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Archivio storico del Comune di Cecina

Sede e contatti
Via Corsini, 7 – 57023 Cecina (Livorno)
Locali del Polo della Magona
Tel. 0586680145
Orario: martedì e giovedì 8.30-13.00; lunedì, mercoledì e venerdì 16.00-19.00
Sito web: https://www.comune.cecina.li.it/categorie/cultura/archivio-storico-comunale

Breve storia
Cecina, già amministrativamente legata a Bibbona, nella cui circoscrizione venne compresa fin dalle riforme leopoldine, ancora denominata Fitto di Cecina, divenne capoluogo comunale (R.D. 1479 del 23 giugno 1873) nell’ambito dello stato unitario. Nel 1881 venne autorizzato il cambiamento di denominazione del comune in quella attuale ed infine, nel 1906, Cecina costituì un comune autonomo che, inserito nella provincia di Pisa, ne venne distaccato nel 1925 per essere aggregato a quella di Livorno. L’archivio storico, conservato presso la Biblioteca Comunale, è in corso di riordino e inventariazione. L’archivio di deposito si conserva presso la sede comunale.

Patrimonio
L’archivio storico di Cecina consta di un patrimonio documentario relativo al periodo post-unitario di circa 4000 unità catalogate, sono consultabili i documenti che testimoniano come in pochi anni Cecina sia diventata il centro amministrativo e commerciale più sviluppato della zona.
Complessi archivistici: Comune di Cecina, Confraternita della Misericordia di Cecina, Stato civile del Comune di Cecina, Ufficio di conciliazione di Cecina.




Archivio storico dell’Università di Siena

Sede e contatti
Palazzo del Rettorato, Banchi di Sotto, 55, 53100 Siena SI
Tel.: 0577-232382 (int. 2382)
E-mail: alessandro.leoncini@unisi.it
Sito web: https://www.unisi.it/direzione-amministrativa/archivio-storico
https://www.unisi.it/biblioteche/archivio-storico-delluniversità

Organi direttivi
Responsabile: Leoncini Alessandro

Breve storia e patrimonio
Le vicende dell’Archivio dell’Università di Siena non differiscono molto da quelle degli archivi di altre antiche istituzioni senesi: dopo essere stati conservati, più o meno bene, per alcuni secoli, negli ultimi decenni del Settecento furono sottoposti ad una brutale operazione di scarto da parte di funzionari incautamente incaricati di riordinarli. Nel caso dell’archivio universitario, il compito di riordinatori delle pergamene e delle carte prodotte dallo Studio sin dal medioevo venne assunto nel 1790 dal cancelliere, dal bilanciere e dal computista dell’Ateneo. Questi improvvisati archivisti, intimoriti dalla grande quantità dei documenti che avrebbero dovuto ricollocare, non esitarono a facilitarsi il lavoro inviandone una cospicua parte alle cartiere colligiane perché venisse riciclata.
La parte dell’Archivio universitario sopravvissuta allo spurgo settecentesco rimase presso la sede universitaria, che nel 1816 fu trasferita dall’antica Casa della Misericordia, dove si trova ancora oggi.
Nel 1860, due anni dopo l’istituzione dell’Archivio di Stato di Siena, gran parte dell’archivio universitario – per la precisione 306 pezzi e oltre 1300 pergamene – furono depositati dall’Ateneo presso l’Archivio di Stato, mentre un’altra significativa serie archivistica, formata dai bastardelli degli atti di laurea dal 1484 al 1804, rimase presso l’Archivio arcivescovile di Siena.
Nell’Archivio dell’Università rimase solo una piccola parte dei documenti ma, ciò nonostante, questa frazione d’archivio è di fondamentale importanza per la memoria storica dell’Ateneo senese, in particolare per l’esistenza della serie intitolata “Ruolo de’ Dottori et altro sopra lo Studio”, indispensabile per lo svolgimento di ricerche relative alla storia di questa istituzione negli anni compresi fra il 1560 e il 1740.
Nonostante la limitata quantità delle carte da riordinare, l’archivio universitario era però destinato a rimanere ancora a lungo in disordine. La sua sistemazione venne auspicata fin dal primo Novecento da Temistocle Mozzani, funzionario dell’Ateneo e autore del volume L’Università di Siena dall’anno 1839-40 al 1900-901, pubblicato a cura dell’Università nel 1902.
Le speranze del Mozzani erano però destinate a rimanere a lungo prive di risposta, tanto che Giovanni Cecchini e Giulio Prunai – autori del Chartularium Studii Senensis (1240-1357), stampato ancora per iniziativa dell’Università nel 1942 – negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale non riuscirono a consultare il fondo archivistico universitario.
In seguito Danilo Marrara, impegnato a redigere il volume Lo Studio di Siena nelle riforme del Granduca Ferdinando I (1589 e 1591), uscito nel 1970 per l’editore Giuffrè, riuscì finalmente a consultare l’archivio conservato presso il rettorato.
Negli anni seguenti, soprattutto per l’interesse del professor Carlo Ricci, ordinario di biochimica e appassionato studioso dell’opera dell’anatomista settecentesco Paolo Mascagni, il riordino dell’archivio auspicato al nascere del secolo da Temistocle Mozzani iniziò a realizzarsi: nel 1987, il rettore Luigi Berlinguer promosse la costituzione di una commissione incaricata di procedere alla sistemazione sia dell’archivio storico che di quello di deposito. Per costituire la sezione separata dell’archivio, alle carte rimaste presso la sede dell’Università fu aggiunta anche la documentazione prodotta dai vari uffici fino al 1955.
La sistemazione dell’Archivio storico si concluse nel 1990, in coincidenza del 750 anniversario dello Studio senese, con la pubblicazione dell’inventario della sezione separata, redatto da Giuliano Catoni insieme con Francesca Vannozzi e Alessandro Leoncini ed edito dalla Nuova Italia.
Dal 2003 l’Archivio storico ha sede in alcuni locali ubicati al piano terra del palazzo del Rettorato ed è inserito in un percorso storico costituito da oggetti, cimeli e documenti, allestito dal Laboratorio Museotecnico Goppion.




Sezione di Archivio di Stato di Pontremoli

Sede e contatti
Via Nazionale, ex Convento SS. Annunziata, 54027, Pontremoli (MS)
Tel. 0187/831559
Fax: 0187/831559
Sito web: http://www.archiviodistatomassa.beniculturali.it/index.php?it/165/sezione-di-pontremoli
Orari: lunedì, mercoledì e venerdì dalle 8,15 alle 13,15; martedì e giovedì dalle 8,15 alle 17,15

Organi direttivi
Direttore: dott. Maurizio Munda
Responsabile sala di studio: Graziella Matteoni

Breve storia
Nel 1949 la Giunta Comunale di Pontremoli dichiarò la volontà di istituire una Sottosezione d’Archivio di Stato ai sensi dell’art. 11 della Circolare n. 2006; in realtà sin dal 1941 ne era già stata chiesta l’istituzione con delibera commissariale. La Sottosezione d’Archivio di Stato di Pontremoli fu poi istituita con decreto del 12.04.1954 dal Ministero dell’Interno grazie all’intervento del Comune, soprattutto nella persona del Sindaco, che dava sicure garanzie per le spese necessarie per i locali destinati ad accogliere il materiale documentario, unitamente alle scaffalature, per il personale e per il funzionamento previo parere del Prefetto di Massa e del Sovrintendente Archivistico della Liguria. Tale Sottosezione era destinata ad accogliere gli Atti Notarili anteriori al 1853, provenienti dall’Archivio mandamentale di Pontremoli e dall’Archivio Storico del Comune, alla luce dell’art. 11 della Legge 22.12.1939 n. 2006, che prevedeva il riordinamento degli archivi del Regno e la loro conservazione presso gli Archivi di Stato e le Sezioni.

Patrimonio
Le vicende storiche indicate sono testimoniate da una documentazione nutrita di circa 15.000 unità tra registri, buste, filze e mappe; citeremo per primo l’Archivio del Comune di Pontremoli con n. 4.608 unità che vanno dal XV sec. al 1951. Seguono le carte del Commissario poi Vicario (1695-1794).
Di notevole rilievo è l’Archivio Notarile costituito da n. 2.768 unità (1417-1900) e corredato, per la parte più antica, da un inventario settecentesco.
Il periodo napoleonico è documentato dalle carte del fondo della Sottoprefettura Francese (1796-1814). Il periodo della Restaurazione è documentato dalle carte del Commissario Regio (1814-1849), al quale subentrò durante il periodo Borbonico la Prefettura della Lunigiana Parmense (Gennaio-Marzo 1848 e Maggio 1849-1859) e dalle carte dell’Ufficio di Acque e Strade di Lunigiana (1835-1860).
Il periodo postunitario è rappresentato invece dai seguenti archivi: Sottoprefettura (1859-1925), Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette (1800-1970), Corpo Reale del Genio Civile (1860-1865), Ufficio di Conciliazione (1866-1930), Tribunale di Pontremoli (1862-1925), Pretura di Pontremoli (1837-1969), Preture di Bagnone e Mulazzo (soppresse nel 1925), Ospedale S.Antonio Abate di Pontremoli.
Archivi aggregati: Archivio Asilo Razzetti, Archivio Colonia Ceppellini, Archivio fam. Maraffi-Giuliani (1616-1940).




Sezione di Archivio di Stato di Pescia

Sede e contatti
Piazza XX Settembre, 3 – 51017 Pescia (PT)
Tel.: 0572 477261
E-mail: as-pt.pescia@beniculturali.it
Sito web: http://www.archiviodistatopistoia.beniculturali.it/index.php?it/164/sezione-di-archivio-di-stato-di-pescia
Orario: lunedì dalle 08:45 alle 13:45 e dalle 14:45 alle 17:45, martedì dalle 08:45 alle 13:45, mercoledì dalle 08:45 alle 13:45 e dalle 14:45 alle 17:45, giovedì dalle 08:45 alle 13:45, venerdì dalle 08:45 alle 13:45.

Struttura organizzativa
Direzione: Antonietta Saluzzi
Settore amministrativo e segreteria: Donatella Baiocchi
Servizio di protocollo informatico Focal point: Massimo Braccini Donatella Baiocchi, Sebastiana Niccoli
Economato: Ilaria Tavanti
Personale: Serena Baldecchi
Sala di studio e sala di lettura: Massimo Braccini, Sebastiana Niccoli
Biblioteca: Antonietta Saluzzi, Donatella Baiocchi, Sebastiana Niccoli
Ricerche per corrispondenza: Massimo Braccini
Didattica: Massimo Braccini
Valorizzazione: Sebastiana Niccoli
Sito istituzionale: Massimo Braccini

Breve storia
La sezione di Archivio di Stato di Pescia ha già avuto quattro sedi diverse prima di approdare alla attuale. Infatti, dopo un primo periodo di tre anni in cui il nucleo documentario iniziale continuò ad essere custodito dal comune di Pescia nel palazzo Galeotti, in piazza S. Stefano, nel 1962 la documentazione fu trasferita al piano terreno del palazzo Benedetti, dove ha coabitato con la scuola media statale Giuseppe Giusti fino al 1967. In quell’anno fu operato il trasferimento in un palazzo lungo il fiume, preso in affitto dall’Amministrazione Statale. Sempre in affitto, ma da privati, è la sede successiva, in un condominio sul viale Europa, dove l’archivio si trovava dal 1985. Nell’aprile del 2000 è stato operato il trasferimento nella attuale sede, in piazza XX Settembre, in un palazzo nato come Casa del Littorio e ora di proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali, che ne ha effettuato il restauro ad opera della Sovrintendenza per i beni architettonici della Toscana.
La nuova casa del Littorio, progettata dall’ingegnere Umberto Cappelli, fu realizzata tra il 1926 e il 1928, secondo semplici linee architettoniche che compongono una costruzione a due piani, a pianta rettangolare, mossa solo sul fronte principale, al cui centro una cornice aggettante e leggermente sopraelevata racchiude il grande arco dove si apre l’ingresso con una gradinata ed il soprastante finestrone che affaccia su un terrazzo poligonale. Il gusto vagamente art décò dei particolare architettonici si fonde con gli stilemi dell’ideologia fascista che si esprimono principalmente nei bassorilievi tra le finestre, nei fasci e nelle aquile ai lati e sopra l’ingresso, all’esterno, e nei fasci che compongono i piedritti degli archi e nei soggetti delle pitture ispirate al mondo del lavoro agricolo e manuale, all’interno. Alla caduta del fascismo l’edificio venne requisito dal demanio e destinato a sede degli uffici periferici dell’amministrazione finanziaria.
All’inizio degli anni ’80 l’abbandono dell’edificio da parte degli uffici finanziari determinò un rapido degrado sanato solamente dall’interessamento da parte del Ministero per i beni culturali che ne prospettava l’utilizzo come sede della locale sezione di Archivio di Stato.

Patrimonio
La Sezione di Archivio di Stato di Pescia, istituita come Sottosezione con d. m. 20 gennaio 1959, ha accolto inizialmente la documentazione dell’archivio storico comunale e degli antichi archivi giudiziari che avevano sede in Pescia, conservati dal Comune presso la Biblioteca civica. A questo primo nucleo si sono aggiunti gli archivi di altri enti ed uffici della Valdinievole: importanti soprattutto l’archivio storico dell’ospedale dei SS. Cosma e Damiano comprendente, oltre alle scritture proprie dell’ente, anche le carte delle corporazioni e compagnie religiose della diocesi di Pescia, soppresse dal granduca Pietro Leopoldo con l’editto del 21 mar. 1785; gli archivi delle podesterie, poi preture di Buggiano e Monsummano trasferite dall’Archivio di Stato di Pistoia; l’archivio storico di Vellano e aggregato a quello di Pescia; i registri del catasto fabbricati e del nuovo catasto terreni versati dal locale Ufficio delle imposte dirette; l’archivio dello storico ed economista ginevrino JeanCharles-Leonard Simonde de Sismondi, ricco di lettere e manoscritti. Nel frattempo il comune di Pescia ha provveduto ad ampliare il proprio deposito documentario, aggiungendo la parte postunitaria dell’archivio fino al 1966 e le carte più antiche escluse dal deposito iniziale, tranne le pergamene, mentre l’acquisizione di altri nuclei documentari di rilievo, ancorché di piccole dimensioni, ha arricchito ulteriormente il patrimonio dell’Istituto che adesso, con circa 15.000 pezzi disposti su quasi 1.500 metri di scaffalature, copre in maniera significativa la storia di Pescia e della Valdinievole dal XIV alla metà di quest’ultimo secolo. Le lacune più importanti derivano dagli scarti di numerose serie dell’archivio della cancelleria pesciatina effettuati nel 1827 e dal non aver sinora potuto accogliere la documentazione postunitaria proveniente dal tribunale e pretura di Pescia, stante la mancanza di spazio cui si spera di ovviare in parte con il recente trasferimento nella nuova sede. Per altra documentazione sulla città e sul suo territorio le ricerche dovranno comunque essere estese ovviamente anche ad altri Archivi e principalmente all’AS Firenze, all’AS Pistoia e all’AS Lucca. Nell’AS Pisa è conservato, fra l’altro, un consistente nucleo di carte relative a corporazioni religiose.




Archivio della Fondazione Giovanni Pascoli a Castelvecchio

Sede e contatti
Fondazione Giovanni Pascoli
Località Caprona, 6
55051 Castelvecchio Pascoli, Barga (LU)
Tel. 0583 766503
Fax: 0583 765207
E-mail: casapascoli@sistemamusealebarga.it
info@fondazionepascoli.it
Sito web: http://www.fondazionepascoli.it/
http://pascoli.archivi.beniculturali.it/index.php

Breve storia e finalità
Maria Pascoli, sopravvissuta a Giovanni per oltre un quarantennio, ne conservò amorosamente le carte, che riteneva non a torto preziose per la valorizzazione della personalità e dell’opera poetica del fratello, sovente intervenendo sul loro ordinamento ed integrandole tra l’altro con alcuni suoi documenti giovanili (carte Schinetti) e con le lettere da lui inviate all’altra sorella Ida. Alla sua morte (5 dicembre 1953) lasciò per testamento al Comune di Barga “La casa, la cappella, i libri, i manoscritti di Giovannino, i premi da lui ottenuti, i ricordi di famiglia e quant’altro nella casa è contenuto, con l’obbligo di provvedere alle spese della manutenzione”
Tra il 12 novembre e il 3 dicembre 1955 fu redatto un primo sommario elenco dei documenti per poi procedere ad in lavoro di inventariazione analitica, condotto a Firenze a cura della Soprintendenza bibliografica, diretta all’epoca da Giovanni Semerano, ed affidata ad un suo collaboratore, Mario Donadoni, studioso di Pascoli.
La documentazione, arrivata a Firenze in pacchi casualmente combinati, secondo quanto poi testimoniò Donadoni, venne stata esaminata e schedata foglio per foglio e suddivisa in base alla tipologia documentaria; l’inventariazione delle carte di Giovanni venne fatta in modo alquanto analitico, quella delle carte di Maria in maniera sommaria.
Terminato il lavoro, nel 1957 le carte tornarono a Barga; data la temporanea inagibilità della casa Pascoli di Castelvecchio, furono conservate presso il Comune fino al 1958, quando furono riportate nell’abitazione del poeta, finalmente restaurata.
Nella prima metà degli anni Settanta fu realizzata presso l’Archivio di Stato di Lucca una dettagliata microfilmatura di tutte le carte di Giovanni Pascoli. Negli anni seguenti vi furono nuove acquisizioni documentarie: furono acquistate 23 lettere di Pascoli a Pilade Mascelli, datate tra il 1887 e il 1895. Negli anni Novanta furono portati avanti alcuni interventi di restauro dei documenti più danneggiati e di revisione di una parte dell’inventario. Essendo però evidente l’opportunità di procedere ad un nuovo e più analitico lavoro di inventariazione analitica, che approfondisse e rivedesse il lavoro di Donadoni, pur lasciandone intatta la struttura organizzativa, fu richiesto ed alla fine ottenuto un consistente finanziamento alla Presidenza del Consiglio dei ministri sul capitolo otto per mille, che ha permesso di portare avanti il lavoro di inventariazione e digitalizzazione delle carte.

Patrimonio
L’Archivio Pascoli conservato a Castelvecchio conserva:
– Le carte di Giovanni Pascoli (circa 36.000 documenti), contenenti tutti gli autografi della produzione poetica e letteraria del poeta, i carteggi con i familiari e gli amici e con i più importanti intellettuali e letterati del suo tempo;
– Le carte della sorella Maria (circa 24.000 documenti), di grande rilevanza per la ricostruzione della fortuna critica e della biografia del Poeta. Sia durante la vita di Giovanni, che dopo la sua morte, Maria ha infatti avuto un ruolo determinante nella conservazione e nell’ordinamento della documentazione, della quale ben comprendeva l’importanza e che costituì anche la fonte dell’opera biografica da lei intrapresa, “Lungo la vita di Giovanni Pascoli”;
– Circa 1600 fotografie molte delle quali scattate dallo stesso Pascoli;
– Una raccolta di circa 6.000 giornali, contenenti articoli di Pascoli o a lui dedicati, spesso con commenti e sottolineature autografe di Pascoli e, soprattutto, della sorella Maria, che continuo la raccolta durante tutta la sua vita.




Fonderia del Pignone

Sede e contatti
Via Matteucci, 2 – 50127, Firenze
Tel. 055 423211
Sito web: http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=40490

Breve storia
Il Nuovo Pignone trae origine dal vecchio stabilimento Pignone esistente a Firenze già alla fine dell’800 e che fin dalle origini orientò la produzione prevalentemente all’industria meccanica media e pesante. Nacque nel 1841 con il nome di “Fonderia di ferro di seconda fusione fuori la porta San Frediano” per iniziativa di due tecnici abili nel campo della siderurgia e della meccanica. Dopo dieci anni la Pignone aveva un ruolo di primo piano nell’economia toscana e assumeva la denominazione “Pignone” dal borgo in cui avevano sede gli stabilimenti.
La maggior parte della produzione era costituita da fusioni artistiche e commerciali, in un connubio tra arte e industria che si giovava della meccanizzazione nel campo dell’ornamento e dell’arredo. Altro ramo di produzione era quello dei frantoi, strettoi, macchine a vapore per battere il grano o i prodotti per l’industria olearia, vinicola e agricola. Nel 1853 fu il Piagnone a realizzare alcune parti del primo motore a scoppio Barsanti e Matteucci. Una parte della produzione era anche riservata alla fabbricazione di strumenti meccanici e di precisione. Nel 1874 si trasformò in “Società anonima Fonderia del Pignone”: fino al 1915 è rimasta la prima fonderia toscana per importanza e una delle prime in Italia; da quello stesso anno tutta la produzione fu orientata a articoli utili a “soddisfare i bisogni dell’esercito”, finché alla fine della guerra tornò agli antichi settori, rinforzando la produzione di compressori, motori a olio pesante, macchine olearie. L’attività produttiva di carattere militare fu conservata e potenziata con la costruzione di un torpedificio, previ accordi con la Marina. Nel dopoguerra entrò a far parte del gruppo Snia e nel 1953-54, dopo una gravissima crisi, fu costretto a chiudere. Nello stesso periodo fu costituita una nuova società per azioni con intervento di capitale pubblico, attraverso l’Eni, società con il nome di “Nuovo Pignone” che rilevò l’attività.

Patrimonio
Il fondo è stato individuato e sottoposto alla prima dichiarazione nel 1979, aveva subito pesanti riduzioni a causa di scarti antecedenti agli anni Settanta e da quelli interne al gruppo Eni. Erano stati esclusi dalla eliminazione solo i libri societari (dal 1954) e i fascicoli del personale in servizio. Di un fondo fotografico di cui si conosceva l’esistenza fin dal censimento, ma non la consistenza, si sa che in parte è stato distrutto, perché il materiale era inconsultabile, mentre una parte venne trasferito a Firenze in occasione della mostra presso le sale della mensa aziendale della Società del 1982, intitolata “Immagini di una fabbrica fiorentina” e promossa dal Cral.
Dall’archivio sussidiario di Massa Marittima provengono le foto costituenti un piccolo fondo fotografico degli anni 1920-1930. Per quanto riguarda l’archivio aziendale in senso proprio si segnala che gli atti societari, la documentazione amministrativo contabile, le carte prodotte dal settore produttivo, con una piccola raccolta di disegni e lastre fotografiche sono tutti rappresentati; della documentazione prodotta dalla vecchia società Pignone esistono solo i bilanci a stampa dei primi sei anni della società (1842-1847). Delle carte degli anni Trenta e Quaranta del Novecento si tratta quasi esclusivamente di libri obbligatori e poco carteggio con i rapporti con la Marina. Sono conservati gli atti della società in liquidazione fino al 1974.




Fondazione Paolo Cresci per la storia dell’emigrazione italiana

Sede e contatti
Palazzo Ducale
Cortile Carrara, 1 – 55100 Lucca
Tel. 0583 417483/4; Fax. 0583 417770
E-mail: info@fondazionepaolocresci.it
Sito web: http://www.fondazionepaolocresci.it/
Orari: 1 ott. – 30 apr.: 9.30-12.30; 14.30-17.30
1 mag. – 30 set.: 10.00-12.30; 15.00-18.30
Chiuso il lunedì
Accesso all’archivio e alla biblioteca su appuntamento

Organi direttivi
Direttore: Arch. Pietro Luigi Biagioni
Responsabile scientifico: Dott.ssa Maria Rosaria Ostuni
Ricercatrice: Dott.ssa Marinella Mazzanti

Breve storia e finalità
L’Archivio della Fondazione Paolo Cresci per la storia dell’emigrazione italiana, dal nome dello studioso fiorentino che ne ha curato la raccolta, comprende una miscellanea di materiale documentario relativo all’emigrazione italiana tra Ottocento e Novecento.
Nel 1998, l’archivio è stato acquisito dalla Provincia di Lucca nel 1998 ed è stato inaugurato il 31 marzo 2001 nella Cappella di Santa Maria della Rotonda, all’interno di Palazzo Ducale.
Nel maggio 2002 è stata costituita la Fondazione che si propone la realizzazione di varie iniziative volte ad allargare e approfondire le ricerche sulla storia dell’emigrazione italiana e degli emigranti e la conservazione e arricchimento del proprio patrimonio. Annarita Rossi e Marinella Mazzanti curano la catalogazione informatica degli innumerevoli documenti (siamo nell’ordine di alcune decine di migliaia di pezzi). Le schede, realizzate con un database, contengono informazioni sulla tipologia e cronologia del documento, dati anagrafici dell’emigrante, luogo di partenza, di arrivo e lavoro svolto. Ogni scheda segue una numerazione progressiva secondo i criteri adottati da Paolo Cresci nella prima catalogazione, interrotta dalla sua prematura scomparsa.
La collezione di documenti, riviste, oggetti e quant’altro è possibile vedere oggi, sono il frutto di un paziente e meticoloso lavoro di ricerca e d’accumulo di Paolo Cresci, iniziato a partire dalle vicende dei parenti della moglie Silvana, nativa di Fosciandora (Lucca).
Paolo Cresci stabilì successivamente rapporti con antiquari, frequentando mercatini dell’usato, librerie antiche, case abbandonate, amministrazioni comunali della Garfagnana, nonché gli stessi emigranti rientrati in patria o i loro parenti. Gran parte del materiale riguarda, infatti, le zone garfagnine e lucchesi, ma non mancano i documenti provenienti da altre regioni. La raccolta si caratterizza pertanto per l’eterogeneità, essendo composta da epistolari, cartoline, fotografie originali e non, riviste, quotidiani, libri e vari oggetti personali, testimonianza di una molteplicità di persone che tra il XIX e XX secolo abbandonarono l’Italia in cerca di fortuna.
L’obiettivo prioritario della Fondazione Paolo Cresci è rivolto alla valorizzazione sistematica della raccolta, in modo da rendere il materiale dell’archivio fruibile a tutti, tecnici e non, con un occhio di riguardo specialmente verso i non addetti ai lavori; questo per consentire, a quanti lo visiteranno, una comprensione immediata e completa, rendendoli partecipi di una storia che, probabilmente, è anche quella dei loro avi e, di rimando, la propria. Qualsiasi intervento relativo all’archivio presupponeva una catalogazione sistematica del materiale documentario; infatti é ormai completato il lavoro di riordino della raccolta, realizzato su supporto informatico.
Paolo Cresci aveva intrapreso una catalogazione di massima, usando però criteri rispondenti più a esigenze personali che a principi universalmente condivisi di sistematicità e scientificità. D’altronde questo è comprensibile, per chi, come lui, è stato combattuto, da una parte, da un’ardente passione che lo ha spinto ad accumulare, talvolta in modo quasi maniacale, una varietà smisurata di materiale disomogeneo, e dall’altra, ha però anche avvertito la necessità di una sistemazione organica, di difficile attuazione proprio in ragione della mole dei pezzi raccolti.
Al fine di preservare l’impronta data da Cresci alla raccolta, si è pensato di seguire l’ordine da lui stesso adottato, utilizzando però principi uniformi e analitici rispetto alle nuove esigenze venutesi a creare riguardo alla divulgazione e all’immediatezza della fruibilità dell’intera raccolta. Il lavoro di schedatura non ha la pretesa di essere esaustivo e definitivo, ma vuole solo fornire una mappa del reale valore qualitativo e quantitativo della collezione.
A tal fine è stato approntato un database, dove ogni singolo pezzo è stato schedato in base a precise categorie e può essere continuamente richiamato e visualizzato tramite particolari funzioni del programma.




Fondazione Luciano Bianciardi

Sede e contatti
Via De Petris, 32/34 – 58100, Grosseto
Tel. 0564 412732
E-mail: info@fondazionebianciardi.it
Sito web: http://www.fondazionebianciardi.it/

Organi direttivi
Consiglio d’amministrazione: Massimiliano Marcucci, Roberta Giorgi, Luciana Bianciardi, Cristina Citerni, Tiberio Gazzei, Fabrizio Guasconi, Rossano Marzocchi, Paola Mauri, Paola Vaselli
Comitato scientifico: Lucia Matergi, David La Mantia, Laura Ciampini, Sacha Naspini , Stefano Adami, Luciana Bianciardi, Arnaldo Bruni, Fabio Canessa, Giuseppe Corlito, Massimiliano Marcucci, Giuseppe Orfino
Collegio dei sindaci revisori: Marianna Festeggiato, Lucio Moroni

Breve storia, finalità e patrimonio
La Biblioteca e l’Archivio sono frutto di un’opera di costruzione progressiva. Soprattutto per la parte relativa alle carte di Luciano Bianciardi, il compito procede lentamente, perché la sofferta biografia dello scrittore ha portato alla dispersione dei materiali che vanno ora rintracciati uno ad uno.
Attualmente, per la sezione bianciardiana, sono stati raccolti carteggi, foto ed altro materiale per circa 250 documenti, il cui lavoro di ricerca e di raccolta ha fino ad ora costretto al rinvio di quello di schedatura.
Particolarmente importante, in tale condizione, risulta la collaborazione degli amici di Bianciardi o dei loro familiari e la Fondazione fa appello a quanti, non ancora contattati, possano fornire documentazione o indizi, testimonianze.
Accanto al lavoro di raccolta delle carte di Luciano Bianciardi, è stata avviata la costruzione di una biblioteca specializzata, primo passo necessario per fare della Fondazione, com’è del resto nei suoi intenti programmatici, il centro più attrezzato, per studiare al meglio lo scrittore grossetano.
Ad oggi il catalogo contiene 1200 schede bibliografiche, relative soprattutto ad opere di e su Bianciardi, sue traduzioni e testi in originale, antologie a cui ha collaborato, opere in cui è citato come personaggio, estratti vari.
Le opere in periodici (in prevalenza ritagli e fotocopie) sono, invece, oltre ottocento quelle di Bianciardi e circa millecento quelle su Bianciardi.
Sono state poi raccolte, grazie anche allo specifico Premio bandito per la prima volta nel 1997, 24 tesi di laurea su Luciano Bianciardi, provenienti da ogni parte d’Italia. Sono poi conservate nella Biblioteca della Fondazione anche tesi sulla letteratura italiana del Novecento e sulla storia locale.
Un’altra importante serie di volumi è quella sulla storia locale del Novecento, che permette di far luce, in particolare, sui decenni in cui Bianciardi si è formato ed ha operato. A questo scopo, risultano utilissimi anche i fondi di due intellettuali grossetani: Tullio Mazzoncini e Mario Terrosi. Il primo, donato in fotocopia dalla figlia Marta, è costituito da una serie di articoli, usciti per lo più su “La Nazione”, che coprono un periodo che va dal 1961 al 1977. Il secondo, fatto gentilmente fotocopiare da Terrosi, comprende i materiali più svariati (ritagli di giornale, fotografie, disegni, annunci pubblicitari, ecc.), riguardanti tutto il suo percorso culturale.
Non mancano, poi, raccolte di testi che documentano, in qualche modo, gli interessi, le attività e i percorsi di ricerca della Fondazione: le più significative, anche perché continuamente aggiornate, sono quelle sulle tematiche dell’istruzione e dell’aggiornamento degli insegnanti e quella sui fenomeni della globalizzazione, della crisi dello Stato nazionale e della trasformazione del sapere.
Il settore della biblioteca che, in quest’ultimo periodo, ha conosciuto l’incremento più consistente è quello legato alla costruzione del Fondo Autori Contemporanei, curato da Giovanna Leoni e Tiziana De Rosa. Grazie al diretto coinvolgimento di poeti e scrittori contemporanei, si è già potuto acquisire una discreta quantità di materiali, anche qualitativamente rilevanti. Gli autori hanno collaborato al progetto inviando materiale edito, anche di difficile reperibilità (edizioni esaurite, edizioni d’arte, plaquettes), materiale inedito e una notevole quantità di articoli, recensioni, saggi, note critiche sia di loro stessi che di altri autori sulla loro opera. Molto consistente l’area dedicata alla poesia contemporanea, con particolare riguardo alla poesia italiana; interessanti le sezioni di letteratura al femminile, di produzione dialettale e di narrativa.
Di più recente costituzione è il “Fondo Riviste Contemporanee”, che raccoglie le riviste di cultura inviate alla Fondazione.
Nell’Archivio sonoro risultano disponibili alcuni filmati di repertorio, della RAI e della Televisione Svizzera Italiana, con e su Bianciardi, nonché programmi radiofonici e servizi più recenti sullo scrittore e sulle varie iniziative che lo riguardano. Vi si trovano, poi, le registrazioni che documentano le varie attività della Fondazione nel corso del tempo (convegni, presentazioni, seminari, ecc.) e una serie di testimonianze orali raccolte prevalentemente tra gli amici e i conoscenti del Bianciardi del periodo grossetano: 27 interviste in tutto, di cui 12 in video.