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Volontari della libertà.

Marco Manfredi indaga attraverso le tante biografie, battaglie, speranze, miti, parole d’ordine dei garibaldini livornesi con l’intento di approfondire che cosa significava abbracciare la camicia rossa nell’Italia monarchica liberale, ed in particolare quali ragioni spinsero uomini del popolo a diventare combattenti volontari per l’indipendenza e la libertà. Un legame tra Livorno e Garibaldi che non si è spezzato nemmeno con la morte. Proprio in nome di questo legame, afferma Giampaolo Berti, la So.crem ha sostenuto con entusiasmo il lavoro di Marco Manfredi, ricordando come molti garibaldini si iscrissero alla So.crem dopo quello che è stato definito il “tradimento a Garibaldi”.




FRANCO SERANTINI

Nel 50° anniversario della morte di Franco Serantini, giovane anarchico brutalmente picchiato dalla polizia durante una manifestazione antifascista e lasciato morire in carcere, ci domandiamo se verranno mai individuati i responsabili dei fatti accaduti tra il 5 e il 7 di maggio del 1972 e se questi non si sentiranno in dovere di fare ammenda e di riconoscere le proprie colpe, e se le istituzioni responsabili non riterranno che anche per questo caso, così come per altri avvenuti in quello stesso periodo, sia giunto il momento di fare giustizia. Ed è qui la ragione di questo libro, offrire ai cittadini e agli studiosi uno strumento di approfondimento, basato su documenti inediti, scritti e testimonianze disponibili, che la Biblioteca intitolata a Franco custodisce affinché siano trasmessi alle future generazioni. Contiene ricco apparato iconografico in bianco e nero e a colori.




GIORNI DI TARDA ESTATE

L’autore ritorna su uno dei suoi argomenti di ricerca privilegiati: la guerra civile che ha interessato l’Italia tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945. Le seguenti citazioni chiariscono quali sono gli obiettivi della ricerca: «Il nostro compito odierno è quello di distruggere la capacità della tirannide di continuare a tenere in catene vittime e testimoni molto dopo che la prigione è stata smantellata» (Z. Bauman). «Nessuna sindrome può veramente essere strappata alla sua tragica fissità se prima non spingiamo l’immaginazione dentro il suo cuore» (J. Hillman). L’immaginazione di cui si parla non è tuttavia sinonimo di fantasia o invenzione, ma si riferisce all’uso di una narrazione più “umana”, meno arida, capace di far intuire i moti dell’anima. Ampio è il ricorso a testimonianze – scritte o orali, coeve ai fatti o rilasciate a posteriori – capaci di evocare esperienze di vita e stati d’animo illuminanti la realtà di quel conflitto, spesso intrecciato alla vita ordinaria di un popolo. Lo studioso di storia, qual è l’autore, affianca a ciò il riscontro puntuale con le fonti, l’attenzione per ogni sfumatura rivelatrice, il rispetto per il senso di ciò che ha rintracciato.

Indice

9 Postilla
11 1. La voce e la fede
21 2. La culla del fascio primogenito
29 3. Milano anni ’40
39 4. «Ci chiedono pietà tutti i perduti morti»
55 5. Un popolo in fuga
69 6. Sopravvivere
87 7. I germanici
101 8. Due Italie
111 9. Partigiani
127 10. Camicie nere
147 11. Conflitto sociale
159 12. Donne
173 13. Bambini, adolescenti, guerrieri, vittime
181 14. Clero
187 15. Fuori dalla tragedia

191 Abbreviazioni e sigle
193 Indice dei nomi




LA NECESSITA’, IL CASO, L’UTOPIA

I saggi contenuti in questo volume sono stati scritti tra il 2010 e il 2021 nell’intento di evitare il rischio di un approccio idealistico, astratto, tipico di un “tempo senza storia”, per tenere invece sempre presente il contesto nel quale diviene possibile “scegliere”, assumere decisioni e responsabilità in prima persona, disobbedire, ribellarsi.
La stessa immagine della guerra partigiana sembra ormai decontestualizzata, privata della sua genesi laboriosa, incerta, complicata; e anche sembrano svanire il percorso tortuoso, le lacerazioni interne, le aspirazioni contraddittorie. Apprezzare, come è doveroso, la moralità della Resistenza, fare della guerra partigiana un deposito di valori fondativi è cosa buona e giusta; a patto, però, di far tesoro delle raccomandazioni e dei timori dei migliori tra i partigiani, che invitano a vederli per come sono, al di fuori di ogni retorica «patriottarda o pseudoliberale».

Indice

7 Premessa
11 Abbreviazioni
13 1. La necessità, il caso e l’utopia: riflessioni a margine delle «tormentate vicende delle “repubbliche”»
29 2. Obiettivo: liberare i detenuti politici
39 3. Violenza e Resistenza
49 4. Partito nuovo e aspettative antiche: comunisti e Resistenza
71 5. Eredità e disincanti. I partigiani dopo la Resistenza
87 6. Rileggendo Senza tregua: la guerra dei Gap di Giovanni Pesce
99 7. Le stagioni del dibattito storiografico sulla Resistenza
113 8. Memorie partigiane, storie della Resistenza, identità nazionale: intersezioni
127 9. Claudio Pavone partigiano

135 Indice dei nomi




Guerra e Resistenza nel fiorentino

Quella fiorentina è solitamente indicata come un modello di Resistenza avanzato, in grado di anticipare esperienze di opposizione politica e militare più mature, tipiche delle regioni del Nord Italia. Ciò lo si deve per lo più all’importanza storica dell’insurrezione cittadina dell’agosto 1944 e al ruolo svolto in essa dal Comitato Toscano di Liberazione Nazionale quale primo esperimento di autogoverno della Resistenza. Al di fuori di questo focus urbano sono mancati però studi sulle formazioni partigiane che dopo l’8 settembre si costituirono e operarono sui principali rilievi della provincia, contribuendo poi alla liberazione della città.

Questo lavoro ripercorre la storia di una delle principali brigate Garibaldi fiorentine, restituendo tutta la complessità della vicenda e mettendo a fuoco alcuni temi utili a una più generale riflessione sulla Resistenza in armi, tra i quali: l’organizzazione militare, la guerriglia, la gestione delle risorse, i rapporti con le popolazioni, gli attriti con altre formazioni, la violenza subita e agita, le progettualità politiche e sociali.

  • Premessa
  • 1. La scelta delle armi
    • 1. Tra spontaneità e organizzazione: una premessa
    • 2. Linearità e fratture: «antifascismi» e scelta delle armi
    • 3. Un’ipotesi di continuità: «i politici»
    • 4. Un “caleidoscopio” prepolitico: disincanto, salvezza, ribellione e riscatto
    • 5. Ebrei partigiani: una scelta attiva oltre la salvezza
    • 6. Prodromi di «guerra civile»: tra vendetta personale, giustizia e lotta partigiana
    • 7. Singolarità della scelta partigiana e un comune orizzonte “politico”
  • 2. Partigiani in fieri
    • 1. Le prime bande: militari, POWs e giovani “ribelli”
    • 2. L’iniziativa dei «politici»: un disegno organizzativo
    • 3. Tra attendismo e azione
    • 4. Partigiani “in carne”: impulsività, impreparazione, personalismi
    • 5. Il «luogo» partigiano nello «spazio» del nemico: lotta armata e repressione nazifascista
  • 3. La prova delle armi
    • 1. Valibona, 3 gennaio 1944: storia e mito di una battaglia
    • 2. Da Monte Morello al Mugello
    • 3. «Le foglie volano»: il primo aviolancio alleato
    • 4. Infiltrazioni spionistiche e repressione antipartigiana: il problema della sicurezza interna
    • 5. Lo sciopero generale del marzo 1944 e l’azione su Vicchio
  • 4. (Ri)organizzare la Resistenza
    • 1. L’offensiva nemica: i rastrellamenti del marzo 1944
    • 2. Lo spostamento sul Falterona e il disegno di concentrazione delle formazioni tosco-romagnole
    • 3. Il grande rastrellamento dell’aprile 1944
    • 4. Da Monte Giovi al Pratomagno: nasce la 22a brigata Garibaldi Lanciotto
  • 5. Una Resistenza difficile
    • 1. Guerriglia partigiana, rappresaglie e popolazione civile sul Pratomagno
    • 2. Due casi esemplari: Montemignaio e Cetica
    • 3. Popolazione e bande partigiane: un rapporto solidale ma instabile
    • 4. Conflitti tra partigiani per il controllo delle risorse: garibaldini e azionisti
    • 5. Violenza e «guerra civile»
    • 6. Comunismo, «guerra di classe» e Partito
  • 6. La liberazione di Firenze e la fine della guerra
    • 1. La nascita della divisione Arno e i piani per liberare Firenze
    • 2. Dal Pratomagno a Firenze
    • 3. Partigiani e Alleati nella battaglia di Firenze
    • 4. La brigata Lanciotto in prima linea
    • 5. Ordine pubblico, giustizia e violenza insurrezionale
    • 6. Verso il dopoguerra: tra disincanto e mobilitazione
  • Appendice
  • Indice dei nomi



Una vicenda del Novecento. Nazionalismi, foibe ed esodo tra storia e narrazione pubblica

Con un testo molto ambizioso e certo non esente da critiche, la legge fondativa del Giorno del Ricordo si presentava idealmente come un’operazione sana, mirata a individuare e dare forma istituzionale alle violenze del confine nordorientale italiano (le foibe) e alla drammaticità dell’esodo istriano e giuliano-dalmata. A fronte di tali premesse, tuttavia, il risultato della legge fu quello di consegnare al grande pubblico e soprattutto all’iniziativa dei partiti politici – certo non degli storici – un tema particolarmente ostico, spesso travisato a favore di una narrazione acritica e finalizzata a «privilegiare la spettacolarizzazione degli avvenimenti»; il tutto a sfavore di una corretta
presa di consapevolezza collettiva basata sul lavoro degli studiosi.
Per l’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Pistoia questo piccolo volume rappresenta una parziale risposta al quadro appena descritto: uno strumento utile a sondare il tema delle violenze e delle complesse vicende dell’Alto Adriatico con l’ausilio degli storici, ai quali va il merito di aver tradotto le proprie conoscenze in una serie di interventi puntuali e di agevole lettura.

Per info e acquisti: ispresistenza@tiscali.it




Le tavole del ricordo

Frammenti rilevanti della nostra storia vivono nelle lapidi disseminate sui muri delle città, espressioni del potere dedito a costruire una memoria pubblica ma anche segni fragili destinati spesso all’invisibilità. Marmi, targhe e cippi sono le pagine di pietra di un sapere esposto poco conosciuto e poco interpretato, ma appassionante patrimonio da indagare per la storiografia.

Proprio su questa esplorazione si fonda la presente ricerca, che sviluppa un’analisi puntuale delle lapidi ebraiche fiorentine attraverso la particolare prospettiva delle guerre del Novecento e della Shoah. Sono messi a fuoco i capitoli decisivi della storia e della memoria di una comunità vivace come quella locale, ma anche le complesse interazioni tra minoranza ebraica e società maggioritaria nelle tormentate vicende del secolo scorso.

 

L’autrice: Marta Baiardi, studiosa della Shoah e delle tematiche relative alla trasmissione della memoria, collabora come ricercatrice all’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Ha pubblicato numerosi contributi, specificamente sulle persecuzioni antiebraiche a Firenze (nell’ambito di una ricerca coordinata da Enzo Collotti), sulla memorialistica, sulla deportazione delle donne. Per i nostri tipi ha curato, insieme ad Alberto Cavaglion, Dopo i testimoni. Memorie, storiografie e narrazioni della deportazione razziale (2014).




“La grande casa”

La vicenda si svolge durante la Seconda guerra mondiale, nelle campagne vicino a Pistoia; in parte è tratta dai racconti ascoltati in famiglia, in parte è frutto di fantasia. È la storia di una casa, un grande e antico casolare di campagna che in tempi remoti era stato un convento. Ma è anche la storia dei suoi abitanti, di gente abituata al lavoro, alla fatica, alle privazioni e che affronta con dignità il dolore e il lutto che irrompono nella loro esistenza, in quel particolare e difficile periodo storico.
Arriva la guerra, con la perdita di braccia per il lavoro, la disperazione per chi è scomparso, disperso, ucciso e con tutto ciò che comporta la presenza di un esercito nemico nel territorio. Sono rimaste solo nonna Ebe e la nipote Gemma, i cui familiari sono partiti per la guerra.
In seguito, si unisce a loro Oliviero, un parente che ha perso moglie e casa durante uno dei bombardamenti della città.
Il ritorno dalla Russia del fratello Antonio è una gioia inattesa e uno sprazzo di luce; è stato provato da esperienze durissime, da inimmaginabili sofferenze vissute assieme ai suoi compagni. Antonio però non tollera a lungo questa situazione di comodo nascondimento, avvertendo impellente l’impulso di servire il suo Paese e per questo entra a far parte delle forze partigiane. Anche Gemma ed Ebe imparano a fidarsi, a credere nella necessità di aiutare chi ha bisogno, accogliendo così nella grande casa partigiani feriti da curare e nascondere.
Poi il colpo di scena: la casa viene requisita dai tedeschi, deve essere abbandonata immediatamente. Gemma ed Ebe partono con le poche cose racimolate e con il cane Poldo in braccio ferito con noncuranza da un tedesco perché abbaiava. Vengono accolte dalla famiglia Talini, contadini che abitano nei paraggi. A Oliviero viene imposto di rimanere come factotum ma, in seguito, riesce a fuggire e a ritrovare dei familiari; più avanti ritrova anche Gemma insieme a Renzo, un partigiano che ella sposerà poco dopo.
Con i tedeschi in ritirata arrivano ulteriori devastazioni, distruzioni, ripetute cannonate per fare “terra bruciata” all’avanzare degli Alleati.
La grande casa è ridotta ad un cumulo di macerie ma le persone sono vive e pronte a ricominciare. La nonna non ce la fa lasciando i nipoti nello sgomento.
Ma la vita continua, perché dopo le tenebre torna la luce, nella terra incolta e inaridita può rinascere un seme. La speranza e la fiducia nel futuro ritornano.