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La mostra “Stragi nazifasciste nella provincia di Grosseto”

MOSTRA STRAGI2“Stragi nazifasciste nella provincia di Grosseto” è una mostra allestita dal 2002 nella Biblioteca “Francesco Chioccon” dell’Isgrec; trae la sua origine dal progetto “Per salvare la memoria delle stragi nazifasciste in Italia”, che la Regione Toscana dal 1999 ha promosso, coinvolgendo tutte le province toscane.

Allestita in un momento in cui si era – lo si è ancora, per la verità, anche se la ricerca, almeno nel grossetano è andata avanti – ancora lontani da una visione d’insieme, ma anche da una conoscenza puntuale degli episodi, rimane tuttavia l’utilità dell’aver estratto dalla documentazione rintracciata qualche traccia degli eventi occorsi nella provincia di Grosseto nel periodo compreso tra il settembre 1943 e il giugno 1944, traccia che potrà essere utile a una interpretazione d’insieme, a una comparazione tra casi.

La memoria pubblica nel tempo ha consolidato il ricordo e la conoscenza degli episodi che sono apparsi i più tragici, per il numero delle vittime o le modalità dell’uccisione, e che hanno ricevuto una sanzione giuridica con un processo – così è stato per le vittime della Niccioleta e soprattutto per i Martiri d’Istia; non hanno invece trasmesso memoria, documentazione o immagini molti degli episodi “minori”. La cronologia ricostruita, infatti, documenta con sicurezza le stragi (uccisione di almeno 5 persone, secondo la definizione accolta da Enzo Collotti e Tristano Matta) ma riteniamo che sia incompleta per gli episodi di eccidio (uccisione da 2 a 4 persone) e per le uccisioni di singole persone.

Il contesto è quello di una guerra civile ma i lutti di cui si tratta nel grossetano non sono il prodotto degli scontri militari tra quanti avevano scelto di – o erano costretti a – combattere, piuttosto l’esito di un uso della violenza sulle popolazioni civili che ha caratterizzato qui e altrove la strategia complessiva delle forze militari tedesche, con la complicità e in qualche caso la diretta iniziativa delle autorità fasciste italiane.

La cronologia dall’ottobre 1943 al giugno 1944  evidenzia una crescita di intensità delle uccisioni di civili nella fase che precedette e accompagnò la ritirata delle forze militari tedesche. Quella che fu “pratica sistematica di un sistema di ordini” (Portelli), non esclude le responsabilità individuali, anche se “si inventò allora una parola nuova, befehlnotstand (impossibilità di disobbedire). Ormai sappiamo da diverso tempo che tale befehlnotstandnon è mai esistito” (Klinkhammer).MOSTRA STRAGI

Furono misure punitive, rappresaglie, azioni terroristiche per scoraggiare l’appoggio delle popolazioni ai partigiani. Un modo per spezzare l’apporto della Resistenza civile alla resistenza armata. La fenomenologia delle stragi, una volta compiutamente ricostruita, nel contesto di uno stillicidio di episodi in cui la “macchina della morte” colpisce uomini inermi di cui talvolta non è rimasto neanche il nome, ci restituirà un quadro accettabilmente chiaro, pur nella difficoltà di reperire documenti ed accertare l’attendibilità delle testimonianze.

La mostra si compone di 10 pannelli, divisi in sezioni tematiche: introduzione, il contesto storico, le stragi, la memoria, la giustizia.

Ricerca archivistica: Leonardo Mineo

Ricerca bibliografica: Antonio R. D’Agnelli

Ricerca storica e testi: Luciana Rocchi

Collaborazioni: Barbara Solari, Mirko Bonari, Nicla Capitini Maccabruni, Franco Dominici, Carlo Groppi

Fonti archivistiche da: Fondo CPLN, fondo CLN Manciano, fondo ANPI (Archivio ISGREC); Fondo CLN Massa Marittima (Archivio storico Comune di Massa Marittima); Archivio storico Comune di Roccalbegna; Archivio di Stato di Grosseto, Archivio Banchi, Archivio privato Groppi




Mostra sulla Resistenza a Massa M.ma e sulla strage di Niccioleta

C000022La sala consiliare del Comune di Massa Marittima, intitolata a Norma Parenti, ha sempre conservato alcuni ingrandimenti di foto tratte dall’archivio fotografico Banchi, che documentano la Resistenza massetana. Dal giugno 2006 lì è stata allestita una mostra permanente, che utilizza alcune delle immagini del fondo Banchi, ma contiene anche una ricostruzione storica degli eventi resistenziali e, separatamente, della strage nazifascista della Niccioleta.

Le schede storiche sono state elaborate utilizzando fonti archivistiche e testimonianze orali, accanto a più recenti contributi storiografici relativi alla strage dei minatori di Niccioleta.

La mostra si compone di 5 pannelli sulla Resistenza massetana e 5 pannelli sulla strage della Niccioleta. La cura della mostra e la ricerca storico-archivistica sono di Luciana Rocchi e Barbara Solari, che hanno utilizzato foto provenienti dall’archivio fotografico Corrado Banchi di Massa Marittima e immagini tratte da un Combat film del National Archives Washington, nonché documenti e manifesti conservati nell’Archivio di stato di Grosseto, nell’Archivio storico del Comune di Massa Marittima e nell’Archivio ISGREC. Il progetto grafico è stato curato da Francesco Canuti.

I 5 pannelli sulla Resistenza a Massa Marittima intendono disegnare un quadro d’insieme del contesto in cui maturò e si sviluppò la lotta partigiana in questo territorio, lotta che ebbe caratteristiche peculiari in termini di vivacità e coinvolgimento di tutte le componenti sociali. Il percorso delineato dai pannelli vuole innanzitutto rendere conto dello straordinario sostegno della Resistenza civile alla Resistenza armata: il cibo e la protezione offerti dai contadini, i collegamenti assicurati dalle staffette, la solidarietà dei minatori, la complicità del clero, la disobbedienza della magistratura.

La mostra non trascura di delineare il contesto storico in cui maturò e si sviluppò la scelta di molti di prendere parte alla lotta armata contro i nazifascisti fin dalla proclamazione della RSI e dalla pubblicazione di “avvisi agli sbandati”, circolari, telegrammi ai podestà dei comuni annunciavano “l’inesorabile” per i disobbedienti e severe punizioni alle famiglie. Trovano spazio in questo contesto sia il famoso bando firmato da Almirante nel maggio del 1944 (ritrovato peraltro proprio nell’archivio del Comune di Massa Marittima), che annunciava la condanna a morte per renitenti alla leva e disertori, sia le disposizioni del comando militare tedesco, tese ad annientare le bande, che impedivano il controllo del territorio.

Ampio spazio è dato poi al contributo delle azioni militari dei partigiani massetani, compreso l’episodio più tragico e controverso, la “battaglia del Frassine”, il 16 febbraio del 1944 (l’epilogo di un rastrellamento condotto con grande dispiegamento di forze, sollecitato da una spia fascista), che portò alla perdita di 5 vite umane – Silvano Benedici, Pio Fidanzi, Otello Gattoli, Salvatore Mancuso, Remo Meoni – ma anche ad aspre polemiche sulla conduzione delle azioni militari da parte del comandante Chirici.

caduti_massa_mmaSono ricordate, oltre alle cinque vittime del Frassine, altri caduti della resistenza militare e civile: il tenente Alfredo Gallistru ed Elvezio Cerboni (entrambi medaglia d’argento al v.m.); la staffetta partigiana Norma Parenti, trucidata il 22 giugno 1944; i due sacerdoti Don Angelo Biondi e Don Ugo Salti, che si schierarono apertamente contro i nazifascisti.

In un pannello che ricorda le molte azioni dei partigiani massetani sono state inserite anche immagini di un Combat film girato dagli operatori americani (conservato nell’archivio ISGREC), che documentano il cammino della banda del Chirici verso Massa Marittima.

Anche i 5 pannelli sulla vicenda di Niccioleta intendono mettere a fuoco il contesto e le peculiarità di questa strage di civili, una delle più feroci compiute dai nazifascisti lungo la linea della ritirata dell’esercito tedesco, tale da configurare uno degli esempi più lampanti della strategia del comando supremo tedesco, tesa a scoraggiare, mediante la violenza, l’appoggio della popolazione ai partigiani. Molti degli 83 minatori uccisi da forze fasciste e reparti germanici (Wehrmacht o SS)  figuravano negli elenchi dei turni di guardia, decisi dagli stessi minatori per difendere gli impianti dalla furia devastatrice dei nazifascisti.

Non è stata provata nessuna correlazione con uccisioni di soldati tedeschi da parte di partigiani, tale da configurare l’ipotesi di una rappresaglia.

donne_niccioletaGrande spazio viene dato nei pannelli sia alla ricostruzione storica degli avvenimenti, sia al radicamento nella memoria collettiva di questo episodio, dalle prime commemorazioni nel 1945, ai monumenti e lapidi sparse in tutto il territorio, dalle prime ricostruzioni di Zannerini nel 1945 a quelle di Bianciardi e Cassola, fino ad arrivare alla ricostruzione del Prof. Paolo Pezzino.

Indirizzo: Sala Consiliare “Norma Parenti”, via Perenti 69, Massa M.Ma

Orari: Apertura su prenotazione, solo per gruppi

Ingresso: gratuito

Contatti: Biblioteca di Massa M.ma, tel. 0566 902078 / 902089




Il seminario di Roccatederighi e la lapide che ricorda l’internamento degli ebrei

seminario-roccatederighiLa sede estiva del  seminario vescovile di Grosseto non è mai stato considerato luogo della memoria dell’ex campo di concentramento per ebrei di Roccatederighi. E’ una villa staccata dal paese, circondata da un parco, in mezzo al verde. Non è stato facile raccogliere qualche testimonianza tra i rocchigiani, che hanno nel tempo dimenticato (rimosso?) la vicenda degli ebrei. Qual che si sa del rapporto tra il paese e il campo è che gli ebrei talvolta accompagnavano i militi nelle loro uscite, che uno dei grossetani trovò una fidanzata, poi diventata sua moglie, proprio grazie alle uscite dal campo. Sappiamo anche che il parroco e altri, alla fine della vita del campo, custodirono bauli e oggetti ricevuti in deposito dagli internati, che le ricerche successive di parenti, attraverso le organizzazioni di aiuto, in particolare la DELASEM, consentirono di restituire. La fine del campo coincise con un momento difficile, di scontro finale tra fascisti e antifascisti. Ci fu l’uccisione di alcuni uomini, proprio nelle vicinanze del seminario, durante uno scontro armato; forse anche questo episodio a lungo controverso nella ricostruzione ha contribuito  mettere a tacere ricordi e narrazioni, che chiamano in causa il momento di apertura dei cancelli del campo e la fuga di perseguitati e persecutori.

Nel tempo il vecchio edificio è stato affiancato da una costruzione, voluta dal vescovo  Galeazzi (lo stesso dell’epoca del campo) per ospitare attività di formazione e soggiorni estivi. Tutto il complesso però era da tempo in stato di abbandono, quando sono iniziati lavori di ristrutturazione per la realizzazione di un progetto di carattere sociale. Non vi era dunque traccia della memoria del campo, fino a quando l’ISGREC ha proposto alla Curia e alle istituzioni (Provincia di Grosseto, Comune di Roccastrada) di porre lì una lapide. Questo è avvenuto nel 2010, con la partecipazione della Comunità ebraica di Livorno. Da allora le visite si sono di molto accresciute e si è moltiplicato l’interesse verso questa triste pagina della nostra storia.

 lapide_roccatederighi

Il testo della lapide:

IN QUESTO LUOGO, PARZIALMENTE TRASFORMATO IN CAMPO DI CONCENTRAMENTO, TRA IL 28 NOVEMBRE 1943 E IL 9 GIUGNO 1944 FURONO RINCHIUSI NUMEROSI EBREI, VITTIME DELLA PERSECUZIONE RAZZIALE VOLUTA DAL FASCISMO.

38 DI LORO –  UOMINI, DONNE E BAMBINI, 29 STRANIERI E 9 ITALIANI – FURONO DEPORTATI NEI CAMPI DI STERMINIO DEL III REICH, DA DOVE QUASI NESSUNO TORNÒ.

LA MEMORIA DI QUEL DOLORE NON PUÒ RISARCIRE, MA RIMANE COME DOVERE E ESPRESSIONE DI FERMA VOLONTÀ DI OPERARE PERCHÉ CIÒ CHE È ACCADUTO NON DEBBA MAI PIÙ RIPETERSI.

ISTITUTO STORICO GROSSETANO  DELLA RESISTENZA E DELL’ETA’ CONTEMPORANEA

DIOCESI DI GROSSETO

COMUNITÀ EBRAICA DI LIVORNO

COMUNE DI ROCCASTRADA

PROVINCIA DI GROSSETO

COMUNE DI GROSSETO

27 Gennaio 2008 – Giornata della memoria




Mostra sulle persecuzioni antiebraiche in provincia di Grosseto

Dal 1995, sulla sollecitazione di una grande mostra, che l’ISGREC espose a Grosseto nel 1995, opera di grande valore storico per la comprensione del razzismo fascista, ci si interrogò su quello che era accaduto nel territorio grossetano tra 1938 e 1944. Emersero subito alcuni dati, che dettero inizio al recupero di una memoria rimossa, quella delle persecuzioni antiebraiche, che ebbero il loro acme tra novembre 1943 e giugno 1944 e si conclusero con la deportazione ad Auschwitz di un gruppo di ebrei. Così accanto ai pannelli della “Menzogna della razza” furono esposti quelli di una piccola mostra, modesta nella forma espositiva, ma tale da suscitare il desiderio di andare ancora avanti e sommare a quelle prime informazioni dati più corposi e una ricostruzione più solida.  Le tappe del lungo percorso di ricerca sono testimoniate da una mostra e da una uscita dal locale, attraverso la partecipazione al gruppo di ricerca coordinato dallo storico Enzo Collotti, conclusosi con la pubblicazione dei due volumi, a sua cura, Ebrei in Toscana 1943-1945. Persecuzione, depredazione deportazione (Carocci, Roma 2007), in cui il saggio di Luciana Rocchi Ebrei nella Toscana meridionale delinea nei suoi tratti complessivi il carattere degli eventi che collocarono Grosseto tra le province in cui fu allestito un campo di concentramento per ebrei. Successivo, per la singolarità della fenomenologia del rapporto tra fascismo locale ed ebrei, un interesse di RAInews24 da cui nacque il documentario Roccatederighi campo di concentramento, con la regia di Vera Paggi e la consulenza storica di Luciana Rocchi. Nel frattempo, risale al 2002 l’allestimento di una mostra permanente, grazie al reperimento di nuovi documenti e al sostegno offerto dalla legge regionale toscana “Per salvare la memoria delle stragi nazifasciste in Toscana”. Da allora e fino al 2012 tutto il materiale, mostra e cataloghi, è stato esposto nella Stanza della memoria-biblioteca dell’ISGREC. Ora, per una scelta di valorizzazione di luoghi  della memoria, è stato trasferito a Roccatederighi, nella sede del Centro civico. Dieci pannelli descrivono le fasi della “persecuzione delle vite a Grosseto”, dalla Carta di Verona, all’ordine di polizia n. 5 al calvario che condusse  38 persone – questo è il numero che si è indicato, sulla base delle verifiche fatte – alla deportazione nei lager del III Reich. La mostra contiene documenti estratti da archivi grossetani – fondi Questura, Prefettura e Comune di Grosseto, depositati nell’Archivio di Stato, Archivio storico della Curia Vescovile –e dall’Archivio Centrale dello Stato. Un documento straordinario, di cui non abbiamo avuto l’originale, ma che abbiamo trovato riprodotto in una piccola, generica  pubblicazione locale, è il diario di un internato speciale, Azeglio Servi, facente funzione di rabbino a Pitigliano al momento degli arresti, che annota nel suo libro di preghiere i nomi e le date degli internati a Roccatederighi che partono, in due convogli, per Fossoli di Carpi e per Scipione di Salsomaggiore rispettivamente nei due convogli che condurranno quasi tutti i trasportati verso i lager. L’ultima pagina è una breve, toccante cronaca del momento della liberazione degli ultimi internati, nel giugno del crollo del fascismo repubblicano a Grosseto e dell’odissea della sua famiglia, che si ricompone, dopo il periodo delle peregrinazioni. Tra i suoi figli, alcuni erano nel campo con i genitori, altri si erano uniti alle bande partigiane della zona di Pitigliano, sottraendosi all’internamento e condividendo i rischi della fuga e dello schieramento antifascista, anche grazie all’aiuto di quanti, nelle campagne dei dintorni, hanno guadagnato con il coraggio di allora un posto tra i “Giusti delle nazioni”. Gli alberi che li ricordano nel giardino dello Yad Vashem, a Gerusalemme.,  sono stati piantati nel coro degli ultimi anni, anche grazie al recupero della memoria di quei fatti a Pitigliano, voluto con grande determinazione da Elena Servi, fondatrice dell’Associazione “La piccola Gerusalemme”, all’epoca bambina in fuga nella campagne insieme alla famiglia. Ma il lavoro di ricerca, la produzione culturale e la divulgazione didattica – visite guidate alla mostra, visite guidate a Roccatederighi, convegni e corsi di aggiornamenti per insegnanti – che è stato uno dei maggiori impegni dell’ISGREC nel corso di questi quasi venti anni, hanno contribuito a sottrarre all’oblio una pagina di storia che non deve essere dimenticata.




Hotel Baglioni

Da fine luglio del 1944 il famosissimo Hotel Baglioni, a Firenze, si trova a dover accogliere centinaia di persone costrette ad abbandonare le abitazioni sui lungarni a seguito delle decisioni del Comando militare nazista sulla distruzione dei ponti sull’Arno.
Francesco Baglioni, che all’epoca era il proprietario dell’Hotel, all’interno delle sue memorie ha raccontato gli ultimi giorni dell’occupazione tedesca.
Baglioni ricorda che il 29 luglio in città vengono esposti i manifesti in cui i tedeschi ordinavano lo sgombero dei lungarni: «Con un manifesto affisso verso le 14, i tedeschi ordinano lo sgombero dei Lungarni e di tutte le vie adiacenti, per le ore 12 di domani. Gli ottimisti pensano che sia alla vigilia della fuga dei tedeschi[…]. Altri ne deducono che i ponti di Firenze saranno fatti saltare; io sono nettamente per questa seconda ipotesi».
Nel giro di poche ore molti fiorentini si recano all’hotel per avere un riparo, ma Francesco è costretto a far entrare solo poche persone perché i viveri di cui dispone l’hotel sono molto pochi.
È sempre Francesco che racconta la sera del 3 agosto, quando i tedeschi fanno saltare in aria i ponti fiorentini: «Sono circa le 22; improvvisamente siamo investiti dal primo terribile scoppio che fa sussultare l’intero edificio. Pare davvero la fine del mondo[…]. Un’ora dopo, e poi via via fino alle quattro e mezzo del mattino, in un’atmosfera di terrore che va diventando sempre più opprimente, gli scoppi si susseguono implacabilmente. Sono i ponti di Firenze che saltano uno dopo l’altro, vittime di una furia selvaggia di distruzione e di morte. […]. Prima ancora di saperlo, abbiamo ormai la tragica certezza che i ponti di Firenze hanno cessato di esistere».
Ma l’Hotel dopo la ritirata dei tedeschi passò da essere un semplice luogo di rifugio ad essere uno degli avamposti delle truppe della Resistenza, infatti i partigiani della Divisione “Arno”, circa un centinaio di uomini, posizionarono una serie di mitragliatrici pesanti sul tetto dell’Hotel.




INDIRE – Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa

Sede e contatti
Via Michelangelo Buonarroti, 10 – 50122 Firenze
Centralino: 055.2380 301
PEC: Indire@pec.it
Sito web: http://www.indire.it
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 19

Organi direttivi
Presidente: Giovanni Biondi
Direttore Generale: Flaminio Galli

Breve storia e finalità
L’Indire, Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa è il più antico ente di ricerca del Ministero dell’Istruzione. Fondato nel 1925 come Mostra Didattica Nazionale con il compito di raccogliere e valorizzare il lavoro svolto dalle scuole dell’epoca, ha accompagnato negli anni l’evoluzione del sistema scolastico italiano. Oggi l’Istituto è il punto di riferimento per la ricerca educativa. È impegnato nella promozione dei processi di innovazione nella scuola: sviluppando nuovi modelli didattici, sperimentando l’utilizzo delle nuove tecnologie nei percorsi formativi, ridefinendo il rapporto tra spazi e tempi dell’apprendimento e dell’insegnamento. Vanta una consolidata esperienza nella formazione in servizio del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario e dei dirigenti scolastici ed è stato protagonista di alcune delle più importanti esperienze di e-learning a livello europeo.

L’Indire, con l’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) e il Corpo ispettivo del Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), è parte del Sistema Nazionale di Valutazione in materia di istruzione e formazione. In questo ambito, sviluppa azioni di sostegno ai processi di miglioramento della didattica e dei comportamenti professionali del personale della scuola per l’innalzamento dei livelli di apprendimento e il buon funzionamento del contesto scolastico. Attraverso monitoraggi quantitativi e qualitativi, banche dati e rapporti di ricerca, l’Indire osserva e documenta i fenomeni legati alla trasformazione del curricolo nell’istruzione tecnica e professionale e ai temi di scuola e lavoro. L’Indire ha il compito di gestire Erasmus+, il nuovo programma dell’Unione europea per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport per il periodo 2014-2020. Inoltre, fa parte del Consorzio European Schoolnet – EUN, composto da 30 Ministeri dell’Educazione dei Paesi europei, che promuove l’innovazione nei processi educativi in una dimensione europea.

L’Ente nasce nel 1925 come Mostra didattica nazionale sui prodotti delle scuole “nuove”, quelle che realizzavano l’idea di Giuseppe Lombardo Radice di una didattica intesa come esperienza “attiva”. Nel 1929, per dare una sede permanente alla Mostra, viene istituito il Museo Didattico Nazionale che nel 1954 diviene Centro Didattico di Studi e Documentazione e nel ’74 Biblioteca di Documentazione Pedagogica (BDP). Durante gli anni ’80, la BDP fu protagonista di un pionieristico utilizzo delle tecnologie digitali che rivoluzionò l’idea stessa di documentazione didattica, facendone un innovativo motore di diffusione della conoscenza. Il 1995 è l’anno di Internet e inizia un’opera di supporto alle scuole per un utilizzo più intenso e consapevole della Rete. Nel 1999 progetta e realizza il primo percorso di formazione interamente online rivolto ai docenti che vedrà oltre 90.000 iscrizioni. Nel 2001 la BDP diviene Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innovazione e la Ricerca Educativa (Indire). Nel periodo 2001-2011, l’Indire è impegnato in grandi iniziative online per la formazione degli insegnanti italiani e nella promozione dell’innovazione tecnologica e didattica nelle scuole. Nel 2007, l’Indire diviene Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica. A settembre 2012 viene ripristinato l’Indire come Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa. Oggi l’Indire continua ad essere al fianco della scuola per promuovere l’innovazione didattica e sostenere i processi d’apprendimento.

Patrimonio
Indire è stato fondato a Firenze nel 1925. L’Istituto conserva un ricco patrimonio storico risalente all’Ottocento e al Novecento, uno dei pochi archivi specializzati in Italia nella raccolta e nella valorizzazione di materiale documentario di interesse storico-pedagogico. L’archivio è costituito da circa 95 mila documenti (libri e materiali didattici) e 14 mila fotografie.

Il patrimonio documentario è composto da fondi estranei alle vicende dell’Ente, ma strettamente connessi alle tematiche pedagogiche, ed è suddiviso in:
– 3 fondi speciali legati alla didattica: materiali scolastici, mostra internazionale del giornalino scolastico e concorsi di disegno;
– 8 otto archivi di personalità: Giuseppe Fanciulli, Luigi Bertelli, Arturo Linacher, Francesco Bettini, Giuseppe Lombardo Radice, Ottavio Gigli e Gianni Cavalcoli;
– 5 archivi familiari: Gizdulich, Farina, Grumelli, Sacchi-Simonetta e Neppi-Modona;
– 1 archivio didattico del maestro Giuseppe Caputo con la documentazione proveniente dall’archivio della Regia Scuola Secondaria di avviamento professionale «Antonio Meucci» di Lastra a Signa, Firenze.
– Un archivio fotografico di 14 mila immagini storiche di vita scolastica provenienti da tutto il territorio nazionale dalla fine del XIX secolo e agli anni Sessanta del XX secolo.

Parte del patrimonio documentario è ancora custodito a Palazzo Gerini, sede quattrocentesca dell’Indire situata in pieno centro storico a Firenze. Purtroppo l’archivio è stato danneggiato dall’alluvione di Firenze nel 1966 e, in parte, dalle vicissitudini subite dall’Indire nel corso dei suoi novanta anni di storia.

I progetti

  • Fisqed è il catalogo dei fondi storici di quaderni ed elaborati didattici. È possibile consultare online circa 4 mila quaderni scolastici, oltre ad album, disegni, diari ecc. Il progetto intende valorizzare un patrimonio documentario di estremo interesse scientifico e aprirsi a una dimensione internazionale attraverso il censimento di fondi analoghi, la creazione di una rete documentaria tra istituti e il progressivo sviluppo di un catalogo accessibile online.
  • Fotoedu è il catalogo online dell’archivio storico fotografico. È composto da oltre 14 mila immagini provenienti da tutto il territorio nazionale dalla fine dell’Ottocento agli anni Sessanta del Novecento. Le fotografie riguardano vari temi, dall’edilizia scolastica, alle attività didattiche condotte nelle scuole (lezioni, esercitazioni ginniche, spettacoli, mensa, esperimenti scientifici ecc.), fino alle attività culturali svolte dall’allora Centro Didattico Nazionale di Firenze, oggi Indire.
  • Una parte dell’archivio fotografico di Indire va ad alimentare DIA, la banca dati online di immagini per l’uso didattico, nella quale confluiscono altri sessanta archivi fotografici di fondazioni, musei e altri enti, pubblici e privati. Questa banca dati è arricchita periodicamente con ulteriori acquisizioni; attualmente DIA rende disponibile un patrimonio di più di 36 mila fotografie e riproduzioni, utilizzabile gratuitamente con “Licenza Creative Commons – ”. Le immagini possono essere utilizzate nelle più diverse attività didattiche della scuola e dell’università, per ricerche individuali, pluridisciplinari e infine come risorsa specifica per l’insegnamento con mezzi multimediali.

Il futuro del patrimonio storico
L’Indire valorizza il suo patrimonio storico attraverso collaborazioni, eventi e mostre che mettono in luce il punto di vista dell’Istituto sulla memoria e sulla valorizzazione didattica delle fonti storiche. I cataloghi sviluppati nel corso di un decennio costituiscono una risorsa d’inestimabile valore per una riflessione più ampia sul patrimonio documentario e sull’uso delle fonti storiche nella didattica.

Patrimonio Indire
http://www.indire.it/content/index.php?action=istituto&id=14329

Museo delle scuola – Mostra didattica 1925
www.indire.it/museonazionaledellascuola/

 

Cataloghi

Fisqed – http://www.fisqed.it/
Fotoedu – http://fotoedu.Indire.it/
Dia – http://www.Indire.it/archivi/dia




Valibona

Località della Calvana, sul declivio del monte Maggiore, nel comune di Calenzano, fra Firenze e Prato, ormai abbandonata e difficilmente raggiungibile se non per sentieri sterrati, all’inizio del 1944 Valibona è stata il terreno del primo significativo scontro fra partigiani e repubblichini in questa area.

Fra i casolari di Case di Valibona si era, infatti, fermata la “banda” guidata da Lanciotto Ballerini nel corso di una marcia verso il pistoiese per raggiungere la formazione guidata da “Pippo”, Manrico Ducceschi, vicino al partito d’azione. I rastrellamenti sempre più frequenti avevano reso pericolosa la permanenza sul Monte Morello, in prossimità di Firenze, dove Ballerini, macellaio di Campi e sergente nella campagna d’Etiopia e poi di Grecia, si era trasferito dopo l’8 settembre del ’43, dando vita ad una formazione armata, e lo avevano spinto al trasferimento. Mentre molti partigiani comunisti si erano diretti dai propri compagni sul Monte Giovi, con Ballerini ne erano rimasti 17, prevalentemente sestesi e campigiani, fra cui anche due prigionieri russi, due slavi e un prigioniero inglese.

Giunto a Valibona, Lanciotto aveva deciso di sostare sia per far riposare gli uomini. Ma nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 1944, mentre riposavano in un fienile, sono circondati da elementi del 1° Battaglione volontari Bersaglieri “Muti”, una formazione della guardia repubblichina guidata da Duilio Sanesi, comandante del presidio di Prato, Carabinieri e fascisti dei Comuni limitrofi, reparti agguerriti, ben armati e equipaggiati, giunti sia da Vaiano che da Calenzano, che li avevano individuati grazie alla delazione di una spia.

Il soldato sovietico Mirko, svegliatosi per un bisogno, accortosi del nemico, avvisò Lanciotto. Rifiutata la resa combatterono intensamente. La battaglia divampò per circa tre ore e mezzo. Considerata la situazione Lanciotto comprese che l’unica via d’uscita era tentare una sortita per spezzare l’accerchiamento. E lanciò il contrattacco. L’iniziativa riuscì e, nonostante la disparità di numero e di mezzi, nove componenti del gruppo sfuggirono all’assedio.

Lanciotto cadde combattendo. Così ne rievoca l’eroica figura il rapporto presentato al comando militare del Partito d’Azione: “a testa alta, impavido, audace, temerario con una bomba per mano inseguiva i nemici mettendoli in fuga e terrorizzandoli […] come un leone eccitato dal combattimento trascinava gli altri – terminate le bombe, imbracciato il moschetto, si gettava verso la mitraglia fascista che lo fulminava“.
Morì in combattimento anche il sardo Luigi Giuseppe Ventroni, addetto al fucile mitragliatore “Breda”. Gli attaccanti contarono tre morti e una dozzina di feriti fra cui il capo della spedizione, Duilio Sanesi, che spirò in ospedale a Prato dopo alcuni giorni di agonia. Fra i caduti vi fu anche il Maresciallo dei Carabinieri di Calenzano Alfredo Pierantozzi che recenti ricerche hanno accreditato essere stato ucciso dagli stessi fascisti, riconciandone la memoria ufficiale con quella della comunità di Calenzano che ne ha sempre ricordato per la generosità e la protezione dei propri concittadini a partire dai giovani renitenti alla leva.

Loreno Barinci fu ferito gravemente, creduto morto venne catturato il giorno dopo, così come furono fatti prigionieri Andrey Vladimiro, tenente dei genieri dell’Armata Rossa, che venne giustiziato, forse perchè ritenuto il comandante o per odio verso i sovietici; Tommaso Bertovich cui spaccarono la testa; Mario Ori cui spararono a un braccio, Corrado Conti e Benito Guzzon che furono percossi selvaggiamente. Quindi li consegnarono ai tedeschi alla Fortezza da Basso. Intanto, per punire i contadini dell’ospitalità data ai partigiani, i fascisti bruciarono e saccheggiarono tutte le case di Valibona, catturarono e legarono i vecchi, le donne e i bambini, compresa una donna incinta.

I superstiti riformarono la brigata cui diedero il nome del proprio comandante e che nell’estate successiva contribuiva alla liberazione di Firenze. Nel 1946 Lanciotto Ballerini è stato decorato con la medaglia d’oro al Valor Militare.

Proprio per ricordare questi fatti e il valore della Resistenza, pietra angolare della Costituzione della Repubblica, il 25 aprile 2013 il Comune di Calenzano ha inaugurato, proprio nel luogo della battaglia, il Memoriale di Valibona, un percorso storico-didattico per trasmettere a tutti, ed in particolare ai giovani i valori della lotta di Liberazione e della democrazia.

 

 




Gotica Toscana onlus

Sede e contatti
Località Ponzalla  47 – 50038 Scarperia (FI)
Tel. 0558430923; 3288261785
Fax 1782267395
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Sito web: www.goticatoscana.eu (it, org)
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Organi dirigenti

Presidente: Andrea Gatti
Segretario: Filippo Spadi
Direttivo: Stefano Giannini, Luca Bambagiotti, Michele Vernieri, Roberto Cincetti

Breve storia e finalità

L’associazione è stata costituita il 28 febbraio 2006. Le sue finalità statutarie sono:

  • Conservazione della Memoria Storica inerente agli eventi dell’ultimo conflitto mondiale ma non necessariamente limitato ad esso, nel Mondo, in Italia ed in particolar modo in Toscana ed Emilia Romagna Attività di ricerca, tutela, promozione e valorizzazione dei siti e dei manufatti d’interesse artistico e storico presenti sul territorio risalenti al periodo di interesse, nonché, ove possibile, poterne fruire mediante restauro, conservazione ed utilizzo didattico, turistico e culturale.
  • Attività di ricerca storico-documentaristica attraverso testi, documenti, mappe, fotografie, manoscritti ed più in generale di documentazione inerente al periodo di interesse. Raccolta di testimonianze attraverso interviste, video e quanto possa essere di supporto alla raccolta stessa.

L’associazione non svolge attività commerciale.

Principali attività svolte dall’Associazione

  • Gestione del Centro di Documentazione e Ricerche Storiche sito nel Comune di Scarperia e dell’associato spazio museale.
  • Organizzazione, preparazione e supporto di mostre ed esposizioni tematiche anche trasversali all’argomento con finalità museale permanente.
  • Organizzazione, preparazione e supporto di eventi di ricostruzione e rievocazione storica sia statici sia dinamici, itineranti e fissi riguardanti in generale il periodo storico di riferimento.
  • Raccolta di testimonianze e ricerche d’Archivio relative ai documenti ufficiali dei vari eserciti e formazioni coinvolte sul territorio nazionale e nei paesi di provenienza.
  • Interventi di recupero di siti, manufatti ed oggetti risalenti al periodo.

Collaborazioni con altri Enti privati e/o pubblici

  • Comuni di Scarperia, Firenze, Felonica, Sermide, Castiglion F.no, Greve in Chianti, Barberino di M.llo; Unione Montana dei Comuni del Mugello;
  • Museo della 2^ Guerra Mondiale del fiume Po – MN, Museo Memoriale della Libertà BO, Museo The Winter Line BO; SIGGMI Società Italiana di Geografia e Geologia Militare; World War II Airborne Demonstration Team Foundation (USA), Military Vehicle Preservation Association (USA), Club Veicoli Militari Storici Como, International Military Vehicle Collectors Club Sez. Italiana – TO; Linea Gotica della Lucchesia – LU, Associazione Gotica Romagna – FC, Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, ANPI Oltrarno – FI, Club Highway Six Roma, Associazione Giuseppe e Margherita Coletta SR, Croce Rossa Italiana, Stato Maggiore Difesa, Esercito Italiano.

Convenzioni e Protocolli di Intesa

  • Nel 2009 abbiamo siglato una Convenzione con la L’Unione Montana dei Comuni del Mugello (ex Comunità Montana del Mugello) per il recupero e la conservazione dei manufatti della Linea Gotica presenti sul territorio.
  • Del 2011 sono il Protocollo D’intesa fra Gotica Toscana onlus e  la Società Italiana di Geografia e Geologia Militare (SIGGMI) per il Progetto El Alamein e la Convenzione con il Comune di Scarperia per la gestione dell’immobile che è diventato il “Centro di Documentazione e Ricerche Storiche” di Gotica Toscana onlus. Nel 2012 abbiamo siglato un Accordo con la “Military Vehicle Preservation Association (USA), una delle maggiori associazioni di conservazione dei veicoli militari, diventando il loro centro di riferimento per l’Italia e l’Europa.

Relazione sulle attività dell’Associazione Gotica Toscana Onlus

É oramai indubbio l’interesse sempre maggiore della collettività e delle Amministrazioni verso il periodo della Seconda Guerra Mondiale e delle conseguenze che ne conseguirono.

Alle normali richieste e contatti che giungono dall’estero, si sono sommati nuovi utenti italiani i quali, organizzati in associazioni, gruppi di lavoro o privati, raggiungono in numero sempre maggiore le nostre informazioni presenti sul nostro sito web.

Le nostre manifestazioni pubbliche, a cominciare da quelle dedicate ai mezzi militari storici come il “Raduno dei 2 Gigli” del 2006 che ha interessato Scarperia e Firenze, “La Strada del Cuore – Chianti 1944” nel 2007 con Greve in Chianti e Siena e,  dal 2008 con “La Colonna della Libertà”che ha toccato Roma, Viterbo, Firenze, Verona, Mantova, hanno reso Gotica Toscana un punto di riferimento per la capacità organizzativa e l’innovazione del linguaggio. “La Colonna della Libertà, in tutte le edizioni effettuate dal 2008 ad oggi, ha avuto l’appoggio dello Stato Maggiore della Difesa ed il Riconoscimento del Presidente della Repubblica.

Manifestazione completamente diversa è rappresentata dal museo a cielo aperto “Un Tuffo nella Storia”, evento statico dedicato agli appassionati di ricostruzione storica realizzato in collaborazione con l’Unione dei Comuni Montani del Mugello ed il Comune di Scarperia. Il “Tuffo” è una visita ricostruita ad un campo di battaglia della 2ª Guerra Mondiale con veicoli, carri, equipaggiamenti, tende, curiosità  e soldati in movimento.

Pastrimonio

Il Centro di Documentazione e Ricerche Storiche, operativo dal 24 settembre 2011 in virtù della convenzione siglata il Comune di Scarperia, è nato per salvaguardare la memoria del passaggio della Seconda Guerra Mondiale in Toscana. Una particolare attenzione  è rivolta agli eventi che nel Settembre 1944 videro protagonisti gli Appennini a Nord di Firenze. Proprio il settore compreso tra il Passo della Futa e il Passo del Giogo, infatti, fu teatro in quei giorni dei furiosi attacchi sferrati contro la Linea Gotica, l’ultima linea fortificata dell’Asse in Italia.

ll Centro mette a disposizione di visitatori, studiosi e scolaresche numerosi testi, documenti e testimonianze scritte e filmate inerenti il periodo d’interesse, organizzando su richiesta anche escursioni sul campo di battaglia per una spiegazione dettagliata degli accadimenti e una visita alle postazioni originali. Infine, gli allestimenti permanenti e le mostre tematiche temporanee presenti all’interno dei locali, frutto dei rinvenimenti sul terreno e del materiale collezionato negli anni dai soci o donato dalle popolazioni locali, permettono agli interessati di familiarizzare con gli uomini, le uniformi e i materiali che furono protagonisti di quell’ultima, spesso dimenticata, parte della Campagna d’Italia.

Le mostre tematiche temporanee allestite nei locali del centro ad oggi sono state:

  1. “L’Artiglieria sulla Linea Gotica – 24/09/2011-27/05/2012”
  2. “El Alamein ed i suoi ragazzi” Mostra tematica nel 70° anniversario – Giugno 2012-Aprile 2013”.
  3. “La Lunga Marcia” – Mostra tematica nell’anno del 70° anniversario della Campagna di Russia Ottobre 2013 – Settembre 2014
  4. “Agosto 1944 – Firenze Libera!” Mostra tematica nell’anno del 70° anniversario della Liberazione di Firenze Reperti, uniformi e fotografie a 70 anni dalla Liberazione dal 20 Settembre 2014Il Centro è inserito nella Rete Culturale della Regione Toscana – Sistema Museale territoriale del Mugello e fa parte del “North Apennines Po Valley Park – NAPV”, parco tematico sulla Seconda Guerra Mondiale dedicato alla conservazione della memoria dell’ultima fase della Campagna d’Italia. Per molti la Campagna d’Italia termina con la Liberazione di Roma quasi concomitante con lo Sbarco in Normandia facendone un periodo storico molto spesso dimenticato. Il NAPV è nato grazie alla collaborazione tra Gotica Toscana Onlus, il Museo della Seconda Guerra Mondiale del Fiume Po di Felonica (MN), il Museo Memoriale della Libertà di San Lazzaro di Savena (BO) e il Museo Winter Line di Livergnano (BO). Mutua il nome da quello che gli Alleati diedero alle zone di operazioni che, da fine 1944, caratterizzarono l’ultima parte della guerra tra la Linea Gotica e la Pianura Padana: “North Apennines” e “Po Valley” appunto.Tutte queste attività si inseriscono perfettamente nel contesto turistico-culturale della zona con visite di famiglie di veterani stranieri, associazioni d’Arma e turismo didattico che uniscono la visita storica alle tradizionali bellezze paesaggistiche ed architettoniche del Mugello e della Toscana in genere. Buoni i rapporti con le strutture recettive e le associazioni di volontariato che dai nostri eventi ed attività traggono vantaggio economico. La buona gestione delle attività, oculata nelle risorse e misurata nelle scelte delicate visto il tema trattato, e l’ottima accoglienza della proposta culturale è confermata dal riscontro avuto sui media nazionali e sulle riviste internazionali specializzate come l’americana “Army Motors” e l’Inglese “Windscreen” .
    La costituzione del NAPV ha dato vita a una rete nazionale di istituzioni museali e di ricerca storica dedicata allo sviluppo di percorsi assistiti di turismo storico-culturale rivolti ad un pubblico nazionale e internazionale. Ogni punto espositivo offre a studiosi, ricercatori, appassionati, visitatori, gruppi e scolaresche la possibilità di approfondire la conoscenza degli eventi che caratterizzarono quei giorni lontani attraverso la consultazione di libri, documenti e testimonianze filmate. Numerose ambientazioni e cimeli, infine, consentono di familiarizzare con gli uomini e i materiali che scrissero quella parte di Storia.

Missione del Centro è dare a tutti l’opportunità di ricordare i mesi che precedettero la Liberazione del nostro Paese, precursori dell’arrivo della Democrazia e del ritorno della Libertà in Italia. La spettacolarità dei materiali in esibizione, infatti, non vuole in nessun modo esaltare la grandiosità della guerra moderna quanto, piuttosto, avvicinare il maggior numero possibile di persone alla riflessione e alla consapevolezza che ricordare oggi quei tempi lontani, e soprattutto cercare di comprenderli storicamente, è il primo passo da compiere per non doverne rivivere le tragedie, le distruzioni e la disperazione.