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“Eravamo tanto amati” presentazione a Viareggio a cura dell’ISREC Lucca

Nella cornice Liberty di Villa Argentina, a Viareggio, mercoledì 17 marzo aprile si è tenuta la presentazione del libro Eravamo tanto amati, a cura dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Lucca. Alla presentazione è stato presente uno dei tre autori, Domenico Guarino, scrittore e giornalista professionista che lavora prevalentemente a Contro Radio/ Popolare Network. Gli altri autori sono Andrea Lattanzi, giornalista pubblicista e videomaker, e Andrea Marotta, giornalista di Rai TGR Toscana.

Eravamo tanto amati è sia un libro sia un documentario di circa un’ora e mezzo. Il titolo è un sentito omaggio al film di Ettore scola C’eravamo tanto amati ma soprattutto usa l’imperfetto rivolto al futuro  per cercare di capire dove sta andando oggi la sinistra.

Il libro si articola in 24 interviste rivolte a politici, amministratori, docenti universitari, giornalisti, personaggi dello spettacolo e della cultura. Tutti gli intervistati vengono dall’alveo del Partito comunista Italiano tranne Nogarin, sindaco attuale di Livorno del Movimento 5 Stelle. Tuttavia egli è stato interpellato proprio perché nella sua città è nato nel 1921 Il Partito comunista. Nogarin dichiara “non è mia intenzione speculare o approfittare della questione morale, però c’è un dato di fatto: c’è un solo movimento in Italia a dibattere oggi questo tema posto così autorevolmente da Berlinguer, così intensamente. E sono i 5 Stelle. Per noi non significa solo ‘io non violo la legge’; il problema etico vuol dire riconoscere e affrontare le buone cose fatte nell’interesse collettivo a prescindere da chi le abbia davvero proposte. Oggi sono i bisogni e non più le appartenenze ideologiche ad aggregare le persone e noi dobbiamo muoverci di conseguenza”. E l’attuale presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, nella sua intervista, riconosce che la sinistra ha perso perché ha tralasciato  proprio la questione morale, regalandola ai 5 Stelle. Sempre Enrico Rossi dichiara “l’errore comincia con la nascita del PDS; tutte le energie del dibattito furono concentrate sul nome, sarebbe bastato aggiungere al PCI la parola democratico -come in fondo era sempre stato- e invece nel lessico del PD il socialismo al di là della facciata non è mai entrato… il PD sancisce l’abbandono di quella ‘ossessione dell’uguaglianza’ che, dal 2008, con la crisi del capitalismo ci sarebbe invece tornata utilissima”. Tra gli intervistati si notano le assenze di Benigni, impegnato negli Stati Uniti, Renzi e D’Alema, che si sono sottratti continuamente all’incontro.

Eravamo tanto amati, partendo dalle voci del popolo dell’ex PCI, è un’analisi giornalistica a più voci per capire il futuro della sinistra italiana a 30 anni dalla svolta della Bolognina il 12 novembre 1989, quando il più grande Partito comunista d’Europa decise di cambiare nome ed iniziare una metamorfosi. Molti rammentano come il cambio del nome abbia monopolizzato il dibattito e l’attenzione a scapito dei contenuti, eppure tutti concordano sul fatto che la scomparsa della parola comunista abbia poi costituito -nel bene e nel male- il senso di quel cambiamento. E la maggior parte dei pareri sono critici. L’ architetto Monica Sgherri sostiene “l’unico risultato della svolta è stata la scomparsa di un soggetto che, pur con i suoi 3000 difetti, portava i diritti e lo stato sociale a un livello altissimo”.  Alessandro Benvenuti, attore e regista, riuscendo come sempre a strappare un sorriso, dichiara “io sono di sinistra perché il cuore batte a sinistra, quindi sono normale!”, poi, divenuto serio, afferma “la svolta della Bolognina è stata una frattura tra passato è presente; capii subito che se chi fosse rimasto indietro sarebbe invecchiato parecchio e chi si fosse proiettato nel futuro si sarebbe perso del tutto; il mio non è un giudizio ma una constatazione perché in quel momento è svanito un mondo”. C’è chi guarda il PD come al tradimento assoluto di quella tradizione comunista. Graziano Cioni, intervistato, afferma: “c’era un solo PCI e tanti PCI; uno solo nonostante le varie anime e correnti la cui autorità non veniva mai messa in discussione”. Adesso purtroppo l’eredità del PCI latita a qualsiasi livello e manca la capacità di suscitare rispetto, quel rispetto che il PCI si vedeva riconosciuto, primi tra tutti, dai suoi avversari (si vedano, ad esempio, le parole di stima di Almirante nei confronti di Berlinguer non appena saputa la notizia della sua morte).  Fabio Evangelisti, segretario provinciale del PCI di Massa Carrara e poi segretario regionale di Italia dei Valori, sostiene che questo accadeva perché “il PC era un partito identitario ed empatico, il PD oggi è antipatico e antitetico rispetto ai bisogni delle persone”. Sulla stessa scia il professore di storia contemporanea presso l’Università degli studi di Firenze Giovanni Gozzini il quale dice “il partito era la vera famiglia…”, “credo che la maledizione del dopo il Berlinguer sia stata l’ incapacità di produrre cultura politica”. Noi di sinistra non ci riconosciamo più in maniera identitaria nei vari rivoli in cui è sfociato o si è strozzato il PCI. Questa identificazione si trova forte ora di partiti come la Lega o i 5 Stelle. Non a caso il 35% di chi nel 1987 aveva votato per l’ultima volta Partito comunista oggi ha scelto proprio il Movimento 5 Stelle. Il PCI era un partito interclassista, adesso gli operai votano Lega, il PD è votato solo dal ceto intellettuale o borghese. Ancora Benvenuti afferma “Oggi il PD è come il PSI di Craxi: accontenta le persone del ceto medio”. Questo perché il PD non sa parlare con le periferie, perché viviamo in una fase di smarrimento, perché la società è cambiata e la sinistra non è riuscita a intercettare il cambiamento. Sulla stessa linea asserisce Mario Ricci (segretario provinciale del PCI Massa Carrara e poi segretario regionale di Rifondazione Comunista) “l’errore è stato di voler dirigere le masse anziché coinvolgere gli operai come protagonisti”. Oggi anche in Toscana, in cui un tempo Il PCI aveva raggiunto il 70% e deteneva quasi dovunque la maggioranza assoluta, gli eredi di quella tradizione comunista, nata proprio a Livorno nel 1921, vacillano: cos’è accaduto in questi anni? la svolta lanciata nel 1989 all’indomani della caduta del muro di Berlino ha tradito le aspettative? È possibile riconquistare poi consenso? Gli autori hanno cercato queste risposte proprio nella rossa, forse ex rossa, Toscana tra alcuni dei protagonisti di allora e di oggi. L’ultima intervista è a colui che è stato segretario del PCI al momento della svolta della Bolognina, cioè Achille Occhetto, che alla domanda “eravamo tanto amati?” risponde di sì ma al contempo anche odiati. Poi però l’ultimo segretario del PCI e il primo del PDS afferma che ha voluto voltare pagina dichiarando “non mi piacciono gli Amarcord”. Aggiunge poi “né io né Gorbaciov eravamo tanto potenti da far crollare il comunismo ma abbiamo dovuto gestire il suo crollo”. Quasi si giustifica dichiarando “scelsi di andare alla Bolognina perché, per me, i partigiani furono degli straordinari apostoli della libertà. Dopo la caduta del muro di Berlino ebbi la certezza che quei mondi divisi dalla Cortina di ferro avrebbero potuto tornare al dialogo. Il problema è che nel frattempo è cambiata la società su quella nostra cultura si era formata”. Contro gli Amarcord è anche Michele Ventura, che all’epoca della Bolognina era vicesindaco di Firenze e poi è diventato vicecapogruppo PD alla Camera dei deputati; nella sua intervista dichiara: “non bisogna pensare a quella stagione con nostalgia perché è irripetibile; oggi la frammentazione della società ci obbliga a rintracciare le persone in modi diversi da allora”. Domenico Guarino ci ricorda che la sinistra deve seguire, adesso come sempre, i cardini della rivoluzione francese e poi ci saluta con le parole del presidente Pepe Mujica, che ha risollevato e modernizzato l’Uruguay. Egli, guardando alla crisi della sinistra anche nel continente sudamericano, dove grandi erano state le speranze degli ultimi 20 anni, dice “la sinistra non perde mai, ha delle pause e poi riparte, perché, quando lotti per il popolo e per il benessere, lotti per l’umanità”.




Online il trailer del film “Pistoia 1944”

Silvano Fedi, morto a 24 anni nella lotta contro il nazifascismo, e gli altri giovani pistoiesi che lo affiancarono nella Resistenza. Su di loro e sulle vicende della loro formazione – le Squadre Franche Libertarie – si incentrerà il film “Pistoia 1944”, realizzato da quattro giovani registi. L’ISRPt, che ha patrocinato la produzione, ha fornito consulenza storica durante le riprese. Il film, di cui è visibile il trailer all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=0XFSUcZL5Qw, è stato prodotto grazie al crowdfunding.




Direzione Mauthausen. L’ISRT protagonista del “Progetto Memoria” della Città metropolitana di Firenze

Anche quest’anno la Città metropolitana di Firenze ha affidato all’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea la formazione dei docenti e degli studenti che parteciperanno al viaggio studio a Mauthausen del prossimo maggio, organizzato e sostenuto dalla stessa Istituzione, all’interno dell’ultradecennale Progetto memoria varato e condotto dalla Provincia di Firenze.

Per finalità e programma del corso: http://www.istoresistenzatoscana.it/2019/04/06/direzione-mauthausen-lisrt-protagonista-del-progetto-memoria-della-citta-metropolitana-di-firenze/

L’Isrt svolge anche la formazione degli studenti medi e superiori che parteciperanno al viaggio a Mauthausen promosso dai Comuni dell’Empolese-Valdelsa e da ANPI sezione Empolese-Valdelsa.




Intitolato a Ivano Tognarini l’Archivio storico del Comune di Piombino

A 5 anni dalla scomparsa, la città di Piombino ha deciso di dedicare l’Archivio storico, uno dei principali luoghi di cultura del proprio territorio, al suo illustre concittadino, Ivano Tognarini a conferma del fecondo legame fra lo studioso e il territorio natio. Proprio nella sua città, Tognarini matura la convinzione del legame indissolubile fra ricerca storica, impegno politico e azione civile. Forte dei valori familiari (il padre Federigo era stato partigiano) indirizza i suoi studi verso la storia della Resistenza e dell’antifascismo, ma indaga anche l’archeologia industriale e mineraria. Docente di Storia moderna all’Università di Siena, è stato per molti anni presidente dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana. Grazie ai suoi studi riuscì a far conferire a Piombino prima la medaglia d’argento e poi la medaglia d’oro al valor militare.




Allarme e sdegno della rete degli Istituti della Resistenza per la manifestazione di FN a Prato

La rete degli Istituti storici della Resistenza e dell’Età contemporanea della Toscana esprime allarme e sdegno per il nullaosta concesso alla manifestazione promossa da Forza Nuova, a dispetto dei divieti sanciti dalla Costituzione e da importanti provvedimenti di legge della Repubblica italiana tuttora in vigore.

L’allarme è tanto più grave quanto più, proprio nel centenario della fondazione dei Fasci che si è voluto celebrare, l’esperienza storica ci ricorda che i cedimenti e le complicità degli apparati dello Stato e di tante forze politiche hanno favorito, se non addirittura determinato, la fine delle garanzie dello Stato liberale e l’ascesa del fascismo.

Sta alla vigilanza e alla mobilitazione dell’opinione pubblica e delle forze democratiche contrastare adeguatamente il riproporsi di queste derive.

 




Farestoria – Call for paper 01/2019

L’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Pistoia ha deciso di riprendere, nel corso del 2019, le pubblicazioni della propria rivista, Farestoria, recuperando la tradizione del precedente omonimo periodico pubblicato dal 1981 al 1998 e lanciando una nuova serie che andrà a sostituire i Quaderni di Farestoria, usciti dal 1999 al 2018. La scelta è l’esito di un processo di rinnovamento interno all’Istituto e nella Redazione della rivista, che con l’occasione diventerà anche semestrale.

Per rimarcare la novità la Redazione ha scelto di lanciare una Call for paper per il primo numero, la cui uscita è prevista per luglio 2019 e che sarà incentrato sul fascismo italiano, stante la ricorrenza del centenario della fondazione dei Fasci di combattimento nel 1919.

Il tema individuato è quello della violenza, nella duplice accezione di violenza fascista e di violenza nel fascismo. Un aspetto che negli ultimi anni ha catturato un rinnovato interesse da parte degli studiosi e del quale la rivista si propone di presentare una rassegna.

Ereditata, praticata, celebrata, esaltata, teorizzata, osannata, raccontata, mitizzata ed infine negata, la violenza sta alle origini del fascismo stesso, quando lo squadrismo ne fece in maniera inedita uno strumento e un linguaggio politico dirompente. Lungo tutto l’arco dell’esperienza storica del movimento mussoliniano, da piazza San Sepolcro al crepuscolo della RSI, la violenza è stata un elemento centrale, declinato in forme diverse e rinnovatosi più volte, tanto dell’ideologia che della prassi politica del fascismo, sia come movimento politico che come Stato.

Quali e quante furono le sue forme specifiche, gli ambiti di azione e le sue declinazioni in epoca fascista? Quali equilibri si realizzarono storicamente fra gli obbiettivi politici ricercati attraverso la violenza e la propensione connaturata dei fascisti e del fascismo al suo esercizio? Vi furono dei picchi temporali o settoriali nella concentrazione della violenza? Che bilancio storiografico possiamo trarre oggi dalle ricerche in merito?

Le linee di ricerca suggerite sono:

  • La rappresentazione della violenza nella pubblicistica, nel discorso pubblico e nei linguaggi visuali come la fotografia, il cinema, il teatro, i monumenti ecc.
  • La violenza nel sistema educativo e nella costruzione del consenso
  • La violenza in prospettiva di genere
  • La violenza come strumento di controllo politico e sociale
  • La violenza come arma di politica interna
  • La violenza come arma di politica estera
  • La violenza nello spazio coloniale e imperiale fascista
  • La violenza nazionalista e razzista
  • La violenza in guerra
  • La violenza nei sistemi di internamento fascisti
  • La ritualità e il culto della violenza

Le proposte, di un massimo di 3000 caratteri spazi inclusi più un titolo, dovranno pervenire entro il 10 aprile 2019 insieme a un breve curriculum (2000 caratteri).

Alle persone selezionate sarà data tempestiva comunicazione dell’esito della selezione entro una settimana circa, insieme con le norme redazionali. Il lavoro finale, tra i 20 e i 50mila caratteri, dovrà essere consegnato entro il 3 giugno 2019 .

Le proposte dovranno essere inviate all’indirizzo mail: ispresistenza@tiscali.it

 




Si è spento Ugo Jona combattente partigiano e presidente dell’ANFIM Toscana fino al 2001

Si è spento a 106 anni compiuti, Ugo Jona combattente partigiano e presidente dell’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri Toscana fino al 2001, svolgendo un costante impegno a tutela delle famiglie colpite dalle stragi naziste così da preservare la memoria di quei tremendi fatti.
Instancabile testimone presso le scuole per oltre 60 anni, ha raccontato le atrocità commesse da nazisti e fascisti in Italia negli anni della dittatura e dell’occupazione, Jona è stato autore di numerosi volumi e dispense che ancora oggi, dopo decenni, restano testimonianze preziose per la ricostruzione degli eccedi compiuti in Toscana fra il 1943 ed il 1944.




Giuseppe Matulli succede a Simone Neri Serneri alla presidenza dell’ISRT

Si è riunito ieri (martedì 5 marzo) il Consiglio direttivo dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’età contemporanea, a fronte delle dimissioni del presidente Simone Neri Serneri per motivi di salute. Lo stesso presidente uscente ha proposto al direttivo di eleggere Giuseppe Matulli (che ricopriva la carica di vice  presidente) motivandola con la sua esperienza amministrativa e politica, oltre che con le sue caratteristiche personali, ritenute idonee a guidare l’Istituto fino alla scadenza naturale del mandato consiliare nel giugno del 2020.

Il Consiglio direttivo dell’ISRT, preso atto delle dimissioni di Neri Serneri e accogliendone la proposta, ha eletto presidente dell’Istituto Giuseppe Matulli e, su proposta di questi, vicepresidente il prof. Mario G. Rossi.

 Il presidente eletto ha rilasciato la seguente  dichiarazione:

 “É nata all’improvviso e del tutto inaspettata la decisone di Simone Neri Serneri che, di fronte a problemi di salute che gli impongono, per un periodo non precisabile, di ridurre la propria attività, ha avuto la sensibilità di ritirarsi per evitare che l’attività dell’Istituto potesse subirne possibili conseguenze.

La correttezza di tale comportamento è stato apprezzato dal direttivo che ha anche sottolineato l’impegno profuso, nella lunga gestione dell’Istituto, da parte del prof. Neri Serneri e la mole dei risultati raggiunti, in tutti i settori di attività dell’Istituto: la gestione degli archivi, la ricerca e la didattica.

In queste condizioni la mia disponibilità, e la volontà del direttivo a raccogliere l’invito del prof Neri Serneri, ha significato oltre ad un atto di solidarietà umana e di apprezzamento per la sensibilità dimostrata, l’impegno comune a far proseguire l’attività dell’Istituto per affrontare questa improvvisa emergenza. La dimostrazione di questo impegno si ha avuto anche da parte del Prof. Mario G. Rossi (che vanta, oltre alla competenza di storico, l’esperienza e la conoscenza della vita dell’Istituto) che ha accettato di coprire l’incarico di vicepresedente.

Per l’Istituto si apre un periodo particolarmente impegnativo, perché oltre alla necessità di  mantenere il volume ed il livello di attività impostate e guidate dal presidente dimissionario, deve affrontare la necessità di un aumentato impegno della ricerca storica nei confronti di un periodo di particolare importanza nella storia del paese, come è stata la nascita della Repubblica e l’avvio dell’Italia Repubblicana. Un periodo ormai esterno al dibattito politico attuale, e quindi affidato all’autonomia e alla libertà della  ricerca storica. La delicatezza dell’impegno riguarda la necessità di evitare che il processo di trasformazione politica in atto, con caratteristiche e temi totalmente nuovi, ed ancora caratterizzato da un elevato grado di precarietà, non pregiudichi l’autonomie e il dovere della ricerca storica. Nella delicatezza del compito ci sostiene anche la consapevolezza che non ci mancherà comunque un impegno ed il consiglio dell’esperienza e della saggezza del Prof. Neri Serneri a cui vanno i più cordiali auguri.”.