistenza e del liquorificio sociale RI-MAFLOW,  intona alcune sue canzoni. Il pubblico più giovane le intona entusiasta le sue canzoni, quello meno giovane batte le mani a tempo, divertito e coinvolto.

Si spengono tardi le luci sul castagneto, la musica, con gruppi meno continua fino quasi alle tre di notte. All’una parte l’ultima navetta, ma poi inizia il trasporto clandestino….resistente anch’esso.




Il MUME ha festeggiato il suo primo compleanno!

Il MUME, il Museo della Memoria di San Miniato, spegne la sua prima candelina, e lo fa con lo storico Paolo Pezzino, Presidente del Ferruccio Parri, la rete degli Istituti Storici della Resistenza e dell’Età contemporanea.

Il museo, che non a caso ha trovato sede nella ex casa del fascio e della gioventù littoria, è costituito da una sala con alcuni pannelli multimediali, teche con stampa di epoca fascista -ad esempio La difesa della razza e vari abbecedari- e diari di alcuni antifascisti locali fra cui Giuseppe Gori e i cosiddetti “quadernini neri” che il padre di Giani (l’attuale presidente del Consiglio Regionale, che è intervenuto nelle celebrazioni) ha scritto a 18 anni, nel ’44, quando si nascose per 40 giorni nel tunnel-rifugio scavato nel tufo della collina di San Miniato. Pannelli illustrano poi la storia di San Miniato dalla Seconda Guerra Mondiale alla libertà.

I festeggiamenti per il primo compleanno del MUME erano stati preceduti, la scorsa settimana, da una conferenza, sempre di Paolo Pezzino, sui fatti del Duomo: il 22 luglio 1944, 55 persone morirono nella strage del Duomo di San Miniato a causa di una granata sparata -si discute ancora- dal 337º Battaglione d’artiglieria campale statunitense (versione dei fatti più accreditata dal 2004) o dalle truppe tedesche della Terza Divisione granatieri corazzati, allora in ritirata dalla cittadina (come sostiene ancora il Professor Pezzino).

La memoria deve fondare le sue radici nella conoscenza storica”, esordisce Pezzino, il quale auspica che il MUME aderisca alla rete “Paesaggi della memoria”, che riunisce 25 realtà museali in Italia, ad esempio la Fondazione Fratelli Cervi, il Museo Monumento al Deportato di Carpi, il Museo diffuso della Resistenza a Torino e, per venire alla nostra Regione, il Museo della Resistenza a Fosdinovo, quello della Deportazione di Prato, le Stanze della Memoria di Siena. “La Resistenza non ha unificato la memoria degli Italiani” afferma Pezzino “fare rete serve a questo, a unire i frammenti di una storia nazionale”.

In Italia manca ancora un museo della Resistenza, sebbene essa sia stata il più grande impegno civile della storia nazionale, perché alla fine della guerra l’Italia non è riuscita a riunirsi intorno alla memoria e alla condivisione ma si è divisa e ha fatto poco per sradicare il fascismo dalla coscienza degli Italiani”.

Ma evidentemente , anche pensando alle controversie relative alla costruzione del Museo della Resistenza a Milano, nella Casa della Memoria, sede attuale del Ferruccio Parri, la memoria della Resistenza resta divisa, perfino in seno a coloro che dovrebbero preservarla e onorarla.




Regione Toscana: Concorso pubblico per laureati di atenei toscani dal 2014 al 2018

Si informa che è stato bandito dalla regione Toscana un concorso pubblico per laureati in atenei toscani che abbiano discusso una tesi di laurea magistrale avente per oggetto lo studio dei seguenti fenomeni:

criminalità organizzata, violenza politica, stragismo, terrorismi e poteri occulti in Italia.
La partecipazione è riservata a coloro che hanno discusso le tesi nel periodo 1° gennaio 2014 – 31 dicembre 2018 presso gli Atenei o gli Istituti universitari statali ad ordinamento speciale della Toscana.

E’ prevista l’assegnazione di tre premi di laurea da 1.000 euro ciascuno ed il termine ultimo per presentare la domanda è fissato alle ore 13 del 30 settembre 2019.

Per maggiori informazioni sul bando e sulle modalità di partecipazione: www.regione.toscana.it/premio-laurea