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Le fonti dell’Archivio di Stato di Livorno per lo studio del primo fascismo

La nascita dell’Archivio di Stato di Livorno è dovuta al Rdl 22 dicembre 1939, n. 2006, che impose la costituzione di una sezione di Archivio di Stato in ogni capoluogo di provincia. La guerra, soprattutto quelle aerea, ritardò l’attivazione dell’archivio, che iniziò ad operare solo alcuni anni dopo la fine del conflitto nei locali del Palazzo del governo, nell’attuale via Fiume. Al nuovo archivio giunsero – più o meno ordinati – tutti i fondi precedentemente conservati dall’Archivio storico cittadino, fondato nel 1899 da Pietro Vigo. Questo comportò l’avvio di un’ingente quantità di lavori per il loro ordinamento, che si conclusero provvisoriamente solo nel 1960 con la pubblicazione del primo inventario dell’Archivio di Stato di Livorno. Ma perché ci interessa sapere questo per orientarci tra le fonti del fascismo livornese? Per il motivo che la maggioranza di questa tipologia di carte su cui oggi possiamo studiare vennero ordinate – e quindi “manipolate” per l’ultima volta – proprio durante queste operazione di prima messa a disposizione degli studiosi del patrimonio dell’Archivio di Stato di Livorno.
Immagine1Mi riferisco a due fondi in particolare: quello topico del Partito nazionale fascista e quello del Comitato provinciale di liberazione nazionale. Senza scendere troppo nel dettaglio è sufficiente sapere come, alla data del 25 luglio 1943, l’archivio della federazione si trovasse nella sede di Piazza Cavour. Sicuramente vi rimase fino alla costituzione della federazione provinciale del Partito fascista repubblicano, prima del trasferimento in via della Paluda a causa dell’interdizione delle vie centrali del capoluogo per la creazione della “Zona nera” (15 novembre 1943). Non è chiaro se tutto l’archivio venne trasportato nella nuova sede, ma comunque fu recuperato quasi intatto dal Comitato provinciale di liberazione nazionale dopo la liberazione della città da parte degli angloamericani (19 luglio 1943). L’interesse per i resistenti a “controllare” l’archivio stava nella possibilità di passarlo al setaccio per individuare responsabilità – e responsabili – del passato ventennio, rendendo più rapida la fase istruttoria per la “defascistizzazione” della provincia di Livorno. Questo ha fatto sì che tale archivio si mescolasse con quello del Comitato provinciale di liberazione nazionale, soprattutto nella sua componente “politica”. La serie di buste dell’Ufficio politico, infatti, è la più consistente del fondo (14 buste su un totale di 43, di cui altre 14 di denunce varie provenienti dai comitati periferici). Ciò che rende interessante – ed importante – questo materiale è come si tratti di fascicoli personali intestati a noti personaggi dell’epoca, corredati di documentazione proveniente dall’archivio della federazione (tessere, fascicoli personali dell’iscritto, richieste ecc.) per acclarare la loro partecipazione alla vita del ventennio precedente.
Nell’archivio della federazione, infatti, si possono tutt’ora rinvenire molti incartamenti intestati ai singoli e finalizzati al riconoscimento del proprio impegno fascista. Il fondo Partito nazionale fascista è comunque molto voluminoso e si compone di 78 buste. Le più interessanti per ricostruire le origini del partito – e coglierne la sua componente di violenza – sono sicuramente quelle relative alle “istanze” per il riconoscimento dell’attività squadrista (1939) o della partecipazione alle giornate della Marcia su Roma (1923-1941).
Ovviamente all’interno del fondo ci sono tante altre fonti per capire la composizione del partito livornese negli anni del regime, come le cartelle biografiche degli iscritti al fascio del capoluogo (bb. 17) e alla federazione (bb. 19). Su questo genere di documenti Matteo Mazzoni ha realizzato l’analisi puntuale di quattro gruppi rionali del solo fascio di Livorno (27% degli iscritti). Queste cartelle sono rilevanti in quanto all’interno si possono trovare documenti istruttori particolarmente utili per lo studio delle dinamiche locali del partito.
L’altro grande nucleo concerne le richieste di iscrizione al Pnf relativa all’ultima apertura delle iscrizioni (1940-1941), che permettono un’analisi puntuale di questa componente del fascio “dell’ultima ora” (bb. 11).
I due fondi che ho sommariamente illustrato non rientrano necessariamente nel patrimonio di ogni singolo archivio di Stato, trattandosi di documentazione non prodotta da enti periferici dello Stato ma da organizzazioni politiche. Quelli che invece per legge sono fondi che devono essere nel patrimonio di un archivio di Stato sono i fondi Prefettura, Questura e Tribunale del capoluogo di provincia.
La Prefettura, in quanto organo più importante della provincia per il sistema amministrativo italiano, è anche il fondo più consistente. Per la documentazione fascista le buste utili sono diverse, e tutte a vario modo assai rilevanti trattandosi della corrispondenza tra singoli enti (i cui archivi, magari, non sono stati conservati) e il “centro” della periferia. Mi riferisco in particolar modo alla serie “Fascismo” e ai suoi riferimenti al Pnf, Pfr e le varie organizzazioni federali (bb. 189 e 190), le case del fascio della provincia (b. 212) e l’applicazione della legislazione razziale (bb. 93, 172 e 337). Di particolare utilità, anche per indagini sui legami tra caso locale e nazionale, sono le buste relative ai rapporti tra prefetti e sindaci-podestà della provincia (bb. 157, 181, 187). Queste carte, se lette in filigrana, fanno emergere bene gli umori della federazione in provincia nell’arco del ventennio.
Per ovvie ragioni il fondo Questura è forse il più ricco di quelli che si trovano all’Archivio di Stato di Livorno che possono aiutare i ricercatori negli studi sul “fascismo-movimento” e “fascismo-regime” nella provincia labronica. Le serie più calzanti per leggere in fieri l’affermazione fascista – oltre alla b. 487 (partito fascista) della A3 “associazioni” – sono la A1 “informazioni personali” e A8 “persone pericolose per l’ordine pubblico”. L’A1 è la serie adatta per svolgere ricerche su determinate persone, trattandosi delle indagini svolte dalle forze dell’ordine su sollecitazioni della prefettura (per intervento di altri enti o per denunce anonime), ma grazie al recente strumento di corredo realizzato per muoversi anche su determinate tematiche di ricerca. La serie A8 è il cosiddetto Casellario politico provinciale, per cui conserva un gran numero di fascicoli nominativi che seguono la “vita” degli indagati. Il problema è che questo strumento di polizia rimase attivo fino alla fine degli anni ’70 (quantomeno le carte che abbiamo si fermano a quella data), per cui venne ampiamente rimaneggiato, soprattutto dopo la fine del fascismo e della Seconda guerra mondiale. Questo non impedisce di poter scorgere qualche fascicolo interessante per capire la genesi dello squadrismo, soprattutto se riferibile a determinate categorie di persone controllate dalla polizia prima e dopo la guerra.
L’ultimo fondo di quelli “istituzionali” nel quale è possibile indagare il fascismo livornese è, senza dubbio, quello del Tribunale. Come è noto le violenze squadriste, soprattutto per fatti di sangue, vennero “perseguite” (quantomeno ci fu un tentativo) prima dell’affermazione del regime fascista, lasciando ampie testimonianze istruttorie tra le carte processuali livornese. Questo aspetto si rivelò decisivo nel secondo dopoguerra, quando, con la cosiddetta legislazione per le “sanzioni contro il fascismo”, vennero riaperti alcuni casi amnistiati o chiusi nel ventennio precedente.
Vorrei chiudere questa panoramica sulle fonti del primo fascismo rinvenibili nell’Archivio di Stato di Livorno con un fondo un po’ meno conosciuto, ma fondamentale per comprendere fino in fondo le dinamiche socio-politiche che hanno sotteso alla nascita del fascismo labronico e in tutta l’area costiera. Mi riferisco all’archivio “di persona” di Salvatore Orlando. Erede dell’omonima famiglia, fu a capo del cantiere navale di Livorno dal 1877 alla sua morte nel 1926. Attraverso il suo ruolo di personaggio pubblico centrale per la vita politica livornese del mondo liberale (deputato, 1904-1920; sottosegretario di Stato ai trasporti 1918; senatore 1920-1926) lo mise al centro anche dell’affermazione fascista in città e sul territorio. Attraverso la sua corrispondenza (bb. 28), in particolar modo quella relativa all’ultima fase della sua vita (1921-1926) è possibile seguire, quasi giorno per giorno, la crescita del movimento fascista. Venire? Attraverso le numerose donazioni al fascio che egli fece a partire dalla primavera del 1921, in modo regolare, partecipando informalmente alla vita della sezione livornese e di altre sezioni all’interno del suo “feudo” elettorale.