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La massoneria italiana da Giolitti a Mussolini

All’epoca della prima guerra mondiale, forte di circa venticinquemila affiliati, molti dei quali figure di spicco del mondo politico e istituzionale, dei vertici militari, degli ambienti economici e di quelli accademici, la massoneria rappresentava un attore importante della scena pubblica italiana.

Utilizzando la straordinaria documentazione inedita conservata nell’archivio di Domizio Torrigiani, gran maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1919 al 1925, il volume ripercorre le vicende della massoneria nel periodo cruciale che va dall’età giolittiana agli anni Trenta, gettando nuova luce sul suo ruolo nella grande guerra, nell’impresa di Fiume e fino all’avvento del fascismo (tra l’altro confermando in modo pressoché definitivo un finanziamento diretto della massoneria al Pnf all’indomani della marcia su Roma).

Analizza poi il sostegno all’opposizione antifascista durante l’Aventino e negli anni successivi, soffermandosi sull’attentato Zaniboni-Capello del novembre 1925 che costò a Torrigiani, accusato di complicità, la condanna a cinque anni di confino a Lipari e a Ponza.

Il volume arricchisce per più aspetti le conoscenze sulla storia italiana della prima metà del Novecento e valorizza ulteriormente un tema di ricerca – la storia della massoneria italiana e dei suoi rapporti con la sfera pubblica – oggetto di crescente interesse da parte degli studiosi e del più largo pubblico.

Contributi di R. Bianchi, L. Cerasi, F. Conti, S. Fedele, M. Franzinelli, A.M. Isastia, M. Mondini, C. Poesio, A. Staderini.

Fulvio Conti insegna Storia contemporanea presso l’Università di Firenze. Tra le sue pubblicazioni, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo (il Mulino, 2003), Massoneria e religioni civili (il Mulino, 2008), Massoneria e cultura laica in Sardegna (Viella, 2014).     




Per noi il tempo s’è fermato all’alba

Per noi il tempo s’è fermato all’alba. Storia dei martiri d’Istia” è il IV Quaderno della collana ISGREC-Effigi, frutto di una lunga ricerca curata da Marco Grilli. La memoria della strage è la più radicata a Grosseto; per il dolore che provocò, il 22 marzo 1944, l’uccisione di 11 ragazzi inermi, e per la crudeltà degli assassini. Non a caso è conservata nella stanza del sindaco di Grosseto la lavagnetta con l’ultimo messaggio dei fratelli Matteini uccisi: “un bacio, mamma. Lele e Corrado”.

La ricerca dell’ISGREC porta alla luce una storia diversa da quella delle stragi nazifasciste di cui da anni sono studiate le dinamiche. Nessuna responsabilità tedesca, ma solo del fascismo grossetano, che terrorizzava e puniva, in questo caso con ferocia particolare, quanti non obbedivano all’ordine di combattere a fianco dell’esercito tedesco o davano aiuto alla Resistenza.

Il libro getta uno sguardo sulle vicende della giustizia, spesso mancata, del secondo dopoguerra, anche per reati comprendenti “sevizie particolarmente efferate”, escluse dall’amnistia Togliatti. Il titolo “Per noi il tempo s’è fermato all’alba” è tratto dal racconto di Guido Gianni “Nell’ombra delle stelle”, che si è voluto riprodurre in appendice.




Il fascismo in provincia

Chi comandava veramente sotto il fascismo? Fino a che punto i fasci locali obbedivano ai comandi di Roma? E di contro, fino a che punto, i gerarchi locali prendevano decisioni in modo autonomo, seguendo una logica più locale che nazionale?
A partire da queste domande, il volume, curato da Paul Corner e Valeria Galimi, indaga ed approfondisce la complessa varietà delle “periferie” di regime grazie ai diversi contributi che compongono il testo, frutto di attente ricerche di storici e giovani ricercatori.
Attraverso questi studi settoriali sui vari fascismi provinciali, il volume fa luce per la prima volta sull’effettiva distribuzione del potere durante il Ventennio, mostrando da un lato i limiti della centralizzazione voluta dal regime, dall’altro il peso dell’ingerenza nella gestione del potere provinciale di tradizioni, interessi, ambizioni più strettamente locali. Ne emerge un quadro nuovo, ricco e complesso che mette in questione i luoghi più comuni con cui siamo abituati a pensare i meccanismi di funzionamento della dittatura fascista.

Hanno collaborato al volume: T. Baris, S. Battente, F. Cavarocchi, E. Colombo, P. Corner, M. Di Figlia, S. Duranti, A. Gagliardi, V. Galimi, A. Guiso, D. La Banca, R. Parisini, R. Pergher, G. Rigano, A.M. Vinci

I curatori:
Paul Corner insegna Storia dell’Europa all’Università di Siena. Tra le sue ultime pubblicazioni: Il consenso totalitario (Laterza, 2012) e The Fascist Party and Popular Opinion in Mussolini’s Italy (Oxford UP, 2012)
Valeria Galimi svolge attività di ricerca all’Università della Tuscia. Ha pubblicato fra l’altro: L’antisemitismo in azione. Pratiche antiebraiche nella Francia degli anni Trenta (Unicopli, 2006)




Verso la lotta armata

Perché la sinistra radicale degli anni Settanta considerò la violenza uno strumento d’azione determinante e sovente prioritario? Perché una mobilitazione nutrita di istanze ideali, sociali e generazionali ricche e diversificate coltivò progetti e organizzazioni dediti alla lotta armata e al terrorismo?
Superando i recenti delle memorie e le genealogie manichee, queste ricerche si interrogano sul ruolo giocato dalle culture e dalle pratiche violente nella storia della sinistra radicale ed esplorano i contesti politici, sociali e territoriali ove maturarono le scelte individuali e collettive di militarizzazione del conflitto politico. La violenza fu un campo di relazione fra soggetti, progetti e culture diversi. Ricostruirne la genesi è presupposto ineludibile per comprendere appieno la storia della sinistra italiana e del nostro paese ben oltre i drammatici anni Settanta.

Hanno collaborato al volume: B. Armani, L. Bosi, S. Casilio, C. De Vito, D. della Porta, V. Filetti, M. Galfré, M. Grispigni, S. Neri Serneri, G. Panvini, M. Scavino, D. Serafino, I. Sommier

Simone Neri Serneri ordinario di Storia contemporanea all’Università di Siena. Autore di numerosi studi sulla storia dell’antifascismo ed ella Resistenza e sulla storia dell’ambiente, è condirettore di «Contemporanea. Rivista di storia dell’800 e del ‘900» e direttore dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana.




Stazione di Lucca. 6 gennaio 1944.

Il 6 gennaio 1944 alle ore 13:07 ventidue aerei B-26 Maruders del 319° Bomber Group, decollati dalla Sardegna in ottime condizioni di visibilità, sganciano sul quartiere S. Concordio di Lucca 124 bombe da 500 libbre, da quote comprese tra 9000 e 9900 piedi. Obiettivi alleati sono lo scalo ferroviario, l’azienda Italgas e le officine Lenzi. La mira degli aerei americani risulta pessima e vengono distrutte anche case e industrie civili. Venticinque sono i morti sotto le macerie, altri sono i deceduti nei giorni successivi nei ricoveri cittadini.

La Seconda guerra mondiale è la prima vera “guerra aerea” della storia, durante la quale sono messe in pratica quelle teorie e culture militari, definite già a partire dagli anni Venti e Trenta, che legittimano l’uso dei bombardamenti su larga scala anche verso obbiettivi civili. Come ricorda Gianluca Fulvetti nell’introduzione al volume infatti “tra il 1939 e il 1945 sui diversi fronti e un po’ da tutti gli attori in gioco, i bombardamenti sono concepiti e praticati come strumento decisivo ai fini della vittoria, perché capaci di mettere in crisi i centri nevralgici dei paesi, dissodare, incendiare e annerire le aree urbane, frantumare i sistemi economico-produttivi e le vie di comunicazione, indebolire circuiti commerciali, e naturalmente mietere vittime e spaventare la popolazione”. Nonostante ciò i bombardamenti sono stati un tema a lungo espulso dalla storia e dalle memorie nazionali europee, poiché le esigenze politiche della pacificazione, soprattutto nel nuovo contesto internazionale della Guerra Fredda, hanno imposto di guardare avanti, puntando sulla pacificazione e sulla ricostruzione, celando e riducendo a oblio gli aspetti più controversi dell’esperienza del secondo conflitto mondiale, tra cui i bombardamenti. Solo recentemente, di fronte anche ai recenti conflitti che hanno visto il coinvolgimento dei civili e il ripetersi di massacri e carneficine indiscriminate, si è avviato un dibattito storiografico sul tema.

A settant’anni di distanza da quel 6 gennaio 1944 il Comune e l’Istituto storico della Resistenza di Lucca hanno voluto promuovere la ricerca di Michele Citarella, che si inserisce all’interno della recente stagione di studi sui bombardamenti alleati in Italia. Il libro è frutto di una minuziosa ricerca di archivio: attraverso le carte dei fondi Prefettura e CLN dell’Archivio di Stato di Lucca, delle fonti parrocchiali, dei documenti delle Ferrovie, di altri provenienti dagli archivi dell’aereonautica alleata, e sulla base di memorie di testimoni, l’autore racconta e spiega la vicenda del bombardamento del 6 gennaio. Rivela inoltre particolari su altri bombardamenti avvenuti in Lucchesia (Ponte a Moriano, S. Margherita, Fornaci di Barga), e contestualizza la vicenda all’interno della situazione politica, militare, sociale ed economica del territorio dopo l’8 settembre 1943.

Di grande interesse il capitolo sulla “guerra alle ferrovie” e il capitolo sulla ricostruzione, che fornisce particolari sull’attività dei CLN. Arricchisce il volume un bel compendio fotografico sulla stazione di Lucca in occasione del bombardamento.




Il Risorgimento di Guido Gianni

“Il Risorgimento di Guido Gianni” è la riedizione di due racconti di Guido Gianni, Talamone 1860 e Il baule di Nullo, accompagnati da contributi e rimandi storici. Tutto l’arco storico narrato da Guido Gianni è ricostruito attorno a testimonianze tratte da giornali e giornalisti dell’epoca. Non si tratta di una storia del Risorgimento, ma di un racconto fatto di cronache, un vissuto di personaggi dell’epoca, delle loro emozioni e delle loro azioni. Tra le righe emerge l’ironia e la sottigliezza di un autore, forse, non compreso fino in fondo. Sfogliare le pagine scritte da Gianni significa immergersi in una mescolanza di significati, personalità e intrecci storici, compiere un viaggio a metà tra due dei momenti più felici della memoria moderna e contemporanea, il Risorgimento italiano e la Resistenza.

 




Stiamo nel mondo. Il Centro Mondialità Sviluppo Reciproco nella storia

La pubblicazione, realizzata con il patrocinio della Socrem e dell’Istoreco di Livorno, ripercorre l’esperienza del Centro Mondialità Sviluppo Reciproco (CMSR) fin dalla sua nascita (1979), inquadrando i presupposti socio-culturali dai quali ha avuto origine. L’esposizione, corredata da un apparato iconografico, prende avvio dalla contestazione del ’68 e dalle dinamiche del post-concilio, segnate dall’emergere di un variegato “dissenso cattolico”. Espressioni caratteristiche di questo diffuso sentimento di riforma religiosa e di protesta contro lo status quo borghese furono le “comunità di base”, forme associative spontanee che si allontanavano dalle tipologie tradizionali di militanza e si ponevano solitamente al di fuori della struttura parrocchiale.

A Livorno don Carlo Leoni fu uno degli interpreti più rappresentativi di una simile istanza di rinnovamento. Il sacerdote di origine veronese fondò nel 1970 la comunità cristiana “Impegno”, che, alla luce dell’aggiornamento del Vaticano II, si distinse per il coinvolgimento attivo dei laici e per la fervida attività a favore dei più disagiati. La parabola della comunità si consumò nel 1987-88, lasciando due eredità durature: l’omonima cooperativa (creata per intervenire sulla marginalità sociale con attività domiciliari) e, appunto, il CMSR, che nel tempo ha collocato la propria attività nella galassia altermondista e nella rete del volontariato internazionale. La comunità costituì un esempio paradigmatico dell’aspirazione, condivisa da molti giovani del tempo, di coniugare il sogno di una “Chiesa dei poveri” con l’utilizzo spregiudicato degli strumenti marxisti di lettura della società. Da qui il superamento della tradizionale “dottrina sociale della Chiesa”, considerata subalterna alla conservazione degli equilibri capitalistici. L’esito immediato di tale impostazione fu l’incontro con la teologia della liberazione, che ispirò un terzomondismo di tipo nuovo, non più legato alla prospettiva del proselitismo missionario, ma alla visione profetica secondo cui il riscatto delle masse oppresse avrebbe determinato una purificazione della Chiesa. È in questa visione che si radicava il messaggio di convertire il mondo occidentale al concetto di «sviluppo reciproco».

Le vicende del CMSR sono dunque colte da una prospettiva che mira, da un lato, a contestualizzare gli eventi inserendoli nel processo storico globale e, dall’altro, a ritrovare i singoli protagonisti del mutamento. Proprio l’esigenza di superare l’atteggiamento ecclesiastico di esclusivismo e di autosufficienza (significativa fu l’adesione simpatetica del Centro all’esperimento di socialismo cristiano realizzato in Nicaragua) individua un tratto costante del gruppo costituitosi attorno a don Leoni. La passione religiosa e civile ha contribuito a dare al CMSR un’identità forte, ancorata ad un cattolicesimo progressista al tempo stesso critico e collaborativo nei confronti della gerarchia ecclesiastica: una “spiritualità dell’impegno” al fianco dei poveri, aperta al dialogo, attenta ai “segni dei tempi” e disposta ad immergersi nel complesso fluire della storia per costruire condizioni di giustizia e non per imporre un insegnamento autoritario.




Studiare nella crisi

Il volume, introdotto da Mariuccia Salvati, contiene interviste a ex-studenti della Scuola Normale Superiore e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dell’Università di Roma e di altri Atenei, raccolte da Simone Duranti tra 1997 e 2008. A fare i conti con la memoria delle esperienze giovanili di formazione e dell’appartenenza ai Gruppi Universitari fascisti negli anni Trenta sono uomini, che hanno avuto un ruolo di rilievo, in quanto intellettuali o come protagonisti della vita politica, nei decenni dell’Italia repubblicana, spesso dopo aver aderito a formazioni politiche antifasciste o aver partecipato alla Resistenza: Antonio Giolitti, Carlo Lizzani, Aldo Natoli, Ruggero Di Palma Castiglione, Oberdan Fraddosio, Camillo Niosi, Giovanni Pieraccini, Nicola Pinto, Enrico Tonelli, Renato Tortorella, Sauro Zaccagnini, Alessandro Natta, Elio Toaff, Mario Verdone.