Gen 2015
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A Livorno due “Pietre d’Inciampo” dedicate a Dina Bona Attal e Dino Bueno

L’iniziativa è promossa dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Comunità Ebraica in collaborazione con il Comune di Livorno per la "Giornata della Memoria"

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pietreIn occasione della Giornata della Memoria e del ricordo particolare degli ebrei livornesi, saranno poste a Livorno, venerdì 16 gennaio alle ore 9, in via della Coroncina, due “stolpersteine”, le famose pietre rivestite di ottone che ricordano i deportati nei campi di concentramento nazisti. Saranno impiantate dall’artista che le ha ideate, Gunther Denmig, e dedicate a Dina Bona Attal e Dino Bueno, madre e figlio, entrambi uccisi ad Auschwitz.

Chi sono le persone ricordate quest’anno.

Dina Bona Attal nasce a Livorno il 1 ottobre 1899. Con il marito Mario Bueno e i figli Dino, Luciano ed Edi, vive in centro, al numero 2 di via della Coroncina, nei pressi del mercato.Durante la guerra, con i bombardamenti del ’43, la famiglia sfolla a Marlia in provincia di Lucca. Qui, vengono arrestati su delazione insieme ad altri ebrei livornesi e deportati ad Auschwitz da Milano il 30 gennaio 1944. Dina viene uccisa all’arrivo, il 2 febbraio 1944, il figlio Dino in data ignota.

LE “STOLPERSTEINE”: Breve storia di un’idea

L’idea di Gunther Demnig risale al 1993 quando l’artista fu invitato a Colonia per una installazione sulla deportazione di cittadini rom e sinti. All’obiezione di un’anziana signora secondo la quale a Colonia non avrebbero mai abitato rom, l’artista decide di dedicare tutto il suo lavoro successivo alla ricerca e alla testimonianza dell’esistenza di cittadini scomparsi a seguito delle persecuzioni naziste. Escogita un’ idea: un semplice sampietrino, come i tanti che pavimentano le strade delle città europee, ma che reca incisi sulla superficie superiore, di ottone lucente, pochi dati identificativi: nome e cognome, data di nascita, data e luogo di deportazione, data di morte in un campo di sterminio nazista. E’ collocato sul marciapiede prospiciente l’abitazione dei deportati, per ricordare che da lì furono prelevati, strappati agli affetti, per essere uccisi e seppelliti in fosse comuni. L’inciampo non è fisico ma visivo e mentale: costringe chi passa a interrogarsi e a ricordare quanto accaduto in quella casa o in quel quartiere, intrecciando continuamente il passato e il presente, la memoria e l’attualità. Le prime “Stolpersteine” sono state installate a Colonia nel 1995; da allora a oggi ne sono state distribuite oltre 37.000, in diverse città tedesche ed europee. Grazie alla posa delle pietre di inciampo, Livorno è entrata a far parte di questo grande circuito internazionale della memoria.

LE PIETRE DI INCIAMPO A LIVORNO

Le stolpersteine sono parte del tessuto urbano di Livorno dal 2013, quando la Comunità di Sant’Egidio promosse per la prima volta una manifestazione cittadina in ricordo della deportazione dei livornesi ebrei e contattò Denmig, l’artista tedesco. L’intenzione era quello di restituire alla città la memoria, la storia e la presenza di concittadini altrimenti “sommersi” – secondo la famosa definizione di Primo Levi – e di considerare, a partire da questa memoria, la necessità di convivere pacificamente in un presente ancora pieno di violenza e intolleranza.

Le pietre possono ricordare persone scomparse così come persone sopravvissute alla Shoah; sono poste in corrispondenza delle case abitate prima della deportazione o almeno presso l’ultima residenza nota. In alcuni casi tali abitazioni non esistono più, perché abbattute dai bombardamenti del ’43 o demolite nell’immediato dopoguerra. Le pietre vengono allora poste nel luogo più vicino a quello precedente la guerra mondiale. La ricostruzione topografica e toponomastica è stata svolta grazie alla collaborazione con gli uffici del Comune di Livorno e su segnalazione di amici, conoscenti e parenti delle persone deportate.

Le stolpersteine installate fino ad ora sono 6: le prime quattro sono state dedicate in particolare ai bambini vittime della Shoah: Franca Baruch e Perla Beniacar, poi Enrico Menasci e suo padre Raffaello che tentò di salvarlo; altre due pietre sono state impiantate nel 2014 e dedicate a Isacco Bayona e Frida Misul, testimoni coraggiosi dell’orrore della Shoah.

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