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Le Fabbriche Lucchesi e Campolmi (Prato)

Il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia proclamò per il 1° marzo 1944 lo sciopero generale in tutti i territori ancora occupati dai nazi fascisti: era un modo per consolidare i primi successi ottenuti dalla lotta per la Resistenza, per chiedere la fine della guerra e per reclamare migliori condizioni per i lavoratori; era insomma un segnale perentorio di lotta frontale al nazifascismo.

lucchesi pratoA Prato lo sciopero iniziò sabato 4 marzo e l’adesione fu totalitaria: ne rimasero sorprese non solo le autorità nazifasciste, sconvolte da quetso “affronto”, ma anche gli organizzatori e l’antifascismo locale. Le fasi di preparazione della mobilitazione avevano coinvolto tutto il territorio pratese, da Quarrata a Galciana, dal centro di Prato alla Val di Bisenzio. Proprio il lanificio Forti della Briglia fu la prima fabbrica ad aderire massicciamente allo sciopero, grazie anche a picchetti, posti di blocco e qualche colpo di arma da fuoco che convinse anche i più restii. Sul muro del lanificio nella notte erano comparse scritte inneggianti alla lotta e al comunismo e i volantini dello sciopero erano dappertutto. Da qui l’astensione dal lavoro dilagò per tutte le fabbriche di Prato.
L’adesione allo sciopero fu talmente massiccia che la notizia giunse anche all’orecchio di Hitler, che per rappresaglia impartì l’ordine di deportazione in Germania nei campi di sterminio del 20% della forza lavoro pratese, che in quei giorni avrebbe significato la cattura di almeno 1900 uomini; l’impresa era mastodontica e fortunatamente impossibile da realizzare per i fascisti pratesi, che si misero comunque subito a lavoro, chiamando rinforzi da Firenze e Lucca. I primi arresti in seguito allo sciopero generale del 4 Marzo avvennero il giorno stesso.
campolmi-lazzeriniLa prima azione fascista fu di andare a cercare nelle abitazioni dei sospetti antifascisti, poi fu organizzato un rastrellamento meticoloso, con un imponente schieramento di forze per lo sbarramento degli incroci principali della città: porta al Serraglio, piazza S.Agostino, piazza Mercatale, piazza S.Marco, piazza delle Carceri, furono luoghi utili alla cattura dei passanti.
Molte persone furono catturate il giorno 7 marzo in Piazza S.Agostino, sconvolta come se non bastasse da un bombardamento alleato che aveva colpito anche piazza Mercatale e distrutto il tabernacolo di Filippino Lippi; altri vennero catturati dalle ronde volanti che partendo dalla Fortezza, sorprendevano i malcapitati ovunque fosse possibile.
Le aziende furono obbligate a consegnare l’elenco dei dipendenti che avevano scioperato: il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Vivo si recò con i suoi militi allo stabilimento di Leopoldo Campolmi; la cimatoria Campolmi era forse la più grande rifinizione cittadina e si trovava proprio in centro, addossata a porta Frascati (oggi sede della biblioteca comunale A. Lazzerini). Il maresciallo chiamò gli operai che avevano scioperato e ne portò via 14.
Allo stabilimento di Vasco Sbraci di via Ferrucci i fascisti si recarono mentre i dipendenti erano alla mensa; li chiamarono nel piazzale e fecero due gruppi, poi quelli che avevano scioperato furono fatti salire sull’autobus che attendeva fuori e portati via, ma lo Sbraci, noto fascista che aveva fatto scrivere a lettere cubitali W IL DUCE sulla ciminiera del suo lanificio a dimostrazione della propria fedeltà al regime, preoccupato per il destino dei suoi operai e forse anche di più per il futuro della sua azienda, riuscì con le sue conoscenze a farli rilasciare.
Ultima incursione dei fascisti fu al lanificio Lucchesi, in zona Macelli: qui furono prelevati 18 operai che avevano scioperato. Dal Lucchesi lo sciopero era stato totale, ma molti riuscirono a scamparla fuggendo da una porta secondaria.
Molto si è dibattuto sul ruolo degli industriali pratesi durante la cattura delle loro maestranze: sembrò inizialmente che ci fosse stata collaborazione, ma i documenti e le testimonianze trovate in seguito smentiscono questa ipotesi. Gli stessi imprenditori furono presi alla sprovvista dal rastrellamento e se non fecero niente per evitarlo è perché non poterono o arrivarono troppo tardi.

pietre d'inciampo pratoTutti i fermati tra il 4 e l’8 marzo 1944 furono portati alle scuole Leopoldine a Firenze in Piazza S.Maria Novella; destinazione era la Germania nazista e i suoi campi di concentramento: Mauthausen, Ebensee, Linz, Gusen.
L’11 marzo il treno con il suo triste carico giunse alla stazione di Mauthausen in Austria. Dei 137 deportati pratesi soltanto 21 tornarono a casa, 18 dei quali erano operai arrestati in seguito allo sciopero, gli altri tre in momenti diversi.
Recentemente nei pressi della fabbrica Lucchesi e della cimatoria Campolmi sono state installate dall’artista tedesco Gunter Demnig alcune “pietre d’inciampo”, dei piccoli sanpietrini d’ottone inseriti nel tessuto urbano della città che colpiscono lo sguardo del passante, con l’intento di perpetuare la memoria dei cittadini pratesi deportati nel marzo 1944.

Scheda compilata a cura della Fondazione CDSE e delle classi III dell’istituto comprensivo F. Lippi di Prato, nell’ambito del progetto Mappe della Memoria, finanziato dalla Regione Toscana per il 70° della Resistenza.