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Biblioteca città di Arezzo

Sede e contatti
Indirizzo: Via dei Pileati 8, Arezzo
Telefono: 0575 22849 / Fax: 0575 22849
E-mail: info@bibliotecaarezzo.it
Sito web: http://www.bibliotecarezzo.it/index.php
Orari di apertura: dal Lunedì al Venerdì 8.30-19.30, Sabato 8.30-13-30

Organi direttivi
Presidente: Alessandro Artini
Consiglio di Amministrazione: Francesca Chieli, Ciro Iannone
Dirigente: Roberto Barbetti

Breve storia e finalità
L’atto di nascita della Biblioteca della Fraternita dei Laici, che costituisce il fondo più antico e prezioso della Biblioteca Città di Arezzo, risale al 1609, quando il medico e filosofo aretino Girolamo Turini, nel 1602, lasciò per testamento alla Fraternita 2850 volumi e 15 manoscritti.
La Biblioteca incrementò il suo patrimonio librario quando vi confluirono le biblioteche dei conventi soppressi a seguito delle invasioni napoleoniche tra la fine del secolo XVIII e gli inizi del successivo. In seguito confluirono nella Biblioteca Fraternita dei Laici, frutto di acquisti, donazioni, lasciti testamentari, o affidamento in gestione, le biblioteche Redi (1830), Sforzi (1874), Fossombroni (1880), Fineschi (1910), Gamurrini (1920), Burali-Forti (1948) ed altre minori. A differenza di quelle Fineschi, Gamurrini e Burali-Forti, che mantengono una loro identità, le biblioteche Turini, Redi, Sforzi e Fossombroni sono confluite nei Vecchi Fondi Fraternita e sono identificabili attraverso gli ex libris e le note manoscritte di possesso.
La consistenza del materiale librario della Fraternita è documentata, negli anni, dagli inventari manoscritti compilati dal 1708 al 1939. Nel 1952 fu costituito il Consorzio per la Gestione della Biblioteca Città di Arezzo fra la Provincia di Arezzo, il Comune di Arezzo, la Fraternita dei Laici e l’Accademia Petrarca di Lettere Arti e Scienze.
La Fraternita dei Laici mise a disposizione del Consorzio la maggior parte del suo materiale librario, L’Accademia Petrarca la biblioteca Circolante, la biblioteca Dantesca Passerini, la cui sede però rimase presso l’Accademia, e le biblioteche Occhini e Landucci che le erano state affidate in gestione dal Comune di Arezzo, che ne è il proprietario. La Provincia e il Comune di Arezzo si impegnarono a garantire al Consorzio le risorse economiche necessarie per la conduzione della Biblioteca.
Con la nascita del Consorzio il materiale librario della Biblioteca si accrebbe notevolmente. Negli anni una parte del bilancio venne destinata all’acquisto dei libri in commercio. Nel 1954 il Comune di Arezzo concesse in affitto il Palazzo Pretorio come sede al Consorzio per l’insediamento della biblioteca.
Nel 1992, a seguito dell’entrata in vigore della L. 142/1990, il Consorzio venne sciolto e per la gestione del servizio bibliotecario fu adottata la forma dell’Istituzione.

La Biblioteca vuole mettere al servizio della comunità dei lettori il proprio patrimonio e con il loro contributo vuole implementarlo e renderlo sempre più accessibile ai cittadini di ogni età e di ogni formazione culturale; vuole essere radicata nella propria comunità territoriale e nello stesso tempo aperta alle culture della contemporaneità, aperta al dialogo con le persone che la utilizzano e veicolo di un libero accesso alla formazione e alla conoscenza, attenta alle esigenze individuali e di gruppo, di studio, di apprendimento e di ricerca.
Il nuovo logo e il nuovo sito internet vogliono sottolineare l’impegno a far diventare la Biblioteca Città di Arezzo la biblioteca di tutti, un servizio indispensabile all’organizzazione sociale e fondamentale per sviluppare la democrazia e i diritti di cittadinanza.

Patrimonio
Il patrimonio librario moderno consta attualmente di circa 170.000 volumi. Tutti i volumi sono consultabili in sede dietro richiesta compilata dall’utente su apposito modulo e consegnata al personale dell’ufficio di distribuzione. Il patrimonio bibliografico presente nelle sale di lettura è a scaffale aperto e può essere consultato in modo diretto da parte dell’utente.
La Biblioteca dispone di un fondo antico costituito da 95.656 documenti tra manoscritti, incunaboli, opere a stampa e periodici antichi.
Di particolare rilievo la sezione tematica del Centro di Documentazione Città di Arezzo specializzata sui temi di cooperazione, intercultura, immigrazione, rapporti Nord-Sud, sviluppo, pace, diritti, donne.
Da maggio 2012 la Biblioteca Città di Arezzo ha aperto una nuova “Sezione multimediale”.
Al suo interno potete trovare DVD con i film più importanti che hanno fatto la storia del cinema di ogni genere (commedie, thriller, avventura, gialli, ecc.), da Totò a Woody Allen, a Via col vento ad Avatar, ma anche documentari con approfondimenti tematici di storia, geografia, viaggi ed ancora concerti dei più grandi artisti come Mozart, Madonna ad altri ancora. Attualmente lo scaffale è fornito di oltre 800 DVD, in continua crescita e implementazione. È possibile prenderli in prestito per 7 giorni fino ad un massimo di 4 documenti (tra libri e DVD) per ogni utente. La sezione è facilmente consultabile a scaffale aperto in una delle sale della Biblioteca, oppure consultando il catalogo on-line.

Tutto il materiale, librario e non, posseduto da questa Biblioteca è catalogato. I cataloghi generali e speciali si trovano nella Sala distribuzione.
La consultazione dei cataloghi può avvenire in modo diretto e immediato da parte dell’utente: il catalogo corrente è consultabile tramite computer posti a disposizione del pubblico; il catalogo cartaceo è attualmente aggiornato all’anno 1999. Il catalogo informatizzato, relativo a tutto il fondo moderno e antico, è direttamente accessibile da internet all’indirizzo www.bibliotecarezzo.it/catalogo e comprende circa 250.000 record.
È anche possibile consultare l’elenco dei periodici/riviste e l’elenco dei libri disponibile per il prestito all’interno del progetto BibliOspedale.




Biblioteca di Area umanistica dell’Università di Siena – Sede di Arezzo

Sede e contatti
Indirizzo: Campus del Pionta – Viale Cittadini 33, Arezzo
Telefono: 0575 926289 / Fax: 0575 926306
E-mail: direzione.bma@unisi.it
Sito web: http://www.sba.unisi.it/bauma
Orari di apertura: dal Lunedì al Venerdì 8.30-19.30

Organi direttivi
Responsabile: Luca Lenzini

Breve storia e finalità
La biblioteca, istituita nel 1970, si è orientata verso la raccolta di materiale documentario per le esigenze di studio e di ricerca dell’allora Facoltà di Magistero, in ambito linguistico, pedagogico, sociologico, letterario, storico, filosofico, artistico, socio-antropologico.
Il nucleo storico delle raccolte si è arricchito, nel 2002, dei fondi provenienti dai dipartimenti aretini, dando luogo a una raccolta composta da sezioni tematicamente e formalmente strutturate e altre, pur tematicamente coerenti, inglobate nella raccolta generale.
Al primo gruppo appartengono i fondi speciali, delle sezioni: Grand tour, Letteratura di viaggio, Fondo aretino, Fondo antico. Al secondo gruppo si possono ricondurre importanti nuclei tematici, come quello delle scienze della formazione, delle lingue (tra le quali anche russo, cinese e arabo), delle scienze umane, degli studi di genere, ecc.
Un caso a parte è quello rappresentato dai doni, raccolte la cui identità risiede negli studi e nelle ricerche del donatore, che ne ha determinato genesi e sviluppo. Tra questi si segnalano i Fondi Brezzi, Felici, Gianni, Lo Cascio, Pascucci, Renzi, Sancipriano.
Le tradizionali collezioni a stampa si integrano con i documenti disponibili in formato digitale, attraverso la consultazione della piattaforma unica di ricerca OneSearch.

Attualmente la biblioteca sviluppa le proprie collezioni coordinandosi con le esigenze scientifiche e didattiche espresse dai principali corsi di studio attivati presso il Dipartimento di Scienze della formazione, scienze umane e della comunicazione interculturale, e continuando il completamento delle collezioni storiche.
La biblioteca provvede ad acquistare, in copia cartacea o digitale, tutti i testi inseriti nei programmi dei corsi attivati nella sede di Arezzo.
La biblioteca dispone di ampi spazi per lo studio e la ricerca. Nelle sale di lettura, tutte a carattere tematico, ed in gran parte dello spazio aperto al pubblico, è collocato il materiale librario a scaffale aperto, al quale l’utente può accedere liberamente, depositando negli appositi carrelli i documenti consultati.

Patrimonio
La Biblioteca possiede oltre 125.000 monografie cartacee e 1000 periodici, tra cartacei e digitali, circa 200 dei quali in corso di abbonamento o continuativamente donati, specializzati nelle discipline linguistiche, pedagogiche, letterarie, storiche, artistiche, socio-antropologiche, filosofiche.
Gli ultimi fascicoli dei periodici correnti sono liberamente consultabili dagli utenti negli espositori del corridoio principale della Biblioteca, disposti per argomento. Per consultare le annate arretrate dei periodici correnti e per i titoli dismessi, conservati nei depositi, è necessario rivolgersi al personale del Front-office. I periodici sono esclusi dal prestito.
La Biblioteca dispone di una mediateca, con accesso dalla Sala dei Grandi, attrezzata per la visione di documenti audiovisivi e sonori (film, documentari, spettacoli teatrali, opera e musica classica), anche in formato VHS.
I documenti, collocati nella stanza per una immediata visibilità, sono ricercabili, come gli altri documenti, all’interno della piattaforma OneSearch.
È possibile visionare anche materiale non di proprietà della Biblioteca.




Archivio storico diocesano di Arezzo-Cortona-Sansepolcro

Sede e contatti
Sede: Piazza di Murello, 2, 52100 Arezzo
Tel. 0575.26.552
E-mail: archiviostorico@diocesi.arezzo.it
Sito web: http://www.fondazioneabd.it/archivio-storico-diocesano-arezzo/
http://www.diocesiarezzo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=263
Orario: mercoledì dalle 9 alle 17 e sabato dalle 9 alle 13

Organi direttivi
Responsabile: Don Ubaldo Cortoni

Breve storia, finalità e patrimonio
L’Archivio Diocesano è per sua natura strumento e memoria dell’attività di un vescovo e della sua Curia, e col tempo, diviene un bene culturale. La presenza del vescovo in Arezzo è attestata nel secolo III e, stabilmente, dal secolo seguente, ma il materiale presente attualmente nell’archivio purtroppo non risale a quei tempi.
Verso la fine del XIV secolo infatti, al tempo del vescovo Giovanni II Albergotti, Arezzo si trovò in crisi profonda. Nel 1384 venne venduta a Firenze, si ritrovò senza difese e venne più volte saccheggiata da compagnie di ventura; contro il vescovo c’erano anche i guelfi aretini.
L’archivio andò distrutto nella sua parte che arriva fino al XIV secolo del quale restano soltanto una quindicina di registri di atti notarili. In seguito, non fu facile rimettere in piedi un archivio. Questa difficoltà va ascritta a diversi motivi: si susseguirono vescovi con un episcopato molto breve, alcuni di essi non furono residenti in Arezzo, o perché fiorentini o sudditi a Firenze, altri si trovarono di fronte difficoltà oggettive o a dover dare priorità ad altre cose. La Diocesi si trovava in condizioni decisamente penose. Poi la situazione iniziò a migliorare un poco alla volta e nella seconda metà del Cinquecento il miglioramento si fece tangibile con il vescovo Stefano Bonucci e ancor più con il vescovo Pietro Usimbardi.
Anche l’archivio comincia a riprendere importanza e a popolarsi di documenti e viene ad avere in curia anche un suo spazio preciso, nel palazzo vescovile. Con il passare del tempo le carte e i documenti iniziarono ad essere sempre di più. Alla fine del Settecento nel corso dell’episcopato di Angiolo Franceschi, viene riorganizzato l’archivio della Mensa Vescovile. Lentamente l’archivio occupa altri spazi nella curia ed è sufficientemente ordinato.
Alla fine degli anni Cinquanta del ‘900 la maggior parte del materiale archivistico viene accatastato nei locali a tetto della curia, disposta su scaffalature, nuovamente ammassata per lavori e ricollocata. La fase di riordinamento di questo materiale è oggi vicina al completamento, ma non è ultimata. Per un archivio ordinato e dotato dei necessari strumenti di ricerca era comunque indispensabile una nuova sede, problema questo messo in evidenza fin dagli anni Settanta e risolto anche grazie all’intervento di mons. Gualtiero Bassetti, nel 2004.
Complessivamente l’archivio Diocesano accoglie circa 6000 unità archivistiche tra buste, registri, filze (secc. XIV-XXI); oltre ai fondi documentari che solitamente vengono conservati presso gli archivi diocesani negli anni Ottanta è stato trasferito in questo istituto, l’archivio storico di Santa Maria della Pieve (di notevole importanza e tutt’ora da inventariare). Nell’archivio Diocesano si trova anche gran parte dell’archivio dell’Azione Cattolica (secc. XIX-XXI).




Archivio di Stato di Arezzo

Sede e contatti
Palazzo Albergotti, Piazza del Commissario, 1 – 52100 Arezzo
Tel. 057520803, 0575 354007
E-mail: as-ar@beniculturali.it
Sito web: http://www.archiviostato.arezzo.it/
Orari di apertura: Sala studio: Lunedì-Giovedì 8.20-17.20, Venerdì 8.20-13.40

Organi direttivi
Direttore: Claudio Saviotti

Breve storia e patrimonio
L’Istituto, sorto come Sezione di Archivio di Stato con D.M. 7 giugno 1941, in applicazione della legge 22 dicembre 1939, n° 2006, divenne Archivio di Stato a seguito del D.P.R. 30 settembre 1963, n° 1409. Nella Sezione erano confluiti i fondi archivistici, provenienti in gran parte dalla Cancelleria di Arezzo, che Ubaldo Pasqui, studioso di storia locale, aveva riunito, fin dal 1885, in un unico, grande complesso documentario. I nuclei principali erano costituiti dall’archivio dell’antico Comune, dagli archivi di numerosi organi giurisdizionali dello Stato toscano, da una quantità di fondi appartenuti a corporazioni religiose, ospedali, opere di chiese e altre istituzioni cittadine e, inoltre, da pergamene varie, atti catastali e documenti diversi.
L’insieme dei fondi originari non risale, salvo poche eccezioni, oltre l’anno 1384 quando la cancelleria comunale, e con essa l’archivio, vennero incendiati nel corso delle vicende che portarono alla sottomissione di Arezzo a Firenze. A partire dallo stesso 1885 Ubaldo Pasqui diede inizio a un lavoro di inventariazione degli atti, rielaborando l’assetto che la documentazione aveva assunto, sul cadere degli anni Sessanta, e che trovava riscontro in un inventario generale elaborato, per conto del Comune, da Gustavo Mancini e Pasquale Leoni. Il nuovo inventario generale poggiava sull’individuazione di circa quattrocento serie documentarie, la cui costituzione comportò una distribuzione del complesso documentario sulla base di criteri meramente empirici, dando luogo a successioni cronologiche di unità archivistiche senza riferimenti precisi alla loro provenienza e al loro rapporto con gli organismi di produzione. L’opera, manoscritta, del Pasqui – che ha costituito fino ad anni recenti, l’unico e indispensabile strumento di corredo e di ricerca – è stata progressivamente sostituita da nuovi strumenti (solo in piccola parte pubblicati a stampa), nati da uno studio più approfondito delle realtà istituzionali sottostanti ai diversi fondi documentari, le cui strutture archivistiche hanno riacquistato la fisionomia loro propria ed il corretto rapporto con gli enti produttori.
Le nuove acquisizioni, intervenute successivamente al trasferimento dell’Archivio da locali del palazzo comunale alla più ampia sede attuale (1960), hanno fortemente aumentato il patrimonio documentario dell’Archivio di Stato che è venuto in possesso, a diverso titolo, di fondi di uffici periferici dello Stato (amministrativi, giudiziari e finanziari) e, in genere, di carte di istituzioni moderne, pubbliche e private, di imprese e di famiglie. La consistenza complessiva supera oggi le cinquantamila unità. Costituite prevalentemente da buste, filze e registri, La documentazione conservata costituisce un imponente complesso di fonti per la storia di Arezzo ed, in parte, anche per la storia del territorio circostante. Documenti utili in tal senso sono naturalmente conservati in altri archivi aretini o in altri Archivi di Stato, particolarmente in quello di Firenze dove si trovano il fondo diplomatico riguardante Arezzo, gli atti dei notai cittadini e le carte delle corporazioni religiose soppresse. Altri documenti sono invece andati perduti, per cause belliche, nel 1943 quando nella distruzione della sede della Prefettura scomparvero l’archivio prodotto da tale ufficio e quelli delle istituzioni che l’avevano preceduto in epoca toscana.

Biblioteca
La biblioteca consta di circa 10.000 unità fra libri singoli, collezioni e annate relative a più di 200 periodici. Il nucleo principale è costituito dalle pubblicazioni concernenti il settore dei beni culturali, storici e artistici, con particolare predilezione per tutte le edizioni curate da archivi, biblioteche, musei o comunque afferenti al patrimonio di queste ed altre istituzioni o associazioni con finalità analoghe.
A spiccata vocazione per libri e riviste di argomento storico-istituzionale, giuridico e amministrativo, oltre che filosofico e artistico, la biblioteca è orientata a incrementare in particolare le pubblicazioni di interesse locale e regionale, quelle legate a discipline settoriali quali l’archivistica, l’informatica applicata agli archivi, la paleografia, la diplomatica, la biblioteconomia, la conservazione e il restauro.




Il piccolo museo del Diario

Sede e contatti
Piazza Plinio Pellegrini 1, Pieve Santo Stefano (Arezzo)
Telefono: 0575.797730/0575.797734
E-mail: piccolomuseo@archiviodiari.it
Sito web: https://www.piccolomuseodeldiario.it/it/
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì 9.30-12.30 e 15-18; sabato, domenica e festivi 15-18.

Biglietti
– Intero: 3 euro.
– Ridotto: 2 euro (studenti con meno di 25 anni, over 65,  possessori del Valtiberina Musei e Parchi Pass).
– Gratuito: bambini fino a 10 anni, guide turistiche, disabili, accompagnatori disabili, residenti di Pieve Santo Stefano, possessori di alcune carte    amici dell’Archivio secondo quanto specificato in attivalamemoria.it.
– L’ingresso è gratuito per tutti durante le giornate del Premio Pieve Saverio Tutino.
– Le visite di gruppo vanno sempre concordate telefonando allo 0575797730 o allo 0575797734, oppure scrivendo a: piccolomuseo@archiviodiari.it.

Organi direttivi
Albano Bragagni, Camillo Brezzi, Giacomo Benedetti, Lisa Marri.
Direttore: Camillo Brezzi
Conservatore/curatore: Natalia Cangi

Breve storia e finalità
Il piccolo museo del diario è un percorso museale nato per raccontare l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano e le testimonianze autobiografiche che esso contiene, in una maniera innovativa e coinvolgente. L’Archivio è una casa della memoria: una sede pubblica che conserva scritti di memorie private. Ideato e fondato da Saverio Tutino, serve non solo a custodire, come un museo, brani di scrittura popolare: vuole far fruttare in vario modo la ricchezza che in esso viene depositata. Per cominciare abbiamo avuto l’idea di incentivare l’afflusso con un concorso, il Premio Pieve. Abbiamo pubblicato su alcuni giornali un piccolo avviso e in poche settimane sono arrivati più di cento testi e raccolte di lettere. Adesso nella sua sede l’Archivio ne conserva quasi 7000.

Patrimonio
Molte di queste memorie sono e saranno esposte al Piccolo museo, che si configura come una forma di condivisione molto originale di questi materiali, che oggi si articola attraverso quattro sale: all’interno delle prime due, accessibili dalla sala consiliare del cinquecentesco Palazzo Pretorio, è stata collocata un’installazione artistica multiutente che permetterà ai visitatori di ascoltare, vedere e sfiorare alcune tra le storie più affascinanti scelte tra gli oltre settemila diari, memorie ed epistolari conservati in Archivio.
Basterà avvicinarsi ad uno dei venti cassetti incastonati in una bellissima parete di legno artigianale che simboleggia gli “infiniti” scaffali dell’Archivio, estrarlo e contemplarne il contenuto: ci si ritroverà di fronte a quindici schermi digitali e cinque diari originali, che permetteranno di leggere i contenuti delle storie che verranno contestualmente raccontate da una delle voci narranti dell’Archivio (Andrea Biagiotti, Grazia Cappelletti, Mario Perrotta, Paola Roscioli). A completare l’impatto emozionale visivo e uditivo, il bisbiglìo di sottofondo dal quale si stagliano le parole dei protagonisti: è quel “fruscìo degli altri” che il fondatore dell’Archivio Saverio Tutino, al quale il museo è dedicato, udiva levarsi dagli scaffali che andavano riempiendosi di diari, con il passare degli anni e con l’incrementarsi del patrimonio autobiografico della fondazione.

I diari, e le vite in essi racchiusi che oggi popolano i cassetti del Piccolo museo del diario appartengono a: 
Vincenzo Rabito, Maria Pia Farneti, Paolino Ferrari, Saverio Tutino, Antonio Sbirziola, Ettore Finzi e Adelina Foà, Emilia, Luigi Re, Massimo Bartoletti Stella, Orlando Tonelli, Raul Rossetti, Luisa T., Antonio Rossi, Sisto Monti Buzzetti, Tommaso Bordonaro, Liberale Medici, Maria Anichini, Francesco Stefanile, Orlando Orlandi Posti, Leo Ferlan.
Le storie attualmente inserite nei cassetti possono essere sostituite in ogni momento, offrendo la possibilità di costruire percorsi museali e tematici sempre nuovi e di valorizzare ricorrenze o celebrazioni.

dotdotdot sono i progettisti del percorso museale del Piccolo museo del diario, gli artefici di un’architettura che armonizza tutte le tecnologie necessarie al funzionamento dell’installazione: impianto audio e video, sensori, microcontroller, luci e computer. Si sono ispirati al racconto che Mario Perrotta, testimonial dell’Archivio dei diari, ha scritto ne “Il paese dei diari” (Terre di mezzo, 2009). 
La terza sala del Piccolo museo del diario ospita il Lenzuolo di Clelia Marchi, emblema dell’autobiografia e dell’attività di raccolta dell’Archivio: è il “diario” scritto da una contadina di Poggio Rusco direttamente su un lenzuolo del proprio corredo, largo più di due metri. Oltre a osservare l’originale posto all’interno di una teca conservativa, ai visitatori sarà possibile navigare le righe scritte da Clelia con la tecnologia touchscreen, che offre anche significative panoramiche su altre e preziosi opere autobiografiche conservate a Pieve Santo Stefano. La quarta sala racconta invece l’epica di Vincenzo Rabito, cantoniere ragusano che ha raccontato la propria straordinaria vita, articolata attraverso gli eventi principali del Novecento, in 1027 “pacene” scritte caparbiamente e istrionicamente da un uomo analfabeta.
Il Piccolo museo del diario è la naturale evoluzione del progetto Impronte digitali ma è anche una delle tappe più significative del Memory Route, un innovativo progetto di turismo esperienziale che ha tra i suoi promotori l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano.




Museo dell’oro “Unoaerre”

Sede e contatti
Via Fiorentina 550 – 52100 Arezzo
Telefono:
0575 925953
0575 925862
E-mail: centrodi@unoaerre.it
Sito web: http://www.unoaerre.it/it/museo
Orari di apertura: per visitare il museo è gradita la prenotazione.

Organi direttivi
Direttore e Conservatore del Museo: Giuliano Centrodi (giulianocentrodi@gmail.comcentrodi@unoaerre.it)

Breve storia e finalità
L’industria orafa Uno A Erre, leader mondiale nel settore dell’oreficeria, il 7 marzo 1998 ha inaugurato il primo museo aziendale aretino, primo museo italiano di oreficeria, legato al più prezioso dei metalli e alla più prestigiosa delle produzioni per non disperdere la memoria storica della sua laboriosa attività ed offrire un percorso espositivo dall’archeologia industriale alle ultime creazioni di Giò Pomodoro.

L’archeologia industriale presenterà vecchi macchinari e utensili a documentare i primi sussidi tecnologici applicati all’industria orafa: le macchine per la fabbricazione delle catene storiche degli anni ’30 – ’40 – ’50, per l’incisione meccanica (il guilloché), per la costruzione delle palline e gli utensili per sbalzare, cesellare , incidere e incastonare le pietre preziose.

I disegni e i progetti creativi partono dal 1946, i materiali cartacei furono distrutti durante i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale; restano notevoli i progetti acquisiti a Parigi negli anni Cinquanta che influenzeranno la produzione italiana e saranno di insegnamento per l’affermarzione dell’Italian Style; da segnalare anche presenze di creativi tedeschi e naturalmente italiani.

La collezione storica con oltre cinquecento gioielli e oreficerie d’oro e d’argento, alcuni anche esemplari unici che dagli anni’20,  raccoglie gli ultimi bagliori della Belle Epoque e dello stile ghirlanda per giungere agli stilemi geometrici dell’Art Déco e ai gioielli autarchici di argento. Il dopoguerra è rappresentato dai bracciali “tank” e hollywoodiani, dai pendenti a “mina”, dalle spilline “animalier” tratte anche dai personaggi della Walt Disney.

Gli anni ’60 si caratterizzano per i gioielli ricchi di colore; si recuperano le antiche lavorazioni degli smalti traslucidi e l’affermazione della microfusione cambia il volto al gioiello, da bassorilievo a tuttotondo. Gli scultori e anche i pittori fanno le loro “incursioni” nell’oreficeria e influenzeranno le produzioni successive (Cappello, Galoppi, Bini), così nei primi anni ’70 vedremo i gioielli optical e pop. Gli anni ’80 si arricchiranno delle collaborazioni degli stilisti francesi e americani (Luois Fèraud e Oscar de la Renta) per giungere alle creazioni degli artisti orafi-gioiellieri (Forlivesi, Fallaci) e designer (Buti)..

Sono presenti anche alcuni pezzi unici realizzati dal grande scultore, Giò Pomodoro che nel 1995-99 realizzò queste opere nei laboratori Uno A Erre alla presenza dei giovani studenti dell’Università degli Studi di Siena e di Venezia svelando i suoi sistemi di progettazione, di fusione nell’osso di seppia, nella pietra friabile di Vicenza e nei mattoncini di carbone di cerro. Queste pregiate realizzazioni hanno fatto il giro del mondo nelle più importanti rassegne dell’oreficeria d’artista (New York, Tokyo, Vienna e Venezia nel circuito della Biennale del 1985).

 Il medagliere raccoglie numerose medaglie e placchette di grandi artisti e famosi incisori delle zecche più importanti di Europa (B.Bini, Canuti, P.Cascella, Dalì, Fiume, Galoppi, C.Giampaoli, Giannone, Greco, Manzù, Messina, Moschi, O.P.Orlandini, G.Pomodoro, Romagnoli, Rousseau, Scatragli, Sikora, Tot, Venturi e Veroi).

 Il Museo della Gori&Zucchi rispecchia l’immagine della più grande industria orafa, la sua notorietà e la sua storia, l’autorevole affermazione nel mondo creativo ed economico produttivo sulla scia dei saldi valori culturali, sociali, artistici della grande civiltà della laboriosa terra aretina.

Patrimonio
In fase di schedatura, non ancora quantificato




Archivio storico e di deposito del Comune di Arezzo

Sede e contatti
Via della Fiorandola 34, 52100, Arezzo
Telefono: 0575.23159
E-mail: archiviostorico@comune.arezzo.it
Sito web: http://www.comune.arezzo.it/il-comune/servizio-informatico-sportello-unico-marketing/servizio-archivio-e-protocollo/archivio-storico-e-di-deposito/sedi-ed-orari-archivio-storico-e-archivio-di-deposito
Orari di apertura: Invernale da settembre a luglio, martedì e giovedì 8:30-13.30 e 15.30-17.30; estivo dal luglio a settembre, martedì e giovedì 8.30-13.30

Organi direttivi
Comune di Arezzo – Ufficio Protocollo e Statistica

Breve storia e finalità

L’Archivio Storico (Postunitario) del Comune di Arezzo è stato istituito con deliberazione della Giunta Municipale 11 aprile 1991, n. 1670, in attuazione di quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 1409/63 relativamente alla Sezione separata di archivio. La struttura accoglie comunque anche la Sezione di deposito dell’Archivio comunale.
Il nucleo centrale del materiale facente parte della Sezione separata è costituito dall’archivio postunitario del Comune di    Arezzo, dagli archivi di commissioni, comitati e consorzi che hanno avuto sede presumibilmente presso il Comune di Arezzo, dagli archivi aggregati prodotti da istituzioni che hanno cessato di esistere, da fondi prodotti da istituzioni diverse.
Il materiale è affluito all’archivio storico in gran parte nella primavera del 1993, quando divenne operativa la sede di via della Fiorandola e, in seguito, attraverso versamenti o prelievi particolari.
Presso l’Archivio storico comunale sono presenti anche alcune unità pertinenti all’Archivio preunitario del Comune di Arezzo, mentre gli archivi prodotti dal Comune medioevale e dalla Comunità di Arezzo sono depositati dal 1 agosto 1941 presso l’Archivio di Stato di Arezzo, allora costituito.

Patrimonio    
A tutt’oggi sono depositate presso l’Archivio Storico del Comune di Arezzo circa cinquantamila unità archivistiche, in parte afferenti alla sezione separata, e in maggior misura appartenenti alla sezione    di deposito. Una porzione consistente di questo materiale (circa diecimila unità archivistiche) è stato inventariato, mentre l’elenco di consistenza dell’intero complesso documentario (esclusi i versamenti più recenti) è consultabile tramite il sito web del Comune di Arezzo:
http://www.comune.arezzo.it/il-comune/direzione-generale/ufficio-protocollo-e-statistica/archivio-e-protocollo/archivio-storico-e-di-deposito/consistenza-e-struttura




Fondazione Archivio Diaristico Nazionale Onlus

Sede e contatti
Sede legale: Piazza Plinio Pellegrini, 1, 52036 Pieve Santo Stefano AR.
Sede operativa: Piazza Amintore Fanfani, 14, 52036 Pieve Santo Stefano AR.
Telefono: 0575.797730; -797731
E-mail: adn@archiviodiari.it
Sito web: http://archiviodiari.org/
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì 8:30-13 e 15-18; è consigliata la prenotazione.
Chiuso sabato, domenica e festivi.

Organi direttivi
Presidente: Albano Bragagni
Vicepresidente: Lisa Marri
Direttore scientifico: Camillo Brezzi
Direttrice organizzativa: Natalia Cangi.

Breve storia e finalità
L’Archivio Diaristico Nazionale nasce come centro italiano di raccolta delle scritture autobiografiche nel 1984, su iniziativa del giornalista e scrittore Saverio Tutino e per volontà del Comune di Pieve Santo Stefano. Dal 1991 diviene una Fondazione con personalità giuridica privata, riconosciuta inizialmente dalla Regione Toscana e, il 7 giugno 2000, con Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali. La Fondazione Adn, per la sua vocazione di raccolta pubblica e pubblicamente fruibile, non ha fini di lucro.

Il 16 luglio 1999 ottiene dalla Sovrintendenza Archivistica per la Toscana la notifica di “Archivio di notevole interesse storico” ai sensi del D.P.R. del 30 settembre 1963, n° 1409. La motivazione della certificazione è così esplicitata: “Archivio in oggetto costituisce la più importante raccolta sul territorio nazionale di diari personali, memorie, epistolari e, in generale, di documenti di tipo memorialistico”.
Il 3 giugno 2009 l’Archivio riceve dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali la notifica relativa alla Dichiarazione di interesse culturale (di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 – Codice dei Beni Culturali) con la seguente motivazione: “Perché costituisce un complesso di eccezionale valore storico, riunendo un complesso di diari, memorie ed altri scritti inediti, testimonianze orali e fotografiche relativi ai vari aspetti della storia, del lavoro e della vicenda umana costituendo un complesso di fonti di interesse antropologico utili a documentare, tra l’altro, la storia italiana ed europea”.

Patrimonio
Il patrimonio dell’Archivio, costituito da circa 7000 scritti autobiografici, in continuo incremento, è interamente catalogato, con il software Cds/Isis fornito in Italia dalla Dba per conto dell’Unesco. Per completare la catalogazione informatica, la Fondazione ha ricevuto finanziamenti dalla Regione Toscana, dalla Provincia di Arezzo e dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo. É stato realizzato dall’Ufficio centrale dei Beni Archivio centrale di Stato, Archivio. I cataloghi Archivio, sia del fondo inedito (6515 testi) che della sua biblioteca di saggi e volumi Opac del polo bibliotecario aretino. Nel 2014 il sistema di catalogazione verrà sostituito da EOS.web.

Molti dei 7000 testi sono arrivati di anno in anno per partecipare al Premio Pieve Saverio Tutino, al quale possono partecipare diari, memorie ed epistolari. Oltre cento diari che hanno partecipato al premio, sono stati pubblicati presso case editrici di prestigio, come Einaudi, Mondadori, Giunti, Baldini & Castoldi, Mursia, Il Mulino. Con il titolo Terra matta, l’editore Einuadi ha pubblicato nel marzo 2007 l’opera di Vincenzo Rabito, vincitore del concorso 2000, ritenuta da molti esponenti del mondo culturale, nonché dallo stesso Ministero per i beni culturali, un capolavoro letterario.