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Scomparso Enrico Pieri, una vita per la conoscenza della strage di Sant’Anna di Stazzema

(ANSA) – SANT’ANNA STAZZEMA (LUCCA), 10 DIC – E’ morto, dopo una malattia, Enrico Pieri superstite dell’eccidio nazifascista di Sant’Anna di Stazzema (Lucca) del 12 agosto 1944, era nato il 19 aprile 1934.

Era presidente dell’Associazione Martiri Sant’Anna Stazzema, ha dedicato tutta la vita a far conoscere la strage ed ha perfino donato all’associazione la sua casa d’infanzia, la stessa in cui fu sterminata la sua famiglia (i genitori, due sorelle, nonni, zii, cugini), luogo dove favorire incontri e dare spazio alle delegazioni di studenti e ricercatori che si recano a Sant’Anna per informarsi e approfondire la conoscenza storica di quegli eventi.

Enrico Pieri aveva 10 anni quando riuscì a salvarsi dallo sterminio. Era commendatore dell’ordine al merito della Repubblica Italiana conferito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La Repubblica Federale Tedesca lo ha insignito del cavalierato insieme ad Ennio Mancini altro superstite della strage. La sua vita lo ha visto impegnato in prima linea anche nelle scuole, per divulgare quanto accaduto a Sant’Anna il 12 agosto 1944 ed anche se le sue condizioni di salute erano ormai precarie fino all’ultimo ha voluto essere in prima linea e farsi testimone di quella barbarie a cui era sopravvissuto.

Estratto da articolo redazione ANSA 10 dicembre 2021.




Call for papers: 1922. La provincia in marcia: attori, percorsi, narrazioni

Call for papers: 1922. La provincia in marcia: attori, percorsi, narrazioni

In occasione del centenario della Marcia su Roma del 1922, l’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea (ISRT), insieme alla rete toscana degli istituti, promuove l’invio di contributi (Call for papers) per un convegno nazionale – da tenersi a Firenze nell’autunno 2022 – per discutere delle ricerche sul 1922 e le sue eredità. Il focus sarà sull’area toscana, in stretto dialogo con altre realtà territoriali e con il quadro nazionale.

Si invitano pertanto le persone interessate a inviare delle proposte sui temi di discussione che corrisponderanno a quattro sessioni della giornata di studio:
1. In marcia verso Roma: provenienza e dimensioni, strategie militari e politiche, logistica.
2. Attori della Marcia: chi parte, chi resta; uomini e donne; istituzioni; forze dell’ordine; società civile; associazionismo culturale, sociale, politico (massoneria ecc.); le opposizioni individuali e collettive.
3. L’ impatto e la ricezione della Marcia nella vita quotidiana.
4. Narrazioni ed eredità della Marcia.

Le proposte di intervento (massimo 500 parole) dovranno essere accompagnate da un breve CV del proponente. È particolarmente incoraggiata la partecipazione di giovani ricercatori.
Le proposte devono essere inviate al seguente indirizzo isrt@istoresistenzatoscana.it, entro il 15 marzo 2022. Le decisioni del Comitato scientifico verranno comunicate entro il 30 aprile 2022.

Il Comitato scientifico è composto da Andrea Baravelli, Roberto Bianchi, Paul Corner, Valeria Galimi, Stefano Maggi, Francesca Tacchi.




Grande perdita per la storiografia: è morto Enzo Collotti

Ci ha lascito oggi all’età di 92 anni Enzo Collotti, tra i più autorevoli storici del secondo conflitto mondiale, dei crimini del nazifascismo e della Resistenza, accademico italiano che ha insegnato Storia contemporanea alle Università di Firenze, Bologna e Trieste,, maestro per diverse generazioni di studiose e studiosi. Fra i più importanti storici italiani ed europei nello studio della Germania nazista e della Resistenza italiana, innumerevoli le sue pubblicazioni, essenziali i suoi studi per comprendere dinamiche e protagonisti dell’occupazione nazista in Italia, quindi delle persecuzioni antisemite, delle deportazioni contro ogni stereotipo. Maestro di rigore e di critica, attento al valore civile della conoscenza storica.
Era nato a Messina nel 1929, si era laureato in Giurisprudenza con una tesi sul tema del lavoro nella Costituzione italiana e aveva insegnato anche presso gli atenei di Bologna e Trieste, oltre che a Firenze dove aveva concluso la sua carriera e dove è rimasto punto di riferimento per docenti e studiosi fino alla fine.




DISCRIMINARE, IMPRIGIONARE, ANNIENTARE. L’Italia fascista nell’Europa del Terzo Reich. Corso formazione docenti verso Giorno della Memoria.

CORSO DI AGGIORNAMENTO PER DOCENTI DELLE SCUOLE SECONDARIE DI SECONDO GRADO
DAL 7 OTTOBRE AL 16 DICEMBRE 2021
EVENTO FINALE 27 GENNAIO 2022 – GIORNO DELLA MEMORIA
 ISCRIZIONI FINO ALLE ORE 15.00 DEL 6/10/2021 compilando il modulo al seguente link: https://forms.gle/M7q4ugSzzh2NGDyF9 ∼
Il corso si divide in due tipologie di MODULI: LEZIONI e DIALOGHI.

Le LEZIONI, tenute da docenti universitari, sono a frequenza obbligatoria e prevedono 40 minuti di relazione del docente e 50 minuti di confronto tra l’esperto e i corsisti con proposte di approcci utili a costruire attività didattiche in classe. Si svolgeranno sulla piattaforma MEET di Google e sono riservate agli iscritti al corso.
Per chi desidera assistere alle lezioni è possibile ricevere il link delle registrazioni compilando il MODULO per la richiesta di accesso.

La partecipazione ai DIALOGHI è facoltativa e aperta a tutti, studenti compresi. Saranno disponibili in diretta streaming anche per i non iscritti sui canali FACEBOOK e YOUTUBE del Museo della Deportazione e Resistenza di Prato.
L’EVENTO FINALE – il cui programma dettagliato è in corso di definizione – sarà trasmesso in diretta streaming attraverso i canali social della Regione Toscana.
Sulla piattaforma CLASSROOM di Google (per gli iscritti al corso) e sul sito del Museo della Deportazione e Resistenza di Prato (accessibile a tutti) sono disponibili materiali per approfondimenti.
INTRODUZIONE AL CORSO – LEZIONE 1 07-10-2021
LEZIONE 2 – DIANELLA GAGLIANI 14-10-2021
21-10-2021 ALLE RADICI DEI NEOFASCISMI – DIALOGHI-I
LEZIONE 3 – NICOLA LABANCA 28-10-2021
04-11-2021 INTELLETTUALI IN FUGA – DIALOGHI-II
11-11-2021 CAMPI DI CONCENTRAMENTO IN ITALIA? – DIALOGHI-III
LEZIONE 4 – PAOLO PEZZINO 18-11-2021
25-11-2021 LE SCELTE DELLA RESISTENZA – DIALOGHI-IV
LEZIONE 5 – FREDIANO SESSI 02-12-2021
09-12-2021 I CONTI CON IL FASCISMO – DIALOGHI-V
LEZIONE 6 – IL MEMORIALE IN ONORE DEGLI ITALIANI ASSASSINATI NEI CAMPI NAZISTI 16-12-2021




Comune di Empoli: avviso di selezione pubblica per una ricerca storica sui “Volontari della libertà”

Il Comune di Empoli intende procedere al conferimento di un incarico di ricerca storica sui “Volontari della libertà” empolesi che partirono dalla Città nel febbraio 1945. La scadenza per la presentazione della domanda è il 30 settembre alle ore 13:00.

Maggiori informazioni al seguente indirizzo:
https://www.empoli.gov.it/avviso/avviso-di-selezione-pubblica-il-conferimento-di-un-incarico-di-ricerca-storica-sui-volontari




La presentazione pisana del libro “I partigiani della Wehrmacht”.

Presso la Domus mazziniana, a Pisa, martedì 6 settembre alle ore 18, si è tenuta la presentazione del libro I partigiani della Wehrmacht. Disertori tedeschi nella Resistenza italiana, a cura di Mirco Carrattieri e Iara Meloni, Piacenza, Le piccole pagine, 2021, alla presenza dei curatori.

 Il libro è una raccolta di saggi, frutto di un lavoro collettivo di 16 ricercatori fra Italia e Germania, che hanno ricostruito tredici storie di diserzione individuale o collettiva: uomini che si unirono ai partigiani per convinzione, per stanchezza o per reazione alle stragi commesse dai nazisti.

L’iniziativa si svolge sotto il patrocinio di Domus Mazziniana, ANPI, Istituto per la Storia della Resistenza e l’Età Contemporanea di Lucca e Istituto Nazionale Ferruccio Parri.

Introduce l’evento Pietro Finelli, Direttore della Domus mazziniana, che presenta il libro, sottolineando già come il titolo sembri quasi un ossimoro. Bruno Possenti, in rappresentanza dell’ANPI, evidenzia come l’argomento trattato sia una pagina poco conosciuta della storia della seconda guerra mondiale ed un tema ancora poco discusso: “se pensiamo ai partigiani ci vengono in mente quelli delle bande”.

Francesco Fusi, collaboratore dell’ISRT, sottolinea che “il libro raccoglie la sensibilità di una tradizione storiografica recente, mettendo in luce come la Resistenza in Italia non fu un fenomeno esclusivamente nazionale”.

Modera il pomeriggio di studio Andrea Ventura, direttore dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Lucca, il quale ricorda che la bibliografia sui soldati tedeschi che scelgono di combattere per la libertà dell’Italia è scarsa e anche nella letteratura e nel cinema i tedeschi sono rappresentati come i “cattivi” per antonomasia, come il “nemico assoluto”. Chiede poi alla curatrice Iara Meloni chi fossero i partigiani della Wehrmacht. “È difficile tracciare un quadro generale, perché chi diserta non vuole lasciare traccia. Su un milione di soldati tedeschi in Italia circa 10000 subiscono processi per diserzione e di questi circa 1000 si uniscono ai partigiani, alcuni perché già prima di partire per la campagna di Italia avevano maturato posizioni antinaziste, altri per motivazioni religiose, altri ancora perché stanchi della vita militare, qualcuno anche perché aveva conosciuto una donna e voleva trascorrere una vita in pace con lei”. “Quasi nessuno di loro ha ottenuto onorificenze e attestati da partigiano, vuoi per la difficoltà, anche linguistica, della procedura per ottenerla, vuoi perché, una volta tornati in patria, non volevano mettere in luce la loro militanza con il nemico. Così la maggior parte dei Tedeschi che aveva scelto di fare il partigiano han chiuso le sue memorie nel cassetto, e sono solo i figli che le hanno tirate fuori”. “Chi di loro, tornato in patria ha parlato della esperienza partigiana, ha ammesso che essa sia stata importante e fondante per la propria vita successiva. Molti dei disertori tedeschi sono infatti rimasti in Italia e tanti vi sono morti.

La parola passa poi a Martina Mengoni, autrice di uno dei saggi, in cui è ricostruita la vicenda biografica di Heinz Riedt che è partigiano a Padova con la brigata trentina, noto in Italia perché ha curato la traduzione in tedesco nel 1959 di Se questo è un uomo, per la casa editrice Fischer di Francoforte. Lungo e ricco è il suo carteggio con Primo Levi. I documenti della sua storia partigiana sono stati causalmente rinvenuti in biblioteca a Padova. Riedt, di padre tedesco e madre francese, vive l’infanzia in Italia come figlio di un diplomatico tedesco. Tornato in Baviera nel 1939, viene arruolato dalla Wehrmacht e lavora in un campo di prigionieri in Alsazia come interprete. Chiamato come traduttore nella stesura del trattato di resa della Francia, non se la sente e, connivente un medico, si fa riformare. Nel 1942 arriva a Padova come studente universitario ed entra fra i partigiani con il nome di battaglia Marino, svolgendo mansioni di controspionaggio. Dopo la guerra, sceglie di vivere a Berlino est lavorando come traduttore di opere letterarie e di film e collaborando con Brecht.

La sua biografia è esemplare per chi ha scelto convintamente di combattere contro i compatrioti accecati dall’ideale nazista.

Interviene poi l’altro curatore, Mirco Carrattieri, Direttore dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, il quale sottolinea che le fonti sui disertori e sui partigiani tedeschi sono frammentarie e neppure il Ricompart può fornire dati esaustivi, anche se in esso sono citati circa 100 nomi di partigiani tedeschi e circa 400 di altre nazioni. Altre fonti sono le fotografie: nel libro ne sono state inserite una ventina. Sui disertori fonti utili sono quelle alleate.

La presentazione del libro è affidata a Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri: “trovo il libro molto interessante, poiché è il primo che affronta in maniera organica la tematica dei disertori e partigiani tedeschi in Italia, sebbene nella forma di case studies e di raccolta di biografie, che conferiscono al libro una struttura polifonica”. Lutz Klinkhammer, nella prefazione, collega i partigiani della Wehrmacht al fallito colpo di stato contro Hitler del 20 luglio 1944.

Disertare non vuol dire diventare partigiani, che è una scelta estrema che compie l’1% dei soldati tedeschi, ma è comunque una scelta drastica, compiuta dal 10% dei membri della Wehrmacht (anche se il numero pare sottostimato), difficile per la comunicazione con le famiglie, per la paura delle ripercussioni su di esse e per le gravi sanzioni a cui loro stessi andavano incontro se ritrovati dagli ex commilitoni. Pavone sostiene in Una guerra civile che la diserzione per i tedeschi fosse l’unica strada di salvazione. Ma non sempre la diserzione è una scelta politica. A volte lo si fa per stanchezza della guerra, a volte anche per caso o per le circostanze, a volte per discriminazione da parte dei commilitoni. Talvolta i disertori hanno fatto anche il doppio gioco, infiltrandosi fra i partigiani. Quindi erano guardati con diffidenza.

Il libro contribuisce a far luce su una storia dimenticata e a smantellare gli stereotipi nazionali della memoria pubblica che si è rifiutata a lungo di riconoscere la presenza dei disertori nelle file della Resistenza anche perché smentisce la tendenza a demonizzare il “cattivo tedesco” utile ad assolvere il “bravo italiano”, per usare le parole di Filippo Focardi.




Lectio di Paolo Pezzino per la chiusura del Festival Fino al cuore della Rivolta 2021

“Questa domenica in Settembre” direbbe Guccini, il 5, “Fra i castagni dell’Appennino” (in realtà della Lunigiana) si è concluso il Festival Fino al cuore della Rivolta, presso il Museo audiovisivo della Resistenza a Fosdinovo.

Il gran finale ha coniugato cultura e musica, come è nell’anima del Festival. Sono stati celebrati i 700 anni dalla morte del Sommo Poeta con Maria Antonietta che ha magistralmente interpretato il Canto XXVII dell’Inferno con uno spettacolo dal titolo L’inferno di Guido. La musica è stata quella hard rock dei Little Pieces of Marmelade, conosciuti anche come LPOM, che sono stati capaci di attirare un pubblico giovanile.

Nella giornata conclusiva non poteva mancare Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, che ha un rapporto privilegiato con il Museo audiovisivo della Resistenza, di cui è il Direttore scientifico.

Il Professore ha tenuto una lectio brevis dal titolo Creare un museo nazionale della Resistenza in Italia: un’impresa impossibile? Questa domanda sembra apparentemente stupida, sostiene Pezzino.

A pensarci non c’è neppure un museo nazionale del Risorgimento. Anche se la Resistenza non è il secondo Risorgimento, come ancora qualcuno sostiene.

Gli elementi che ostano sono tre.

Il primo è che la Resistenza non è stato un momento di unità delle forze antifasciste dopo il ’45, non conservando la sua natura interpartitica. Questo perché dopo, nel clima di guerra fredda, alcuni partiti non hanno più rivendicato a partecipazione alla Resistenza ed essa è diventata un momento divisivo, come osservò Norberto Bobbio: “l’anticomunismo si è sostituito all’antifascismo”. Inizia addirittura una rivalutazione del fascismo e viene fondato l’MSI esplicitamente ispirato all’ultimo momento del fascismo. Poi l’antifascismo è passato di moda e ora c’è chi dice che Mussolini ha fatto anche cose buone. Berlusconi non ha mai celebrato il 25 Aprile tranne l’ultimo anno del suo governo. I 5 stelle sull’antifascismo non hanno mai detto una parola chiara, perché al loro interno convivono una anima di destra e una di sinistra, quindi non si indentificano con l’antifascismo. E ora ci sono forze politiche (Lega, Fratelli di Italia) che si richiamano, implicitamente o esplicitamente, all’esperienza fascista per rivalutarla.

Dunque, trattandosi di un museo nazionale, la spinta alla sua istituzione doveva venire dal governo, ma non è mai arrivata. Solo il Ministro Franceschini circa due anni fa ha annunciato a Milano un finanziamento per la creazione del Museo Nazionale della Resistenza.

Il secondo motivo “ostante” è che la Resistenza è stata per lo più un fenomeno locale, con bande che trovavano difficoltà a connettersi e a collegarsi a strutture più ampie, tranne che nell’ultimo periodo della lotta armata. Il ricordo che dunque se ne è voluto dare è localistico. Non si è sentito il bisogno di narrare complessivamente una storia così complessa. Questo spiega perché, sparsi sul territorio nazionale, ci sono decine di musei della Resistenza: uno è questi è quello di Fosdinovo, che pur essendo collegato alla realtà di Massa, Carrara, La Spezia, ha un afflato nazionale. Altri esempi sono casa Cervi, il museo della deportazione di Carpi, quello di Via Tasso, il museo diffuso di Torino… Insomma, la frammentazione rispecchiala realtà italiana.

E veniamo al terzo punto: il museo della Resistenza deve essere storico, non un memoriale dei partigiani e nel costituirlo, bisogna tenere conto della sua estrema complessità. Della Resistenza si è fatto il braccio armato del popolo italiano che dopo il 25 Aprile si era svegliato antifascista. Questa è una celebrazione retorica, non storica. Per allestire un museo storico della Resistenza deve essere affrontata la complessità di essa, quella complessità che ha magistralmente individuato Claudio Pavone parlando di tre guerre: una di liberazione nazionale, una civile, una di classe (quest’ultima in alcune zone di Italia, soprattutto in Emilia Romagna). La Resistenza non è sempre uguale cronologicamente né geograficamente. Molto diverse sono state anche le bande: comuniste, socialiste, del partito di azione, autonome, composte principalmente da militari, cattoliche etc.

Non bisogna dimenticare che alla Resistenza italiana hanno partecipato anche molti non italiani. A questo proposito si veda, ad esempio, il recente libro curato da Mirco Carrattieri e Iara Meloni Partigiani della Wehrmacht. Ma alla Resistenza italiana hanno aderito anche stranieri, ad esempio partigiani russi e cecoslovacchi, così come Italiani hanno partecipato alla Resistenze all’estero. Bisogna pure ricordare che c’è stata una Resistenza armata, una direzione politica che si esprimeva nei comitati di liberazione nazionale, e una resistenza civile.

Insomma, quello sulla Resistenza è un discorso complesso che necessità di una grande sforzo scientifico, e un grave impegno finanziario per costituire un museo storico nazionale che sia degno di tale nome.

Attualmente è in gestazione a Milano un museo nazionale della Resistenza, che dovrà sorgere accanto alla Fondazione Feltrinelli. È stato creato Consiglio di supervisione che comprende due rappresentanti del Comune di Milano, due del segretariato regionale per la Lombardia dei Beni Culturali in rappresentanza del Mibac, dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri che dovrà curare la progettazione scientifica. C’è poi un comitato di esperti nominato dalle varie associazioni, con il quale condividere il progetto museale.

Nonostante la volontà del Ministro Franceschini, per la creazione del museo permangono alcuni problemi organizzativi e finanziari: 25milioni di euro sembrano tanti, ma non lo sono se si considera che bisogna costruire un edificio nuovo. Inoltre bisognerà prevedere, come in tutte le principali realtà europee, un importante centro di documentazione con archivio e biblioteca.

Nonostante tutto, il Museo Nazionale della Resistenza dovrebbe venire alla luce nel 2024-2025.

Speriamo di realizzare una struttura all’altezza dei musei nazionali che troviamo all’estero, in grado di parlare a livello europeo di queste tematiche.




Una nuova donazione arricchisce l’Emeroteca ISRT con 2 riviste della prima metà del Novecento..

L’Emeroteca dell’ISRT – che raccoglie quotidiani, riviste, periodici storici del secolo scorso e le principali riviste di storiografia – ha ampliato il proprio patrimonio nel corso degli anni anche grazie a importanti donazioni da parte di privati.

Recentemente il patrimonio si è arricchito di due importanti riviste della prima metà del Novecento grazie alla donazione compiuta dalle signore Maria Rita e Roberta Ammannati in memoria della madre Clotilde Vesco.

Sono state infatti donate le collezioni complete e rilegate di “La lettura” rivista mensile del “Corriere della Sera” dal 1901 al 1952 e di “Noi e il mondo” rivista mensile de “La Tribuna” dal 1912 al 1931.