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Farestoria. Società e storia pubblica Nuova serie, Anno V, n. 1, 2023

 

a cura di Stefano Bartolini

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le esperienze di public history strutturate a partire dal rapporto fra storia, territorio e paesaggio, con proposte di trekking, passeggiate, visite immersive in luoghi specifici, aperture di sentieri e percorsi, realizzazione di scuole di storia nel paesaggio. Spesso si è trattato di attività sorte dal basso, per iniziativa di gruppi di cittadini e cittadine, comunità locali, scuole, associazioni, musei “selvaggi”, gruppi di volontariato. Gli storici e le storiche, e gli enti e istituti storico-culturali, non sono sempre stati presenti fin dall’inizio in molte di queste esperienze, ma stanno rapidamente recuperando un ruolo avviando dialoghi orizzontali con le esperienze già in essere da un lato e costruendo proprie proposte e declinazioni per questo tipo di attività dall’altro. Non sfuggirà che ci troviamo davanti a forme di public history con un valore duplice, che esercitano una grande attrazione anche su studiosi e studiose. Costruendo e/o ricostruendo i nessi tra il passato e un territorio inteso come paesaggio umano in cui è iscritta la storia, queste forme di attività non si limitano alla semplice divulgazione ma stimolano l’avvio di percorsi di conoscenza e attivano forme di partecipazione e patrimonializzazione che si riflettono nella salvaguardia dei beni culturali e ambientali e nella presa di coscienza della storia e dei contesti ambientali come portatori di storia, fino a spingersi, in alcuni casi, alla “costruzione” di luoghi storici. Questa “attivazione” di risorse umane, culturali e ambientali è poi di stimolo alla ricerca storica, che trova qui non solo un terreno fertile per la sperimentazione di azioni di public history ma per la stessa ricerca storiografica, che viene messa in grado di attingere a nuove fonti (archivistiche, memoriali, demoetnoantropologiche ecc…) e stimolata a porsi nuove domande. Non è un caso dunque che intorno a queste attività, a monte o a valle, capiti di incrociare veri e propri progetti di ricerca o realizzazioni di libri.

Questo numero di Farestoria prova a esplorare il fenomeno, passando in rassegna esperienze diverse, anche molto lontane tra loro, senza tralasciare la necessaria riflessione metodologica che apre nuovi scenari alla pratica storiografica ma anche soffermandosi sulla lunga durata di pratiche che a ben guardare hanno lunghe radici.

Introduzione

Stefano Bartolini (curatore), Andando in giro si incontra la storia – p. 5

Saggi

A. Canovi, Peripatetici. Dove il camminare è l’indizio, ma anche il fatto – p. 17

C. Zadra, Camminare nelle trincee della Grande Guerra – p. 39

M. Carrattieri, Sulle orme dei partigiani. Trekking storico e Resistenza in Italia – p. 59

L. Chiarello, Il percorso della memoria nel villaggio di Niccioleta: realtà e prospettive – p. 81

Rubriche

Comunicare la storia

P. Calvino, S. Covella, Il Cammino nella Resistenza in provincia di Cuneo – p. 107

I. Meloni, La Resistenza si impara in montagna. Sulle tracce dei partigiani sull’Appennino piacentino – p. 117

S. Bertelli, Trekking della Memoria: itinerari con le Pietre d’inciampo a Venezia – p. 123

F. Filippi, Memowalk, un esempio urbano di memoria “camminata” – p. 129

Casi studio

E. Pareo, La Lille degli Italiani. Visita guidata sui luoghi del fascismo e dell’antifascismo nella capitale delle Fiandre francesi – p. 137

V. Colaprice, Storie partigiane in una terra senza Resistenza: il caso di Ruvo di Puglia – p. 143

P. Bertoncini, Luoghi della memoria: attività educative per riconoscersi nella storia e nel paesaggio – p. 149

C. Nencioni, Camminare la storia: la Marš Mira – p. 155

S. Sottoriva, L’Itinerario Energia. Un percorso tra acqua, ambiente e storia nell’alta Valle dell’Agno – p. 163

Public History

M. Berrettini, Pedalate partigiane: Guerra Mondiale e Resistenza tra 25 aprile in bicicletta e ciclostoriche commemorative – p. 169

PopHistory, Rapporti ludici tra problemi e opportunità: il territorio e la memoria nei giochi locativi – p. 179

Autori e autrici – p. 189

ISBN 978-88-6144-088-3

ISSN 2612-7164




1922

Col centenario della nascita del fascismo e della marcia su Roma, la storiografia degli ultimi anni ha confermato la vitalità e l’importanza di un tema centrale per lo studio del mondo contemporaneo. Questo volume sposta però l’attenzione verso la periferia del Regno d’Italia, guardando alle province per mettere in luce i percorsi della marcia, e i profili degli attori e delle attrici che concorsero a renderla possibile.

I contributi qui raccolti, scritti da studiosi e studiose di generazioni e collocazioni professionali diverse, mettono a fuoco casi di studio differenti e offrono nuove letture sull’impatto, la ricezione, le narrazioni e le eredità della violenta presa del potere da parte del fascismo.




Comunità in guerra: Valdisieve 1940-1944

Il Secondo conflitto mondiale rappresentò una guerra di inaudita ferocia in grado di produrre perdite e distruzioni senza eguali.

In quanto “guerra totale”, non solo non risparmiò da morte e sofferenze le popolazioni civili – tra le quali, anzi, fece più vittime che tra i combattenti – ma di fatto fu in grado di colpire in profondità ogni angolo del vecchio continente.

Anche in Italia, oltre ai contesti urbani, ne furono toccate pure le campagne, e ogni comunità rurale ebbe il proprio carico di morte e sofferenze.

La storia di tre comuni della Valdisieve, nella provincia fiorentina, permette di cogliere il crescente impatto che, sin dal momento della discesa in guerra dell’Italia fascista nel giugno 1940, il conflitto assunse in periferia.

Nonostante le reticenze e le falsità della propaganda fascista, anche in quel contesto l’emergenza bellica rese evidente l’impreparazione del Paese alla guerra, mettendo in luce l’incapacità del regime fascista di gestire le molte criticità sociali, economiche, alimentari e sanitarie connesse allo sforzo bellico e dando ulteriore prova del suo carattere autoritario, oppressivo e ingiusto.

L’avvio, dopo l’8 settembre 1943, dell’occupazione nazifascista e il successivo sopraggiungere in novembre dei distruttivi bombardamenti aerei alleati determinarono anche per la Valdisieve un tragico momento di svolta, segnato dal fenomeno dello sfollamento delle popolazioni e dal dilagare sui civili delle violenze degli occupanti.

L’arrivo del fronte di guerra nell’estate del 1944, con il suo strascico ulteriore di morte e sofferenze, e la conseguente liberazione del territorio lasciarono alla Valdisieve una difficile eredità che sarebbe stato compito delle organizzazioni antifasciste locali raccogliere e ricomporre col rinnovato spirito di libertà e giustizia sancito dall’esperienza resistenziale e base della futura Italia repubblicana.

Il volume presenta i risultati di una ricerca biennale sull’impatto del secondo conflitto mondiale sulla Val di Sieve, realizzata dall’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea aps, grazie al lavoro del dott. F. Fusi, su incarico dei Comuni di Pelago, Pontassieve e Rufina.




LA RESISTENZA NEL VOLTERRANO

Questo volume, che esce in occasione dell’80° anniversario della Liberazione di Volterra e del suo territorio dall’occupazione nazi-fascista, offre al lettore una chiave di lettura originale e in parte inedita della Resistenza volterrana. In vari studi è stato dato molto risalto alla vicenda della 23ª Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia” e alla sua costituzione, avvenuta nei primi giorni di maggio del 1944, mentre non sempre sono stati adeguatamente scandagliati gli eventi precedenti alla sua nascita e in particolare quei nuclei di resistenti che si sono andati aggregando prima della formazione della Brigata. In questo libro, oltre a un saggio storico introduttivo, si offre una selezione di documenti che danno ampio spazio a tutto ciò che era avvenuto prima del maggio 1944, a quella storia di uomini e donne che scelsero la strada della libertà, una scelta accidentata, difficile e per niente scontata, che consentì la costituzione della 23ª Brigata Garibaldi bis.

Indice

7 Introduzione
9 1. I primi passi, nel Massetano
17 2. L’arrivo di Chirici
21 3. Volterra, partenze e rientri
29 4. La repressione
37 5. Il bosco di Berignone
43 6. Il rilancio di marzo
51 7. Lavoro di squadra
59 8. Gli arresti di aprile, la nascita della Brigata
73 9. Appendice: dai diari, archivi e scritti vari
129 Indice dei nomi




La Spagnola in Toscana. Saggi sulla pandemia influenzale del 1918-1920

A lungo lasciata ai margini della memoria pubblica, la pandemia influenzale del 1918-1920, responsabile di un numero di morti stimato tra i 17 e i 50 milioni, ha acquisito una notorietà inedita dal 2020, in concomitanza con l’emergenza da Covid-19. La cosiddetta “Spagnola” ha attirato anche l’interesse degli studi storici, che fino ad allora si erano poco occupati dell’evento malgrado la sua portata.

In questo contesto, la Rete toscana degli Istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea ha promosso un progetto di ricerca pluriennale, confluito in questo volume, volto a ricostruire la storia della Spagnola in Toscana. I saggi offrono una panoramica sulla vicenda regionale da più prospettive e approfondiscono vari temi (i numeri del fenomeno, la gestione igienico-sanitaria, l’assistenza, le risposte delle istituzioni civili e religiose, le reazioni popolari, le memorie pubbliche e private dell’evento, ecc.), allo scopo di far emergere i caratteri specifici e generali del fenomeno.

  • Francesco Cutolo, Introduzione. La storia di una pandemia globale in un microcosmo regionale
  • I. Firenze e il caso generale
    • Giovanni Gozzini, Microstoria della Spagnola: il caso di Firenze
    • Roberto Bianchi, Firenze al tempo della Spagnola
    • Roberto Cea, L’epidemia di Spagnola e l’amministrazione sanitaria: il caso della provincia di Firenze
    • Donatella Lippi, Francesco Baldanzi, «Siamo saturi e l’epidemia non tende a decrescere»: mobilitazione di fronte alla Spagnola nelle testimonianze della medicina fiorentina
    • Maria Enrica Monaco, Le Infermiere Volontarie e il personale della Croce Rossa Regione Toscana deceduto per Spagnola
  • II. Casi locali
    • Riccardo Bardotti, Davide Orsini, La pandemia di influenza spagnola nel territorio senese
    • Alessandro Bicci, Andrea Giaconi, La Spagnola nel circondario pratese: pratiche sanitarie, consuetudini popolari e limiti documentali
    • Claudio Cherubini, «Cose da galera»: l’influenza spagnola a Sansepolcro
    • Carlo Cortesi, L’influenza spagnola a Uzzano e Chiesina Uzzanese (1918-1920)
    • Filippo Gattai Tacchi, «Il violento morbo miete inesorabile le sue vittime»: la Spagnola a Viareggio
    • Enzo Menconi, Una guerra nella guerra: le vittime militari dell’influenza spagnola nei Comuni di Carrara, Pontremoli e Zeri
    • Stefano Sodi, Francesco Tacchi, Influenza spagnola e prospettiva ecclesiastica: il caso del territorio pisano e livornese (1918-1919)
    • Adolfo Turbanti, L’epidemia spagnola nella provincia di Grosseto
  • III. Narrazioni
    • Melania Sebastiani, La Spagnola nel tempo delle Salesiane di Aulla
    • Giovanni Contini, Francesco Cutolo , La memoria della “grande pandemia”: per una storia orale della Spagnola



Dio non paga il sabato

L’opera ha una prefazione di Gianluca Fulvetti (UNIPI), ha ottenuto il patrocinio di Istoreco Livorno ed è stata realizzata grazie al contributo della Direzione Generale Educazione, Ricerca e Istituti culturali del Ministero della Cultura.

Come si svolsero i conti col fascismo in provincia di Livorno? Chi vi diresse la “defascistizzazione”? Come venne realizzata? A che cosa giunse prima del celebre “colpo di spugna”, cioè l’amnistia promossa dal guardasigilli Palmiro Togliatti, del 22 giugno 1946? Nella fattispecie, cosa accadde tra il 1943 e il 1947 agli ex fascisti? Quanti erano? Di cosa furono accusati?

Queste sono solo alcune delle domande a cui il libro prova a rispondere, sviluppate in sincronia con il crescente interesse storiografico per l’argomento, in particolare sui modi, i tempi e le pratiche di quella che è stata giustamente definita la «transizione» politica italiana dal regime fascista alla Repubblica.

L’analisi, condotta in larga parte su materiale archivistico, prende le mosse da quanto avvenne nel comprensorio labronico all’indomani del 25 luglio 1943 e da un esame delle reazioni della autorità pubbliche e della popolazione civile. Emerge da subito un diverso approccio al problema dei residui “umani” del regime, che si ripropose anche dopo la parentesi dell’occupazione nazifascista e l’arrivo degli angloamericani.

Tra Alleati, Comitato provinciale di Liberazione Nazionale e Prefettura s’insinuò una nuova autorità pubblica, la Delegazione provinciale dell’Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo. Rivolta inizialmente solo verso l’epurazione amministrativa degli enti locali provinciali, riuscì lentamente ad allargare lo sguardo ed occuparsi delle sanzioni economiche e penali contro gli ex fascisti.

Per la prima volta è stato possibile studiare a fondo l’attività della Corte d’assise straordinaria di Livorno, e quindi gli effetti pratici dei processi politici celebrati nell’immediato secondo dopoguerra nella provincia toscana. Da ultimo, la rapida liquidazione delle sanzioni contro il fascismo fece naufragare l’attività della delegazione, velocizzando il riassorbimento dei vari imputati nella compagine politica democratica locale e la nascita di una fitta rete neofascista in un’importante provincia della “roccaforte rossa” regionale.




La riserva mancata. Il Padule di Fucecchio fra crisi ambientale e difficile tutela (1970-1989)

L’opera ha ottenuto il patrocinio del Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio e della Fondazione Montanelli-Bassi. È stata realizzata grazie al contributo di Alia Servizi Ambientali Spa.

Nel 1976 Piero Malvolti, presidente della sezione valdarnese di Italia Nostra, pubblicò il volume “Fine di una Terra”, nel quale raccolse vari contributi sull’interazione secolare fra uomo e natura che aveva plasmato i paesaggi del Padule di Fucecchio e delle colline delle Cerbaie. Contestualmente l’autore denunciava la devastazione prodotta dalle tumultuose trasformazioni che si verificarono nell’Italia del secondo dopoguerra.
In ambito locale era venuto meno l’ordine sociale che per secoli si era retto sullo sfruttamento delle risorse dell’incolto palustre e la Valdinievole, investita da rapidi processi di industrializzazione ed urbanizzazione, era interessata da un grave problema di inquinamento idrico. Su scala globale nel 1971 era stata firmata la convenzione di Ramsar per la salvaguardia delle zone umide, riconosciute come patrimonio naturale di grande valore ecologico.
Il volume ripercorre la storia della lotta per la tutela della più estesa palude interna dell’Italia peninsulare attraverso il materiale archivistico prodotto da esponenti dell’associazionismo ambientalista, una ricca pubblicistica di matrice tecnico-scientifica che ha costituito il retroterra di conoscenza sul quale si è impostato il dibattito sul destino del Padule e la stampa periodica e quotidiana locale, che quel dibattito l’ha ospitato.
A 27 anni dall’istituzione della riserva naturale del Padule di Fucecchio si indagano le ragioni che hanno ritardato la nascita di un’area protetta, annunciata all’inizio degli anni ’70 dalla provincia di Firenze e non realizzata nel 1989 dalla provincia di Pistoia alla fine di un lungo iter e di una faticosa concertazione.




Il mito sovietico nel PCI in Toscana di Andrea Borelli

Attraverso documenti, giornali, foto e oggetti il libro propone al lettore un viaggio nella storia del mito sovietico nel Partito Comunista Italiano in Toscana. Dopo la Seconda guerra mondiale nella loro militanza quotidiana i comunisti toscani assorbirono e riadattarono all’interno della propria identità politica una fortissima connessione politico-sentimentale con l’URSS.

Con il passare del tempo il mito sovietico perse quella carica di mobilitazione politica che lo aveva caratterizzato inizialmente, soprattutto negli anni di Stalin, e trasformò sempre più i propri simboli in chiave “pop”, utilizzando un registro molto simile a quello del mito americano a sua volta ampiamente diffuso nel Bel paese.

Eppure, nonostante l’emergere negli anni Sessanta-Settanta anche di mitologie politiche terzomondiste, resistette tra una parte dei comunisti toscani quel legame sentimentale- passionale con l’URSS, un legame per certi versi in grado di arrivare fino ai giorni nostri. Il materiale proposto nel libro testimonia la lunga durata del mito sovietico, nonché la sua importanza nella storia politica e sociale della Toscana nel Novecento.